5 - Il sistema delle arti

 

 

Dopo lo «storico» sistema delle arti di Batteaux, ripreso e reso universalmente noto dalla Critica del giudizio di Kant, l'intento sistematico ha avuto in Francia un ruolo non secondario negli studi di estetica anche all'interno del Novecento stesso. Si sono così avuti, per esempio, il tentativo di V. Basch, chiaramente influenzato dal suo soggettivismo, di classificare le arti sulla base dell'immaginazione o, all'opposto, il sistema di Alain, la cui distinzione fra «arti solitarie» e «arti di società» deriva da un attento esame delle «materie» che nelle varie arti sono plasmate da un immaginazione poietica. Questa attenzione per i materiali all'interno del sistema è presente anche in Souriau, che la considera un buon punto di partenza per considerare il rapporto fra l'arte e le arti senza lasciarsi fuorviare da un generico asservimento a principi generali quali il vero, il bello o il bene.

È comunque «sospetto», dopo le rivoluzioni progressive dell'arte contemporanea, e in Francia dopo il surrealismo, il tentativo di rinchiudere le arti (e quindi le opere) in un ontologico circolo sistematico, anche se rinnovato, per finalità e canoni, rispetto ai suoi podromi settecenteschi. Ci si può infatti domandare quale sia l'utilità (o comunque la funzione) per la comprensione teorica della processualità delle arti coglierne alcune proprietà solo in apparenza stabili e definite ma di fatto sempre di nuovo superate non solo dalla storia della disciplina ma dalla stessa storicità significante dell'opera. Oggi, come scrive E. Migliorini, «l'arte si ribella al sistema, s'impossessa del negativo, opera sotto il segno della sottrazione, del rovesciamento, della fuga» e il sistema dunque «con i suoi sottosistemi di poetiche, di tecniche, di consuetudini, pur continuando apparentemente a restare in vita, a mostrare buona salute nelle sue manifestazioni ufficiali, è minato da una corrosione interna, da una nascosta (ma non tanto) contestazione, che lo porta in crisi con tutte le sue belle certezze»[80].

Il sistema di Souriau non sfugge e non può sfuggire a questa critica di fondo. I suoi meriti, che pure esistono, vanno quindi considerati solo in relazione ad altri sistemi, ancor più categorici e totalizzanti. Souriau tende invece a superare la distinzione fra arti maggiori e arti minori, spaziali e temporali (presente, per esempio, nel sistema di Dessoir), figurative o della parola sottolineando invece, in una circolarità che simboleggia il movimento dell'Instaurazione, ovvero dell'Arte, la sola differenza fra arti di primo grado (non rappresentative) e arti di secondo grado (rappresentative). Il sistema appare. quindi come uno strumento «interno» al mondo dell'arte che permette una migliore comprensione delle forme artistiche e delle loro corrispondenze. Perché ciò potesse compiersi, afferma Souriau, sono intervenuti «tutto un insieme di condizioni empiriche, di abitudini, di possibilità agogiche e ritmiche, di necessità o di convenienze sia tecniche sia sociali, in breve, la storia e le condizioni abituali e pratiche dell'attività umana»[81].

 

 

 

Questa serie di faticosi processi ha come scopo ridurre la lista degli elementi impiegati nel sistema alle sole forme pure della linea, del volume, del colore, del chiaroscuro, del movimento, della voce articolata e del suono puro. A partire da questi sette elementi e da; una loro ulteriore divisione si otterrà per Souriau il sistema delle arti, la cui lettura specifica non presenta grandi difficoltà.

Le arti rappresentative (disegno, scultura, pittura, cinema, pantomima, letteratura, poesia, musica descrittiva), ciascuna delle quali è collegata a uno degli elementi formali puri, si fondano sulle arti non rappresentative, rispettivamente arabesco, architettura, pittura pura, giochi di luce, danza, prosodia e musica. Anche se alcune di queste «arti» non sono propriamente tali (per esempio le proiezioni luminose), per Souriau è importante che tutte rinviino comunque ai diversi qualia o principi sensibili, qualia che, come scrive MorpurgoTagliabue, «si incontrano già in parte nei trattati figurativi del Rinascimento (L.B. Alberti, Leonardo, Dolce), in parte anche nella critica formalista moderna (Hanslick, Wölfflin, Berenson)»[82].

