2 - Basch e la simpatia simbolica

 

 

L'«eredità» di Bergson, notevole nel campo degli studi filosofici e riscontrabile, oltre che nella cultura accademica, fin dentro le pieghe del pensiero fenomenologico di Sartre, Merleau-Ponty e Dufrenne, eredità che viene, dopo la guerra mondiale, nascosta dagli influssi più diretti di Husserl e Heidegger, è presente per lo più in «negativo» nel discorso sull'estetica, svincolato in Francia, anche dal punto di vista «ufficiale» e universitario, dalla vera e propria storia della filosofia. Se infatti il richiamo a Bergson è costante da parte dei maggiori studiosi contemporanei, non è esente da venature polemiche: la sua grandezza teoretica, mai negata in senso assoluto, viene considerata inutile, se non dannosa, per una teoria della arte.

Le critiche rivolte a possibili applicazioni del pensiero bergsoniano al campo dell'artisticità trovano il loro effettivo fondamento nelle difficoltà che appartengono all'organizzazione stessa della filosofia di Bergson. È questo forse il primo dei motivi per i quali le varie «estetiche bergsoniane», più che ricalcare la «lettera» del maestro, ne riprendono solo l'esigenza spirituale e ne correggono gli indirizzi prestando attenzione a vari problemi ignorati da Bergson, sia dal lato della contemplazione e del gusto soggettivo sia da quello costruttivistico e tecnico-formale.

In senso «rigoroso» sarebbe quindi un errore sostenere che Victor Basch, primo cattedratico francese di Estetica e Scienza dell'arte, fu un «bergsoniano»: le date stesse delle opere mostrano che egli èun contemporaneo di Bergson. Il suo lavoro, infatti, può venire inserito in un clima culturale che vede in primo piano il bergsonismo ma che comprende anche il vitalismo di Guyau e Séailles, le teorie psicologiche tedesche e anglosassoni (Grant Allen, Groos e Wundt) e le varie concezioni dell'Einfühlung di cui era in Francia il solo conoscitore profondo. Proprio in virtù della ricchezza del suo substrato culturale, che comprende anche un'approfondita conoscenza di Kant e dei pensatori romantici, Basch è, a parere di Feldman, il vero e proprio «fondatore» dell'estetica francese contemporanea, colui che la svincola dalle varie scienze complementari per darle autonoma pienezza epistemologica in una compiuta teoria che analizza gli specifici atteggiamenti soggettivi di fronte all'opera d'arte. In Basch infatti, deciso partigiano del soggettivismo estetico, il soggetto non si pone più davanti all'opera traendo il proprio atteggiamento da apparati scientifici preesistenti come quelli fisiologici, psicologici o sociologici, ma possiede uno specifico ed autonomo «atteggiamento estetico», che si identifica poi con la sfera soggettiva dell'affettività. Il soggettivismo, per riprendere un'acuta critica di Dessoir, è dunque nell'estetica il tentativo di spiegare la complessità del bello e dell'arte attraverso una caratteristica generale dell'atteggiamento estetico stesso, ovvero quel «sentimento di connaturalità» fra soggetto e oggetto che i tedeschi Vischer, Lipps e Volkelt chiameranno Einfühlung ma che già in Francia, come si è notato, aveva una propria particolare storia con Jouffroy e Sully-Prudhomme. Basch, riprendendo questa tradizione, qualifica il sentimento col nome di «simpatia simbolica», introducendovi così il problema del simbolo, non sempre presente nei contemporanei tedeschi. Ai tre sensi attribuiti al simbolo dall'analisi rigorosa di Cassirer, - come esperienza che èprova di sensibilità soggettiva e deve venire interpretata, come valore e dimensione di rappresentazione che dà un'esistenza linguistico-sensibile al mentale e, infine, come una dimensione di pura significazione, lo studioso di Basch, nota Bayer, aggiungerà un quarto senso, riferibile alle caratteristiche soggettive della «simpatia»[30].

