Cristina De Vecchi

LA RAPPRESENTAZIONE DEL PAESAGGIO
Funzione documentaria e riproducibilità tecnica
 
     
 
 
III


Struttura dell'immagine fotografica

 
     
   
 
 
§
Poetica dell'immagine documentaria  
 
Collezione Albert Kahn
Quai du Louvre, Parigi, 1920
   


 
 


Ricordiamo brevemente che la struttura di informazione dell'immagine analogica, proposta da Barthes, si articola su tre livelli: messaggio linguistico, immagine denotata e immagine connotata.[85] Il piano della connotazione è quello dei messaggi iconici simbolici, mentre quello che stiamo analizzando, il piano della denotazione, è iconico letterale. La distinzione tra i due messaggi, della medesima natura (iconica), ha ovviamente una validità solo operativa, mentre, naturalmente, «lo spettatore dell'immagine riceve nello stesso tempo il messaggio percettivo e il messaggio culturale» Il messaggio simbolico, che fa riferimento ai significati culturali (estetici, turistici, ecc.), è costituito da un'architettura di segni discreti, interpretabili e classificabili (come dire che, a questo livello, esiste una logica dell'immagine). Come tale si contrappone al messaggio letterale, antropologico, inclassificabile.[86]

Ma poiché la distinzione è solo operativa, l'immagine letterale allo stato puro non si incontrerà mai: «...anche se si realizzasse un'immagine interamente "ingenua", essa acquisterebbe subito il segno della "ingenuità" e si completerebbe con un terzo messaggio, simbolico».[87] La lettera dell'immagine è uno stato privativo (ciò che resta quando si siano tolti mentalmente i segni di connotazione); in altri termini, è ciò che vediamo nella raffigurazione (l'immagine "intuitiva"), l'effetto di raffigurazione allo stato puro. Questo stato privativo, che comunque non deve essere confuso con l'immagine percettiva, «corrisponde naturalmente a una pienezza di virtualità: si tratta di un'assenza di senso piena di tutti i sensi». Inoltre la lettera dell'immagine è autosufficiente, il suo senso proprio quello dell'identificazione del rappresentato. Ma anche questo «primo grado dell'intelligibile (al di sotto del quale lo spettatore percepirebbe solo linee, forme e colori) ...resta virtuale... perché qualunque individuo, appartenente a una società reale, percepisce di più che non la lettera».[88]

Stato privativo, autosufficienza, linguaggio deittico sono l'utopia dell'immagine documentaria: si vuol mostrare quello e solo quello. Intenzione dell'immagine documentaria non è mostrare delle somiglianze, come farebbe la copia, ma preservare l'identità di ogni singola cosa o persona. Qui non è in gioco il senso sfumato della somiglianza ma quello pieno dell'identità.

Ma nel realizzare questa intenzione, la fotografia finisce per svelare il suo carattere magico, irreale. «La fotografia installa non una coscienza dell'esserci della cosa (che ogni copia potrebbe suscitare), ma una coscienza dell'esserci stato... nella fotografia si produce una congiunzione illogica tra qui e un tempo».[89] Una realtà irreale, ciò non vuol dire che la fotografia sia illusionistica; essa non può essere confusa con la presenza dell'oggetto, come può invece accadere a una rappresentazione pittorica. D'altra parte la fotografia non è neppure proiettiva (i test psicologici fanno piuttosto ricorso al disegno): «il questo è stato batte in breccia il sono io».[90]

L'intenzione dell'immagine letterale ha a che fare con l'identità dell'oggetto e con la memoria, intesa come volontà di preservare «il Particolare assoluto, la Contingenza sovrana».[91] Ma la purezza di questa intenzione rimane virtuale. Questa potenzialità dell'immagine «letterale, senza codice» chiarisce definitivamente che la funzione documentaria non ha certo a che fare con una pretesa capacità di designazione della fotografia ma, al contrario, ne sottolinea la particolare resistenza al senso. L'analogia infatti è da più parti sentita come «senso povero».[92]

D'altra parte questa «assenza di senso», piena di tutti i sensi, che si mostra all'analisi, a livello del messaggio letterale, non riguarda la struttura di informazione ma la poetica dell'immagine analogica, che si definisce proprio come una particolare resistenza al senso.

Si comprende come in una prospettiva estetica questo stato privativo e autosufficiente possa apparire deludente, una sorta di stato adamitico in cui l'immagine si fa oggettiva. Ma l'analisi strutturale ha mostrato che il carattere utopico dell'immagine letterale, ulteriormente rafforzato dalla natura assolutamente analogica, dipende dal suo essere non-codice. «Soltanto l'opposizione tra il codice culturale e il non-codice naturale può, a quanto sembra, rendere conto del carattere specifico della fotografia e permettere di misurare la rivoluzione antropologica che essa rappresenta... poiché il tipo di coscienza che essa implica è in verità senza precedenti».[93] Questa opposizione strutturale «che corrisponde a una mutazione capitale delle economie d'informazione» dimostra che la fotografia non è l'ultimo rampollo della grande famiglia delle immagini. La confusione tra messaggio percettivo e messaggio culturale corrisponde piuttosto alla funzione dell'immagine di massa: nella fotografia l'immagine denotata naturalizza il messaggio simbolico e rende innocente l'artificio stilistico.