Il fatto che il sistema di Souriau ignori le gerarchie e le compartimentazioni delle «arti belle» non significa che costituisca una vera propria «novità», anche se Huisman lo considera una «rivoluzione fondamentale» e Souriau stesso lo definisce «il centro e il cuore d tutto il nostro lavoro»[83]. Si vedrà facilmente, infatti, che si riproducono, malgrado la circolarità, le divisioni di Dessoir fra art spaziali e arti temporali e quelle kantiane fra arti figurative e dell parola. Nuovo è forse soltanto il tentativo di mostrare, attraverso i sistema, «l'espressione concreta di tutto l'insieme organico che forma questo pleroma delle opere d'arte» [84]e, da qui, le loro più profonde corrispondenze, sia «verticali» (fra l'arte pura e la corrispettiva arte non rappresentativa) sia, per così dire, «orizzontali» fra le arti del medesimo grado: esigenze che soddisfano dunque sia il «descrittivismo» positivo (se non positivista, a tratti) di Souriau teso verso le classificazioni, sia la struttura metafisica di base dell sua filosofia, sia la riduzione «fenomenologica» dell'arte a elementi di carattere eidetico, sia, infine, la determinazione, d'ispirazione formalista, a definire l'arte attraverso qualia sensibili che abbiano i caratteri della concretezza e della «visibilità».

Souriau dimostra così che l'ampio campo dell'arte «deborda enormemente le belle arti» mantenendo tuttavia «un medesimo slancio, una medesima azione, una medesima natura, un medesimo spirito»[85]. È una potenza «cosmogonica e ontogonica» che va oltre le regioni della sensibilità e dell'attività cosalmente organizzatrice (cioè percettiva) dell'uomo pur affermandosi come «l'espressione di una messa in ordine della sensibilità percettiva umana, attraversata dalle linee di forza dell'azione instauratrice»[86].

È quindi sulla base della stessa instaurazione, della «comunanza» dello slancio instauratore - un élan i cui frammenti non si dissolvono progressivamente, come nell'esempio bergsoniano dell'Evoluzione creatrice, ma costituiscono positive realtà formali - che Souriau compie analisi comparative fra le singole arti inaugurando un tipo di indagine «sull'oggetto» che avrà grande fortuna nell'estetica francese sino a trasformarsi, e ve ne sono oggi alcuni esempi, in un esame critico delle opere, dove la sospensione di qualsiasi giudizio assiologico è accompagnata anche da una indifferenza per i suoi significati teorico-filosofici e quindi per le regioni materiali in cui si inserisce e per le funzioni intersoggettive che esplica[87].

Il sistema delle arti e il suo diderottiano desiderio di afferrare connessioni e corrispondenze esistono tuttavia, per differenziarli da un analogo comparativismo positivista, solo all'interno di un più ampio sistema cosmologico: ogni opera d'arte pone un universo, un mondo artistico che a sua volta pone apparenze ed esseri. Mondo che vive nella realtà dei dati oggettivi, storici, geografici, culturali, ecc., ma che pure li trascende così come si affranca da un'altra sfera con cui è in diretto contatto, dal mondo formato dalle strutture psichiche, soggettive e interiori, il mondo del rêve, del «libero gioco dell'immaginazione». L'arte non può così venire ridotta, in polemica con molte correnti estetiche contemporanee, né alla storia, né al sogno o all'illusione, né alla sua fondativa struttura sensibile: il mondo dell'arte è essenzialmente autonomo e tale autonomia deriva da un processo di instaurazione «spirituale e cosmico». Non si da infatti instaurazione estetica, scrive Souriau, «senza una deferenza ispirata, inventiva e zelante verso certe norme eterne, universali e perenni di architettonica e d'armonia. di nobiltà, di grandezza e di pienezza significante (...). Non si da accesso all'esistenza sublime, in tutta la sua autenticità, senza una giusta risposta alle questioni che essa pone a ciascuno dei gradi che ci conducono, senza un compimento totale delle sue condizioni, senza una progressione regolata verso questi alti luoghi le cui chiavi sono quelle stesse dell'arte, con tutto ciò che tale termine implica, non solo d'ispirazione e di fervore, ma di rispetto per le leggi alle quali gli dei stessi furono obbligati a subordinare questo cammino efficace verso i luoghi delle loro abitazioni»[88].