Questa nozione, che difficilmente sembra poter comprendere nelle sue capacità funzionali il campo complesso dell'estetico e dell'artistico, specie per l'insopprimibile valenza psicologica, offre tuttavia all'estetica, per la prima volta in Francia, un principio autonomo di sintesi organizzatrice, principio che ha la sua origine e che sempre riconduce nella facoltà soggettive. Artifici linguistici che siano, come affermano Dessoir e Lalo, i termini di Einfühlung, Anfühlung, Nachfühlung, Zufühlung, o, appunto, «simpatia simbolica», designano sempre «differenti gradi della proiezione della nostra vita affettiva negli oggetti simpatici, specialmente negli oggetti belli, obiettivazione di cui il risultato è identificare l'oggetto a noi e noi all'oggetto»[31]. Per usare le poetiche parole dello stesso Basch, la «simpatia simbolica», questo specifico Sich einfühlen, «significa immergersi negli oggetti esteriori, proiettarsi, infondersi in essi; interpretare l'io degli altri secondo il nostro proprio io, vivere i loro movimenti, i loro gesti, i loro sentimenti e i loro pensieri; vivificare, animare, personificare gli oggetti sprovvisti di personalità, dagli elementi formali più semplici sino alle manifestazioni più sublimi della natura e dell'arte»: «immergerci nel ritmo delle cose, prestarci a ciò che non è noi, donarci a ciò che non è noi, con una tale generosità e un tale fervore che, durante la contemplazione estetica, non abbiamo più conoscenza del nostro prestito, del nostro dono, e crediamo davvero d'essere divenuti linea, ritmo, suono, nuvola, vento, roccia e ruscello»[32].

Contrariamente a quanto sostenevano alcuni contemporanei tedeschi, l'Einfühlung è dunque per Basch un fenomeno psicologico anteriore e superiore alla semplice «associazione» anche se, a differenza di quanto accade in Husserl, essa non è intesa come un rapporto intersoggettivo radicato nella trascendentalità del soggetto ma come un complesso sentimento essenzialmente psicologico - pur di una psicologia ben diversa da quella di cui parlava Ribot e che svilupperà Delacroix[33]. Infatti l'Einfühlung di Basch, come di Vischer, Lipps o Volkelt, rispetto a quella husserliana, è un generalissimo stato sentimentale del soggetto che si estende, senza alcuna giustificazione intrinseca al rapporto, al campo degli oggetti naturali e artistici. Non per nulla, uno degli obiettivi polemici della prima estetica fenomenologica tedesca furono proprio le varie «estetiche psicologiche»; allo stesso modo, in Francia, il momento qualificante della nascita di una «scienza estetica» si trova nella critica che Bayer, Focillon e Souriau indirizzeranno, partendo da posizioni che potrebbero genericamente definirsi come «formaliste», allo «psicologismo» di V. Basch, uno «psicologismo» soggettivo che ben si differenzia dalle applicazioni di psicologia scientifica agli studi estetici che avevano operato H. Delacroix e C. Lalo.

Il pensiero di V. Basch non è tuttavia solo sterile ripetizione di teorie nate fuori dalla Francia: la sua opera maggiore, L'Essai critique sur l'esthétique de Kant, è del 1896 e precede quindi di sette anni l'Aesthetik di Lipps. Inoltre non è esclusivamente finalizzato a teorizzare una sottomissione dell'estetico allo psicologico ma piuttosto a mostrare, utilizzando sia i contemporanei tedeschi sia Kant e Jouffroy, la centralità in estetica della nozione di «sentimento», inteso come la partecipazione soggettiva alla vita degli oggetti. Come scriverà Lipps, e pur partendo da basi culturali differenti, «le proprieta oggettuali si determinano come estetiche, acquistano valore solo per i contenuti spirituali che vengono introdotte in esse per Einfühlung (entropatia)», che è «una generale disposizione originaria dell'organismo psicofisico a cogliere gli altri e le cose come animati, a sentire come significativa ogni cosa, oltre la sua pura fisicità, nel contatto con noi»[34]. Nel sentimento soggettivo si gioca quindi la complessa realtà simbolica di ciascuna opera d'arte, nel sentimento che è adesione immediata ed avalutativa alla vita più profonda dell'oggetto come concreto «vissuto» del soggetto. Il richiamarsi all'Einfühlung , cioè a una corrente di pensiero già diffusa in Germania, non annulla la specificità del discorso di Basch, il quale si inserisce in una meditazione storica sul ruolo del sentimento nella filosofia e nell'estetica, sentimento che, ridotto con Descartes e Leibniz a una manifestazione inferiore e confusa del conoscere, è divenuto, grazie agli sforzi degli estetologi inglesi, francesi e tedeschi del Settecento, un'energia specifica dell'anima umana, irriducibile sia alla conoscenza sia alla volontà.

