Cristina De Vecchi

LA RAPPRESENTAZIONE DEL PAESAGGIO
Funzione documentaria e riproducibilità tecnica
 
     
 
 
II


Pittura e fotografia

 
     
   
 
 
§
La rappresentazione del paesaggio  
 
Caspar David Friedrich
Finestra con veduta su parco,
1835-1837
   


 
 


Siamo così passati da una discussione sul rapporto di continuità o di rottura tra la fotografia e le immagini raffigurative che la precedono, interna alla storia dell'arte e della fotografia, a una vera e propria teoria della rappresentazione che, secondo la Alpers, renderebbe conto anche dell'immagine fotografica. Ma, ciò che emerge dalle osservazioni sulla rappresentazione descrittiva nella tradizione nordica è per noi particolarmente pertinente se si considera che, a quanto pare, la parola paesaggio, in Francia come in Italia, compare per la prima volta per indicare le opere dei pittori fiamminghi nelle quali la natura diventa soggetto del quadro (capovolgendo la scala dei valori correnti e facendo prevalere il paesaggio a detrimento della figura umana).[52] Tutto farebbe pensare, secondo questa interpretazione, che il termine paesaggio, usato inizialmente per indicare la tipologia descrittiva della rappresentazione nordica, sia passato poi nella lingua a significare anche il paesaggio come correlato di un'esperienza visiva. A parte la tesi di una priorità dell'immagine sul modello, che esula dalle nostre attuali considerazioni, interessa qui notare l'origine grafico-visiva e non retorico-narrativa del termine, contenuta in una simile affermazione.[53] Essenzialmente grafica è anche quel tipo di raffigurazione del paesaggio che, procedendo dall'intenzione documentaria, trova, come si vedrà più avanti, nella tipologia nordica delle vedute topografiche e dei paesaggi panoramici alcuni validi esempi.

La rappresentazione di paesaggio e le sue tipologie assumono finalmente un ruolo centrale nell'ultimo studio che vogliamo esaminare. Con il volume di Roland Recht La lettre de Humboldt, che porta come sottotitolo Du jardin paysager au daguerréotype, dobbiamo compiere un ardito passaggio dal Seicento olandese al Romanticismo tedesco. Secondo Recht infatti l'evoluzione della rappresentazione di paesaggio si inscrive pienamente nell'estetica della Darstellung e questa centralità è segnalata, già nel titolo, dal riferimento ad Alexander von Humboldt, tipica figura intellettuale dell'epoca e grande teorico del paesaggio. La tesi di Recht è che proprio la teoria romantica della rappresentazione, carica di contraddizioni interne, può produrre le immagini nuove che, «per la natura della loro struttura, e per la loro finalità, pongono i fondamenti della modernità».[54]

Indicare nell'estetica romantica una crisi irrimediabile delle teorie classiche, già gravida dei segni discontinui del moderno, non è cosa nuova.[55] Più interessante è invece la seconda parte della tesi di Recht, che corrisponde anche alla seconda parte del libro. Una serie di rappresentazioni del paesaggio, diverse ma tra loro contemporanee (il giardino paesaggistico, il tema della finestra nella pittura romantica, la silhouette, il panorama), vengono analizzate per scoprire i segnali precursori dell'immagine fotografica, collegando in un quadro nuovo il concetto romantico della rappresentazione e la struttura dell'immagine fotografica. D'altra parte la funzione documentaria, che la rappresentazione del paesaggio assume nell'era della riproduzione fotochimica, è un tema centrale della lettera di von Humboldt sul dagherrotipo.[56]

Nel quadro contraddittorio dell'estetica romantica non troviamo più la contrapposizione priva di mediazioni tra narrazione e descrizione: l'immagine da consultare non si pone in alternativa a quella da contemplare e neppure la sostituisce tout-court, ma si compone paradossalmente accanto ad essa. La preoccupazione per la precisione e la ricerca di una certa distanza emotiva si manifestano ben prima dell'invenzione della fotografia: «si cerca di eliminare l'anima nello stesso momento in cui i paesaggisti non pensano che ad essa». E inversamente, i primi fotografi, spesso, non vogliono accettare la funzione documentaria, cercano di mascherarla ricorrendo al trucco: «ci si mette a fotografare paesaggi, o ancor meglio a tornare alle preoccupazioni dei pittori procedendo ai primi montaggi fotografici: un cielo viene allora montato sopra una veduta di montagna, al fine di comporre una sorta di paesaggio ideale».[57]

Nel caso dell'immagine-documento, anche la contemplazione estetica si trova soppiantata da uno sguardo ben più interessato: «I vasti paesaggi, le ville, i monumenti pubblici, così come le opere d'arte, circoscrivono uno spazio culturale universale del quale la borghesia vuole poter disporre. Nello stesso tempo essa ha bisogno di accumulare le informazioni relative a quel mondo che è ormai il campo della sua azione. Una giusta economia deve organizzare e controllare la circolazione degli oggetti», per quelli rari, che non possono circolare, si tratta di assicurare la circolazione delle immagini.[58]

Ricorrendo a una frase di Valèry, Recht nota che nella fotografia «il tempo della contemplazione affettiva ricalca per la sua brevità quello della sua produzione».[59] Da questo punto di vista la fotografia si dispone agli antipodi della pittura di paesaggio: «Esperienza soggettiva, il paesaggio è l'arte della mediazione lenta».[60] Tuttavia la fotografia, in quanto «immagine povera», è solo l'ultimo esempio, anche se il più perfetto, di un processo di obiettivazione che percorre tutto l'Ottocento, in cui il paesaggio si spoglia sempre di più dei riferimenti all'esperienza soggettiva, tipici del concetto romantico di paesaggio, per assumere lo statuto di oggetto.