Ogni universo posto in essere dall'instaurazione artistica, come affermano i fenomenologi - «ma gli estetologi già lo sapevano», puntualizza Souriau - «e morfologicamente solidale a un testimonio in rapporto al quale si pone e che implica»[89]. Il testimone «essenziale» di fronte al quale si compie l'instaurazione artistica, il gioco di corrispondenze nella ciclica architettura del sistema, non relativizza tutto il processo poiché non è «ne la persona psicologica e concreta dell'autore, né quella di tale o tal altro lettore: e colui che implica in sé e che pone con sé l'universo dell'opera poetica»[90]. Un fine che quindi non può venire ridotto alla psicologia - né oggettiva e scientifica né soggettiva e mistica - ma che soltanto l'estetica può assumere nella pienezza delle sue prospettive scientifiche, dove è preliminare l'esigenza ontologica di «porre un mondo», mondo autosufficiente che ha il suo centro nell'arte, demiurgo che, «malgrado la diversità delle sue creature», opera «secondo qualche grande legge instaurativa, di cui la chiave unica e spirituale è sempre la stessa: uno sforzo per condurre il dato intravisto, abbozzato verso tutto il compimento di cui è suscettibile, verso la sua più intera presenza»[91].

L'essere non viene così rivelato in modo intuitivo e immediato (di qualunque origine sia l'intuizione) nella sua assolutezza ma in quanto «esistente», diversificato nei vari momenti e processi che, al interno dell'arte, manifestano l'anafora esistenziale. La divisione dell'Arte in arti diverse è soltanto la più semplice e la più evidente diversificazione di un'attività che è essenzialmente instauratrice e che mira, dunque, all'individuale, alla singolarità dell'opera, un essere che ha diritto all'esistenza, da promuovere e da compiere in ciò che ha di unico e di particolare. In tale particolarità, nelle «differenze» - così come, in altri livelli, si verificava anche, in Bergson - la frammentazione dell'arte in apparenze sensibili e livelli formali è una comprensione genetica (o una comprensione «in atto», nel possibile che inerisce al suo necessario farsi esistenza) dell'Arte, un ritrovamento della trama metafisica e ontologica dell'azione instaurativa.

Souriau non è quindi un filosofo «ingenuo»: sa che l'estetica è in ogni caso «scienza filosofica», sa che l'arte, nel suo processo di instaurazione, non può venire rinchiusa in una definizione, sa che porre i problemi in estetica, come riprenderà in seguito Dufrenne, è la presenza significante ed espressiva dell'oggetto e dell'opera d'arte. Queste consapevolezze teoriche, che in alcuni momenti, in particolare nell'analisi esistenziale dell'opera d'arte, lo portano vicino a certa estetica fenomenologica, al gestaltismo e ad alcuni aspetti del formalismo, ha tuttavia il difetto opposto a quello riscontrato in Bayer. Se là l'indagine specifica, «in miniatura», spesso impediva un chiaro livello di concettualizzazione, qui i grandi esempi descrittivi sono in primo luogo una «prova» (un «essai») di scrittura, che nasconde un fine dove si trascende non solo l'arte ma anche l'estetica come una scienza per mirare all'Arte, alla sfera della metafisica. Certamente, come scrive Souriau, certo «fondo» metafisico «non è meno reale» [92]per il fatto che è metafisico poiché l'instaurarsi. dell'Essere realizza pienamente la funzione formativa e creativa skeuopoietica - dell'arte: ma affermare il carattere cosmologico dell'opera non può soddisfare pienamente se non si è in precedenza determinata la genesi dei suoi diversi piani costitutivi, che non devono esistere nell'«in sé» dell'essere ma nel «per noi» della costituzione intersoggettiva.