Su tale base di analisi storica, Basch, seguendo la tradizione di Guyau e Séailles, compie un'indagine critica sul Kant «estetico» utilizzando i risultati delle varie psicologie scientifiche ma sottolineando anche che «io non sono in nessun modo partigiano della psicologia fisiologica e della psicologia sperimentale»[35]. Pur trovando in Kant notevoli confusioni fra il sentimento in generale, il sentimento di piacere, il sentimento estetico ed il sentimento morale, egli deve venir riconosciuto come un pensatore «eclettico», punto di partenza della contemporanea estetica filosofica: a lui si ispirano l'idealismo mistico dei romantici come il realismo formalista di Herbart e Zimmermann ed il sensualismo associazionista di Fechner, Sully e Grant Allen, pensatori tutti che Basch era fra i pochi in Francia a conoscere in modo diretto e approfondito.

I tre «lati» del sentimento - l'elemento «sensibile», l'elemento intellettuale o formale, gli elementi associati - danno origine, per Basch, a un nuovo particolare sentimento di «simpatia», il «simbolismo simpatico», cioè «la facoltà di staccarsi da se stessi e di vibrare all'unisono con gli spettacoli della natura e dell' arte»[36]. Contrariamente a Kant, bisogna dunque affermare che ogni sentimento ènecessariamente accompagnato da un desiderio e che questo desiderio è, nell'arte, espressione dei sentimenti più elevati. Pur differente dalla conoscenza teoretica, il sentimento non è né uno «stato fra le rappresentazioni ne una terza facoltà» puramente contemplativa ma una realtà irriducibile e complessa che è all'origine di nuove specificità della coscienza e del conoscere.

L'origine di ciascun sentimento, come già teorizzato da Wundt, Grant Allen o Henry, è «sensibile» o, meglio, «psicofisiologica», indice di un lavoro della sostanza nervosa: prima della formazione del soggetto o del riconoscimento del Mondo, l'uomo sente il piacere o il dolore, è se stesso interamente nella reazione psicofisica allo stimolo esterno. Il precategoriale non ha quindi basi trascendentali ma si radica nel fatto obiettivo ed a posteriori della reazione corporea a un piacere o ad un dolore. I risultati della fisiologia non possono peraltro, a parere di Basch, spiegare completamente il sentimento sensibile e la sensazione di piacere o dispiacere ad esso connessa: «il centro della vera prospettiva in cui bisogna porsi per fondare una teoria del sentimento è il punto di vista teleologico»[37], vertice di una serie di sentimenti che, fondandosi sulla base sensibile, si differenziano fra loro secondo gli elementi intellettuali o morali che li accompagnano e costituiscono dei sentimenti più complessi dove èin evidenza anche il fattore intellettuale. La fase del sentimento sensibile soggettivo, in cui l'uomo è interamente e immediatamente piacere o dolore, già indica comunque che l'universo esiste soltanto in funzione della sensibilità e dell'affettività, in funzione, appunto, del sentimento come forma originaria di qualsiasi manifestazione psichica.