Ci troviamo condotti, dalle considerazioni di Recht, all'incrocio tra la tipologia della rappresentazione ottocentesca del paesaggio e la nozione di documento. Questa intersezione di motivi non è priva di implicazioni per ciò che riguarda il rapporto tra soggetto e paesaggio, anche al di fuori di una teoria della rappresentazione. Una sorta di nuova «teoria dello sguardo» si viene costituendo tra la nascita del sentimento paesaggistico del XVIII secolo e le prime leggi per la protezione del paesaggio del Novecento.[61] Accanto al percorso di oggettivazione, proposto da Recht, che va dal sentimento della natura al paesaggio come documento, si colloca un parallelo percorso obiettivante dove il paesaggio stesso diventa oggetto di consumo, che porta all'emergere dello sguardo turistico sul paesaggio.

Il paesaggio e i modi della sua rappresentazione sono per Recht il luogo deputato per osservare il formarsi, nel corso dell'Ottocento, di una funzione documentaria dell'immagine, diversa da quella descritta dalla Alpers. Il mutamento, ci assicura Recht nell'introduzione, investe sia gli aspetti strutturali che quelli funzionali dell'immagine. I nuovi sistemi di rappresentazione (dal giardino al dagherrotipo, passando per la pittura di paesaggio e il panorama) «ordinano lo spazio e il tempo secondo principi che rompono apertamente con il punto di vista omogeneizzante dello spazio teatrale del Rinascimento».[62]

Ritroviamo un motivo già noto, adattato qui alla rappresentazione ottocentesca del paesaggio: il rifiuto della definizione albertiana di quadro e dello spazio visivo del palcoscenico, che fa riferimento alla posizione fissa dello spettatore. Anche la pittura di paesaggio della fine dell'Ottocento si fonda sul quadro ma, mentre per Alberti la tela «era concepita come una finestra aperta sul mondo[ dove ] il quadro era un dato fisso che il pittore non poteva modificare, ...[ ora ] è a partire dai limiti che si costituisce il contenuto del campo pittorico».[63] «A differenza dell'immagine del Rinascimento che costituisce un racconto coerente, autonomo, e chiuso su se stesso, quella del paesaggio moderno si dà in quanto frammento».[64] Ritornano i motivi stilistici principali dell'arte olandese: mancanza del punto fisso di osservazione, contrasti di scala, frammentarietà data dalla mancanza di una cornice preesistente, negazione del carattere narrativo; ma senza l'affermazione del carattere descrittivo. Qui, in antitesi alla narrazione, emerge il valore di frammento, ma non «realistico» come nel caso della pittura nordica. E' chiaro che il peso attribuito dal Romanticismo alla prassi creatrice non può avere nulla in comune con lo sguardo attento e la mano fedele nel registrare l'immagine del mondo visibile, del programma scientifico baconiano.[65]

Il paragrafo dedicato alla finestra, tema quanto mai caro alla rappresentazione romantica del paesaggio, pone in evidenza come, paradossalmente, in questo tipo di rappresentazione il paesaggio, per lo più, non si dà a vedere. L'apertura della finestra da adito all'esterno, al luogo aperto. Il paesaggio romantico è lo spazio indeterminato, «rappresentazione di una lontananza che sempre più si allontana», e nel contempo possiede l'«aura» allo stato naturale, «apparizione unica di una lontananza».[66] Non solo, la vista dalla finestra spesso è mascherata da una figura umana di spalle o, addirittura, otturata dalla tela di un quadro. Lo stilema ricorrente della figura di spalle «proclama lo spettacolo del paesaggio», la meraviglia per l'esistenza del mondo esterno. Rappresentato non è il paesaggio ma lo stupore di fronte ad esso.[67]

L'occhio dello spettatore accede alle circostanze nelle quali nasce l'immagine, non all'immagine stessa. Lo spettatore è rinviato a se stesso come in uno specchio, così come la tela, posta di fronte alla finestra, aspetta di essere impressionata dal paesaggio. In questa iconografia è concentrata tutta l'enfasi romantica per la creazione artistica, ma sarebbe erroneo vedere nell'enfasi, nell'espressione di meraviglia, una sorta di rispecchiamento dell'interiorità del soggetto. Al contrario, si potrebbe dire, parafrasando Barthes sulla fotografia, che qui la funzione espressiva favorisce il «questo» a scapito del «sono io». E questa osservazione sembra poter valere almeno per la maggior parte dei notissimi quadri di paesaggio di Friedrich.[68]

