Cristina
De Vecchi
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LA RAPPRESENTAZIONE DEL PAESAGGIO Funzione documentaria e riproducibilità tecnica |
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V
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§
2
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Il paesaggio geografico: lo «Scientifico» e il «Pittoresco» | ||||||
W.
von Humboldt
Il vulcano d'aria di Turbaco, Colombia, 1810 |
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L'Ottocento, in modo particolare, sembra essere il periodo nel quale gli interessi più disparati convergono sul paesaggio; oltre alla pittura, la letteratura e la scienza della natura, la nascente Erdkunde fa del paesaggio uno dei concetti fondamentali della disciplina. In questo stesso periodo, grazie ai viaggi scientifici e pittoreschi, si va definendo sia il concetto geografico di paesaggio sia un nuovo tipo di sguardo: quello turistico. Il fondatore della geografia critica borghese, la Erdkunde, è Alexander von Homboldt, autore della già citata Lettera sul dagherrotipo (1839). Con la sua opera sul Kosmos (1845-47), grazie alla mutazione che fa subire al concetto di paesaggio, riuscirà nel suo progetto di «strappare la borghesia tedesca dal proprio atteggiamento contemplativo ... per dotarla di un sapere in grado di garantirle invece la conoscenza e il dominio della terra...».[121] Il progetto della Erdkunde è dominato da un intento politico e sociale: garantire alla borghesia l'accesso al sapere scientifico, da sempre riservato all'aristocrazia. Ma poiché il sapere pittorico e poetico è, fino a quel momento, l'unico concesso ai borghesi, è necessario trarre dal vocabolario artistico e letterario il termine che consenta il processo di appropriazione culturale della scienza della natura. Nel Kosmos, « il concetto di paesaggio, definitivamente si muta, per la prima volta, da concetto estetico in concetto scientifico, passa dalla letteratura artistica e poetica nella geografia, si carica di un significato del tutto inedito». Ma la mediazione, nei quattro libri del Kosmos e nei trentacinque volumi del Voyage aux régions équinotiales du Nouveau Continent (1805-18034), non sarà solo terminologica, in modo particolare sarà operata dalla funzione che il disegno assume negli atlanti che compendiano le opere. Il disegno, che si qualifica come «pittoresco», funziona come una sorta di citazione tecnica, che stabilisce la continuità con il pittoresco enciclopedico e con l'illustrazione scientifica del Settecento. Ma è sufficiente comparare «l'aura di queste figure con quelle scarne degli altri scienziati e naturalisti» del Settecento per comprendere che nel progetto humboldtiano il pittoresco resta la forma, il linguaggio che consente di far accedere «quel borghese letterato di cui Humboldt conosce a menadito vizi e virtù» alla conoscenza scientifica. Il concetto geografico di paesaggio contiene al proprio interno una sorta di inganno, la sua natura estetica deve consentire il passaggio indolore dal «libero godimento» della natura alla conoscenza scientifica e la veduta pittoresca non è che un tramite «all'immagine topografico geometrica, l'unica in grado di assicurare, grazie alla disumanità del suo verticale punto di vista, la sostituzione delle qualità pittoresche dello spazio raffigurato con la sua forma quantitativa, premessa e condizione della sua calcolabilità».[122] Tuttavia, per quanto in questa prospettiva il paesaggio pittoresco possa essere considerato una sorta di pre-testo prescientifico (che ha il compito di aprire la strada alla matematizzazione dello spazio fisico), rimane, secondo la nostra concezione, una rappresentazione documentaria del paesaggio. In quanto tale, presenta interessanti affinità e differenze con il disegno «scientifico» di tipo settecentesco e con la rappresentazione di tipo enciclopedico. [121] Franco Farinelli, Storia del concetto geografico di paesaggio, pp.151; ibid. per le citazioni che seguono. [122] Ibid. p.152, sott. nostra. Sull'ulteriore passaggio dalla rappresentazione verticale dello spazio visivo alla cartografia astratta cfr. Franco Farinelli, Dallo spazio bianco allo spazio astratto: la logica cartografica. |
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