Kant ha quindi perfettamente ragione a riconoscere il sentimento come «campo indipendente», «energia speciale» e «facoltà originaria» della nostra anima che forma il «tessuto indelebile» dell'io precedendo la vita del pensiero e dell'azione. Egli va tuttavia corretto quando, per rispettare un 'esigenza sistematica e intellettualista, sottomette il sentimento al Giudizio e non comprende quindi che un suo sviluppo teorico può verificarsi solo nel campo del Bello e dell'estetica, dove non si tratta di conoscere o volere ma di «sentire» e in cui «le rappresentazioni ritornano ciò che sono state in primo luogo, cioè delle creazioni del sentimento; dove le azioni non sono considerate che in quanto scaturenti dal sentimento, in quanto provocano dei sentimenti»[38]. «Romantica» dunque, malgrado la definizione di Feldman, l'estetica di Basch lo è soltanto per il ruolo unificatore attribuito alle facoltà soggettive: le sue basi culturali si trovano infatti nella psicofisiologia da un lato e nella kantiana delineazione di un «atteggiamento estetico» differenziato da quelli intellettuali e morali dall'altro. È attraverso questo specifico «sentire», privo della «mistica enfasi» di Schiller o Schelling, che accanto al sentimento sensibile possiamo porre un «sentimento formale», specifica coscienza soggettiva delle belle forme di un oggetto che trapassano simpateticamente nella nostra stessa vita.

Al sentimento sensibile e al sentimento formale, presenti già in Kant, bisogna aggiungere un sentimento «ideale», «in diretto» e «associato»: la loro unione darà origine al sentimento estetico o meglio a vane sue modalità differenziate secondo le quali l'oggetto bello è «quell'oggetto capace di svegliare in noi insieme tre ordini di sentimenti in tutta la loro intensità e in proporzioni che variano all'infinito» soddisfacendo così, allo stesso tempo, la nostra natura sensibile, intellettuale e morale»[39]. L'armonia in questo modo realizzata non «mette in gioco», come in Kant, l'immaginazione e l'intelletto ma «si indirizza a tutte le forze vive del nostro individuo nella sua unità indissolubile di essere corporeo e spirituale»[40]. Un sentimento estetico kantianamente disinteressato - e Kant stesso mostra più volte di averlo compreso - è per Basch inammissibile poiché «ogni sentimento, per essenza, è dovuto solo all'interesse che ci ispira la sensazione, perché il timbro della sensazione è precisamente attraverso l'interesse che esso eccita in noi, attraverso il sentimento di piacere e dispiacere che suscita, che una sensazione riesce a forzare l'entrata della coscienza, giunge a farsi intendere, a farsi ascoltare, a divenire veramente nostra»[41].

Il sentimento estetico come realtà complessa è per Basch, in primo luogo, un «sentimento simpatico» con una sua propria specifica natura che, differenziandolo dagli altri vari «sentimenti simpatici» che hanno origine biologica e fisiologica come psicologica e culturale, sottolinea in esso, prendendo spunto dagli studi tedeschi di T. Vischer, R. Vischer, Volkelt e Groos, l'aspetto «simbolico» determinato attraverso i gradi dello Zufühlung, Nachfühlung ed Einfühlung, che vanno dall'imitazione esteriore delle forme all'imitazione interiore sino alla partecipazione intensa ed intima del nostro io alla vita che esiste o che prestiamo agli altri io: «quando noi contempliamo un'opera d'arte e ne gioiamo, è perché viviamo, durante la contemplazione, della vita delle cose e degli esseri che l'artista ci rappresenta»[42]. Simile comunione affettiva si produce anche nell'abbandonarsi alla contemplazione della natura ma è tuttavia potenziata di fronte alle opere d'arte dove si verifica un duplice movimento di simpatia, da una parte con i personaggi rappresentati, i loro movimenti, la loro fisionomia corporea e spirituale, dall'altra con l'artista, di cui ammiriamo la potenza di dare vita alle cose, in una parola il genio.