Questa affermazione non segna solo una differenza strutturale ma offre la possibilità di un punto di vista omogeneo sull'immagine documentaria, quello della «poetica dell'immagine documentaria». Di qui è possibile riconoscere nella storia delle immagini i procedimenti stilistici messi in atto per far sorgere l'effetto documentario (o, se si vuole, l'effetto di reale). Poiché la fotografia ci insegna che nella realtà (e cioè fuori dalle distinzioni funzionali dell'analisi strutturale) l'effetto documentario, prima e dopo la fotografia, non può essere altro che un messaggio connotato. Accade infatti che, anche dopo l'avvento della fotografia (che realizza il documento alla lettera, attraverso la «registrazione» del denotato) si continui a cercare l'effetto di documento attraverso i procedimenti, già consolidati, della pittura, del disegno e della stampa. Sarà soprattutto la rappresentazione documentaria del paesaggio a trasformare il procedimento stilistico (realistico o pittoresco) in stereotipo turistico. Ci vorrà del tempo perché la fotografia raggiunga l'autocoscienza del proprio mezzo tecnico e della propria struttura informativa fino a imparare a sfruttare quella naturalizzazione del messaggio simbolico di cui parla Barthes.

Inoltre, e ciò ha a che fare con la riproduzione tecnica, nel raggiungere pienamente con la fotografia la funzione di documento visivo, l'immagine finisce per nascondere il carattere costruito del messaggio, presentando l'informazione come «naturale». La natura sembra produrre spontaneamente la scena rappresentata. «Paradosso storico importate: più la tecnica sviluppa la diffusione delle informazioni (e soprattutto delle immagini) e più essa fornisce i mezzi per mascherare il senso costruito sotto l'apparenza del senso dato».

Quest'ultima citazione di Barthes conduce le nostre riflessioni nel punto di massima complicazione dell'argomento. In questa constatazione, che potremmo chiamare del «feticismo» dell'informazione - come risultato di una tecnica che ne realizza la «circolazione» -, individuiamo l'intreccio di numerose dialettiche, anzitutto quella esplicita, del rapporto tra la fotografia e la grande famiglia delle rappresentazioni analogiche. Inoltre, in procinto di affrontare le nozioni di documento visivo e di paesaggio, anticipiamo che, in ambito documentario, ritroveremo la dialettica tra senso costruito e senso dato nel rapporto tra monumento e documento, dove, al senso di costruzione intenzionale dell'uno si contrappone il riferimento al dato obiettivo nell'altro.

Lo stesso tipo di constatazione è presente anche nelle riflessioni degli autori che si occupano della rappresentazione geografica del paesaggio sia quando descrivono i diversi livelli di consapevolezza del carattere convenzionale della rappresentazione cartografica sia quando studiano il rapporto tra rappresentazione del paesaggio e simbolo cartografico.[94]

Sempre la tecnica, nella sua funzione riproduttiva, ci pare responsabile della contrapposizione, comune ad alcuni studi sul paesaggio, tra la realtà della cosa e la finzione della sua rappresentazione. L'incertezza che la nozione di paesaggio porta con sé (immagine o realtà) è tale che si può temere di essere preda di una allucinazione fantastica e di scambiare una rappresentazione per la realtà. L'immagine contemporanea, riproduttiva al massimo grado, è responsabile della convinzione che aumentando il grado di obiettivazione si pervenga a una realtà di grado più elevato, con la conseguenza che l'irrealtà viene attribuita all'oggetto raffigurato.

Nella citazione di Barthes riconosciamo dunque l'intersezione problematica dei almeno tre argomenti che ci riguardano: la rappresentazione, il documento e il paesaggio, il tutto visto sotto l'azione del mutamento tecnico.

[85] Il ruolo del messaggio linguistico riguarda l'illustrazione e le immagine accompagnate da testi.

[86] Ibid., p.26.Secondo Barthes una delle impressioni più forti che suscita la fotografia, come raffigurazione, è di sottrarsi a ogni forma di classificazione tradizionale, cfr. La chambre claire, p.14-15

[87] Roland Barthes, Retorica dell'immagine, p.31.

[88] Ibid., p.32.

[89] Ibid., p.34.

[90] Ibid., p.34.

[91] Roland Barthes, La chambre claire, p.15.

[92] Cfr. Roland Barthes, Retorica dell'immagine, p.22.

[93] Per le citazioni che seguono cfr. ibid., p.34.

[94] Cfr, Giuseppe De Matteis, Le metafore della terra, e Franco Farinelli, Dallo spazio bianco allo spazio astratto: la logica cartografica.

 
 
 
 
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