Tuttavia per quanto la rappresentazione romantica del paesaggio assolva una funzione espressiva, che sembra collocarsi agli antipodi della funzione documentaria, proprio in questa sta uno degli antecedenti «ideologici» dell'immagine fotografica. La finestra è pensata come un apparecchio ottico, come una camera oscura: «si tratta di far sorgere le immagini dal buio delle tenebre e di proteggere lo sguardo contro tutto ciò che potrebbe sviarlo dal suo percorso».[69] L'immagine è concepita come «lastra sensibile» impressionata dalla luce. Nella rappresentazione romantica il paesaggio non è descritto, la figura umana che volge la schiena ha la funzione di proclamare lo spettacolo del paesaggio. Eppure è in questo clima, in questa iniziale posizione soggettiva del problema del paesaggio, che stanno le condizioni di una sua oggettivazione. Di qui prende l'avvio una tradizione di rappresentazione del paesaggio come spettacolo, di natura ben diversa dalla descrizione minuziosa, assolta dalla perfezione tecnica, di tipo nordico. Secondo Recht, da questo nuovo tipo di raffigurazione, che dalla silhouette ai panorami, passando per le trasparenze di Friedrich, giunge fino alla fotografia, emana una sorta di «teologia della luce». Per quanto essa appaia come l'espressione più adeguata di quella «nuova arte» di cui sognano tutti i pittori romantici «si tratta già di un'immagine povera, votata al rapido consumo».[70]

Su questo percorso che conduce inevitabilmente alla fotografia, anche la nozione di documento assume, certamente, una valenza differente. Per indicarne la direzione, sembra illuminate la frase di Valéry, riproposta da Recht: «E' chiaro che il Bene e il Bello sono passati di moda. Quanto al Vero, la fotografia ne ha mostrato la natura e i limiti: la registrazione dei fenomeni attraverso un puro effetto degli stessi, che richieda il meno d'uomo possibile, tale è il "nostro Vero"»[71] Il processo di oggettivazione cui mette capo la rappresentazione romantica del paesaggio va dal «tanto d'uomo» al «meno d'uomo possibile» e la funzione documentaria risulterà condizionata tanto dalla riduzione dell'intervento umano quanto, di conseguenza, dalla possibilità di una produzione e di un consumo sempre più rapido e allargato dell'immagine. Dove la volontà tassonomica della descrizione nordica esprimeva un intento conoscitivo di spirito «scientifico», la capacità di inventariazione delle nuove immagini «povere», sembra piuttosto rispondere a un bisogno di possesso e di consumo di massa, a uno spirito che si può definire «turistico».

[52] Cfr. il saggio di Jeanne Martinet, Le Paysage: signifiant et signifié, pp. 64, 66.

[53] Questa idea differisce dall'interpretazione di Gombrich circa la nascita del paesaggio come genere figurativo rinascimentale, che procederebbe dalla volontà di illustrare una narrazione. Cfr. Ernst Gombrich, La teoria rinascimentale dell'arte e la nascita del paesaggio.

[54] Roland Recht, La lettre de Humboldt, p.15.

[55] Si vedano, a tale proposito, i capitoli dedicati da Tzvetan Todorov alla crisi romantica in Teorie del simbolo, dove l'autore sostiene che sia l'idea di struttura sia la stessa teoria semiotica sarebbero gli eredi «moderni» della teoria romantica del simbolo.

[56] Per la nozione di documento cfr. Roland Recht, La lettre de Humboldt, p.140 e sgg.; in riferimento alla lettera di von Humboldt, p. 138.

[57] Ibid., p.140.

[58] Ibid., p.143.

[59] Ibid., p.137; la frase di Valèry è a p. 134.

[60] Ibid., p.138.

[61] Questo tema si trova trattato da Yves Luginbuhl in Paysages, in particolare nel cap. Le paysage à la croisée des mythes et de la science, pp.25-111.

[62] Ibid., p.15.

[63] Ibid., p.148, sott. nostra.

[64] Ibid., p.149.

[65] Svetlana Alpers, Arte del descrivere: per la nozione di frammento p. 158; per il programma baconiano, capacità di osservazione e tassonomia del sapere p.142-147.

[66] Le due espressioni tra virgolette sono rispettivamente, una di Giovanni Piana, usata per descrive la rappresentazione dello spazio; l'altra di Walter Benjamin.

[67] Quest'interpretazione di Recht del tema della finestra non può non rammentare la funzione che Wittgenstein attribuisce alle espressioni dell'etica. Queste, a differenza delle espressioni scientifiche, non descrivono il mondo ma solo la meraviglia per l'esistenza del mondo. Qui l'uso poetico del linguaggio e il suo particolare valore di nonsenso si contrappone al suo uso descrittivo. Cfr. Ludvig Wittgenstein, Conferenza sull'etica, pp.5-18.

[68] Questa chiave di lettura, suggerita da Recht, ha la funzione di stabilire una continuità con l'immagine fotografica, al di là di altre possibili interpretazioni simboliche dell'opera di Friedrich.

[69] Ibid., p.111.

[70] Ibid., p.131.

[71] Per la citazione di Valèry, cfr. ibid., p.134.

 
 
 
 
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