Il sentimento estetico considerato come sentimento di simpatia simbolica permette a Basch di introdurre un principio unitario nella «teoria del Bello» e di ridurre a un solo punto di vista quei tre fattori - sensibile, intellettuale e associato - che caratterizzavano l'atto estetico per le molteplici «psicologie» fra Ottocento e Novecento. La spiegazione «sensibile-fisiologica» del sentimento estetico, propria della tradizione ribotiana, si trasforma in una «armonia prestabilita» fra il mondo esteriore e il nostro sistema nervoso, in una «simpatia incosciente» fra i movimenti dell'etere e il movimento dei nostri muscoli visivi e auditivi: «ogni sensazione estetica, anche elementare, e dunque come il simbolo dell'armonia universale»[43]. Ugualmente superate saranno le interpretazioni puramente «formaliste», alla Zimmermann (definito «intransigente»), che, secondo modalità intellettualiste, considerano dell'opera d'arte solo le forme, i contorni e l'insieme di linee ignorando le sue valenze simboliche e le connessioni, già stabilite da Robert Vischer[44], con il sentimento sensibile. Necessario, ma neppure esso sufficiente, sarà il principio dell'associazione che, pur comprendendo che il nostro io è una serie ininterrotta di collegamenti con gli oggetti, deve venire «completato» dalla simpatia simbolica che non aggiunge all'operazione intuitiva e sensibile un elemento esterno ma resta nella sfera dell'intuizione spontanea e del sentimento immediato. Si può quindi concludere che nella visione estetica il legame è così perfetto e l'unione così completa che c ce veramente fusione ed è dunque impossibile, anche all'analisi più penetrante, dissociare l'elemento sensibile e l'elemento intellettuale.

Nella contemplazione come nella creazione estetica non vi è una distinzione fra il soggetto e l'oggetto, che risultano inscindibilmente fusi in un sentimento di simpatia dove le cose, in metamorfosi simbolica, divengono immagini viventi come l'immagine della nostra anima: «il sentimento del Bello è prima di tutto un sentimento simpatico e l'atto estetico consiste essenzialmente nell'atto di conferire agli oggetti esteriori la vita, la personalità, di prestare loro l'anima, la nostra anima»[45]. L'io si «scioglie», «infonde» negli oggetti, perde quasi la sua unità sostanziale in una «trasmutazione e metempsicosi» con l'opera d'arte. Grazie all'Einfühluflg si stabilisce così un intimo legame tra il gesto e l'emozione corrispondente, tra gli stessi soggetti fra loro, fra il conternplatore e il mondo complesso dell'artisticità, fra il sentimento estetico nella sua pienezza simbolica e i vari specifici sentimenti.

Partendo dunque da quelle che, a suo parere, sono le «contraddizioni» di Kant[46], Basch è giunto ad una radicalizzazione del soggettivismo kantiano estetizzando, nell'affettività soggettiva, l'intero campo degli oggetti, naturali, culturali e propriamente estetici, che sono comunque «simboli» o «rappresentazioni analogiche» di nostri stati d'anima, manifestazioni di quell'affinità cosmologica fra l'uomo e la vita universale che esprime la dimensione cosmica della soggettività.

La domanda che ha accompagnato tale teoria fin dalle sue origini è stata quella che dubitava della sua capacità di fondare una estetica scientifica. Già in Germania Dessoir aveva sosténuto che l'Einfühlung è solo un atteggiamento estetico che, se esteso a principio interpretatjvo generale, diviene una metafora: e «le metafore con cui lavorano i teorici dell'estetica non sono la vera espressione di un procedimento scientifico ma solo la loro impalcatura linguistica»[47]. Negli stessi anni, in Francia, Lalo si domanda: «concezione inadeguata ai fatti e troppo generale per l'estetologo, pensiero confuso per lo psicologo, ipotesi pigra per il filosofo, qual è, infine, il valore positivo dell'Einfühlung[48].

Il soggettivismo di Basch, sia pure di una radicalità assoluta, ètuttavia meno inclistinto o «ingenuo» di quanto molti critici vogliano far supporre. Infatti il sentimento soggettivo nasce sempre nel rapporto fra l'uomo e gli oggetti, che ha una sua propria realtà indubitabile espressa dall'arte attraverso la vita emotiva di una soggettività. Anche se il fatto estetico è in Basch il «trionfo dell'io» ed uno stato psichico privilegiato esso è libero da influenze metodologiche esterne e, attraverso la «simpatia simbolica», e punto di avvio per un sistema estetico le cui leggi corrispondono a qualcosa di obiettivo. Infatti Basch, descrivendo i vari gradi dell'immaginazione, costruisce un «sistema delle arti» dove all'immaginazione visiva corrisponderanno le arti plastiche, a quella auditiva la musica e la poesia e a quella motoria la sola musica. Pur essendo fondata su una facoltà soggettiva riconducibile all'emozione simpatetica, «la classificazione secondo la forma dell'immaginazione spiega a un tempo la specificità e l'interferenza delle arti»[49].

Tale chiarezza di metodologia e intenti può essere raggiunta dall'estetica solo riconoscendo un metodo autonomo, il «metodo genetico, secondo il quale psicologia, logica e metafisica debbono fondarsi sulle facoltà «inferiori» - le sensazioni, i sentimenti, le percezioni elementari - senza le quali non riuscirebbero a costituirsi. Questo «fondo» è la base propriamente estetica che permette lo sviluppo di ciò che Basch chiama «scienza dell'arte», risentendo, dopo la pubblicazione dell'Essai critique sur l'esthétique de Kant, dell'influsso della Kunstwissenschaft tedesca, su cui aveva scritto nel 1912 un illuminante saggio, influsso visibilissimo anche nel suo intervento al II Congresso internazionale di Estetica tenutosi a Parigi nel 1937, dove auspicava un'estetica come «scienza descrittiva» indirizzata versa l'esame dell'artista e dello spettatore ma atteflta anche ad una fenomenologia genetica delle leggi del bello. In un saggio del 1920, L'esthétique et la science de l'art, Basch delinea addirittura le parti in cui avrebbe dovuto dividersi il compito immafle di una nascente «scienza dell'arte». Scrive infatti: «a mio avviso la scienza dell'arte deve avere sei grandi capitoli: 1) l'artista e la natura dell'arte in generale; 2) l'evoluzione delle arti; 3) il sistema delle arti; 4) le leggi dell arte; 5) la tecnica delle arti; 6) lo studio individuale di un artista di un'opera d'arte particolare»[50]. È questo uno schema di straordinaria importanza, non solo per il fatto che è abbandonato il richiamo a un idealistico «Bello», ma anche perché l'arte si pone come il centro di un'autonoma meditazione teorica che unisce in sè aspetti soggettivi ed oggettivi ordinati in un metodo che tende ad una kantiana riconciliazione fra sensibilità e intelletto. È dunque questo campo autonomo che trova applicazione il «metodo genetico», che può rendere scientifica l'estetica «unendo il principio dell'analisi cartesiana al postulato della filosofia evoluzionista» e spiegando «ciò che è più elevato per mezzo degli strati inferiori, il complesso per mezzo del semplice, l'eterogeneo per mezzo degli elementi omogenei che lo costituiscono»[51].

Il punto di partenza della «scienza dell'arte» sarà tuttavia, contro Lalo, il contemplatore e non l'artista (che è un «fenomeno raro» e «fuori dall' ordinario»), contemplatore che possiede uno specifico «atteggiamento estetico» che si differenzia dagli altri atteggiamenti possibili di fronte alla realtà del mondo, ovvero l'atteggiamento «pratico-sensibile», quello «intellettuale», «morale» e «religioso», e che riesce a far vivere le cose attraverso la nostra stessa vita. Malgrado centrale attribuito al soggetto, sarebbe «inesatto», come scrive Feldman, «presentare l'estetica di Basch come una semplice applicazione della psicologia cartesiana»: è infatti «in potere del soggetto di adottare il comportamento estetico ma una volta adottato tale comportamento la qualità della contemplazione dipende dall'oggetto», che «è qualcosa di più di un invito al piacere; è esso stesso la determinazione della propria natura, la 'regola' della contemplazione»[52].

Questo «programma», intessuto di vari elementi che caratterizzeranno in seguito gran parte dell'estetica «scientifica» francese, pur presentato con chiarezza da Basch, è da lui parzialmente disatteso. L'opera d'arte non viene infatti mai considerata dal punto di vista formale o tecnico-costruttivo, come faranno i suoi vari allievi parigini, ma sempre resta sul piano di un movimento espressivo del soggetto simile al linguaggio o al gioco, il cui fine non è il soddisfacimento di una qualche funzione vitale ma l'attività stessa e il piacere ad essa correlato. La «scienza dell'arte» ricade, dunque, in Basch, nel suo fondamento originario, confuso fra fisiologia, psicologia e metafisica, di estetica generale, nel principio «idealistico» e «romantico» della «simpatia simbolica», che sola differenzia, per il turbine rappresentativo, emotivo, affettivo e soprattutto creativo che suscita, l'arte dal gioco. L'atteggiamento estetico è così un «piacere disinteressato» che è tuttavia, come già Kant con la «bellezza aderente» aveva compreso, anche piacere sensibile e piacere intellettuale. Il piacere estetico è infatti per Basch essenzialmente una «armonia» fra tutte le facoltà soggettive - sensibilità, immaginazione ed intelletto -, armonia che si realizza solo nella contemplazione soggettiva perché il carattere estetico di un oggetto, prima di essere in lui, è «un particolare nostro modo di vederlo, di riguardarlo, di intenderlo, di apprenderlo, di interpretarlo»[53].

 

Note

[30] R. Bayer, Traité d'esthétique, Paris, Colin, 1956, p. 46.

[31]C. Lalo, Les sentiments esthétiques, cit., p. 55.

[32]V. Basch, Les grand courants de l'esthétique allemande contemporaine in AA.VV. La philosophie allemande au XIX siécle, Paris, Alcan, 1912, pp. 84-5.

[33] In Francia psicologia «oggettiva» e «soggettiva» si sviluppano di pari passo. Quella «soggettiva» di Bergson e Basch, sia pure integrandola con precedenti culturali spiritualisti, non rinnega affatto le scoperte della psicologia «scientifica»; al limite, ne contesta soltanto la metodologia. Peraltro la nozione di Einfühlung o simpatia simbolica ha avuto nell'estetica e nella filosofia contemporanea un'importanza non secondaria, venendo utilizzata da vari ambiti filosofici, non ultimo quello di Husserl e dell'estetica fenomenologica. Si veda E. Franzini, Kant e la genesi del sentimento estetico in E. Franzini-R. Ruschi, Natura e sentimento nell'esperienza estetica, Milano, Unicopli, 1983.

[34] G. Scaramuzza, Le origini dell'estetica fenomenologica, Padova, Antenore, 1976, p. 22.

[35] V. Basch, Essai critique sur l'esthétique de Kant, Paris, Alcan, 1898, vol. I, p. X.

[36] Ibid., p. XIII. È qui molto evidente l'influsso su Basch dei Grundzüge der physiologischen Psychologie di Wundt.

[37] Ibid., p. 97.

[38] Ibid., p. 107. Si veda anche Io schema delle facoltà, a p. 123, che Basch contrappone a quello di Kant.

[39] Ibid., p. 260.

[40] Ibidem. Di conseguenza, per Basch, Kant ha ragione nel sottolineare la specificità del sentimento estetico nei confronti dei sentimenti intellettuali e morali. Il torto è quindi di Guyau.

[41] Ibid., p. 274.

[42] Ibid., p. 298.

[43] Ibid., p. 301.

[44] Di lui si vedano: Das optische Formegefühl e Der aesthetische Akt und die reine Forme, in «Die Litteratur», 1874, pp. 29-30.

[45] V. Basch, Essai critique, cit., p. 811.

[46] Basch coglie effettivamente numerose aporie all'interno del discorso kantiano, in particolare relativamente al problema dell'interesse e del disinteresse estetici in rapporto con il sentimento morale. Particolarmente interessante è poi la sua analisi del sentimento del sublime.

[47] M. Dessoir, Aestetik und Allgemeine Kunstwissenschaft, Stuttgart, 1923, p. 88.

[48] C. Lalo, Sentiments esthétiques, cit., p. 90. Questo valore, in effetti, per Lalo non esiste; o meglio, ha una sua funzione estetica solo se si considera l'Einfühlung come un effetto e non come una causa e, in quanto tale, riferita allo specifico ambito emozionale dello spettatore.

[49] V. Feldman, L'estetica francese contemporanea, cit., p. 158.

[50] V. Basch, Essais d'esthétique, de philosophie et de litterature, Paris, Alcan, 1934, p. 16.

[51] V. Feldman, op. cit., p. 74.

[52] Ibid., p. 109.

[53] V. Basch, Essais d'esthétique, de philosophie et de litterature, cit., p. 54.