La metafisica di Souriau è tuttavia, come nota Feldman, la metafisica di un «razionalista» (in qualche modo, come tutti i filosofi francesi, un «erede» di Cartesio)[93], indirizzata quindi alla comprensione dell'essenza reale delle cose secondo un modello chiaro e: distinto. Se in Cartesio, tuttavia, la verità universale è necessaria delle idee innate era garantita dalla presenza di Dio, essente ed esistente, in Souriau la filosofia raggiunge soltanto, come afferma in un volume del 1955, «l'ombra di Dio» che non può di conseguenza garantire l'ordine finalizzato del reale in un cosmo gerarchicamente organizzato. L'esperienza artistica non diventa mai, come voleva Ravaisson, una creazione assoluta poiché continua ad affermarsi come «promozione dell'essere» «verso un'esistenza intensa, indubitabile, manifesta degli spiriti» [94]che costituisce l'alone metafisico della, presenza delle opere, la loro deferenza «ispirata a norme universali ed eterne d'architettonica e di armonia che li conducono verso una esistenza sublime».

L'olimpo, la cui vista è concessa soltanto a chi è dotato di «senso profetico», è costruito con i capolavori dell'arte che da se stessi giustificano la loro presenza e la pienezza del loro significato, pienezza semantica che fa dell'estetica che la disvela una regione fondamentale, quasi privilegiata, della teoria della conoscenza, della comprensione dell'essere e degli stessi rapporti soggetto/oggetto. Il fine quindi dell'estetica di Souriau, dove l'estetica, come in molte altre correnti contemporanee di varie tendenze, è conoscenza cosmologica, sembra discostarsi dagli scopi «concreti» di Delacroix, Alain, Lalo e dello stesso Bayer; tuttavia, per presentarsi come «scienza», anche in virtù di certe eredità positiviste, l'estetica, pur separandosi da psicologia e sociologia come statuto e metodo, deve essere in grado di compiere un'indagine «sulle cose», sul reale divenire delle forme artistiche. Questo lato per così dire «pragmatico» dell'estetica di Souriau, attento all'autonomia essenziale dell'opera, è comunque senza dubbio quello che ha maggiormente ispirato l'attuale estetica francese da Revault d'Allones a Passeron e Lascault, che prestano attenzione ai processi di instaurazione artistica senza per questo necessariamente risalire al «fondo» metafisico su cui si edifica. Anche questo «fondo», tuttavia, non è privo di «agganci» nell'estetica contemporanea dal momento che, anche a prescindere da rischiosi paralleli con Heidegger, prospettive ontologiche verranno senza dubbio riprese da Dufrenne e inserite a conclusione di una «fenomenologia dell'oggetto», attenta più alla descrizione degli atteggiamenti e delle funzioni del soggetto-spettatore che alle determinazioni normative dell'instaurazione creativa.

 

 

Note

[80] E. Migliorini, Introduzione all'estetica contemporanea, Firenze, Le Monnier, 1980, p. 125.

[81] E. Souriau, La correspondance des arts, cit., p. 85.

[82] G. Morpurgo-Tagliabue, op. cit., p. 399.

[83] D. Huisman, L'esthétique, Paris, P.U.F., 1977+8 (coll. «Que sais-je»), p. 116 e E. Souriau, La correspondance des arts, cit., p. 98.

[84] La correspondance des arts, cit., p. 105.

[85] Ibid., p. 109.

[86] Ibid., p. 112.

[87] Corrispondenze possono venire ritrovate, così come voleva Alain, su base cinestetica ma anche osservando attentamente la struttura dell'opera, nei ritmo e nell'armonia comuni alla musica e alla poesia.

[88] Ibid., p. 278.

[89] Ibid., p. 265.

[90] Ibid., p. 269.

[91] Ibid., p. 270.

[92] Ibid., p. 275.

[93] J.Lavelle nel suo La filosofia francese fra le due guerre del 1930 (tr. it., Brescia, Morcelliana, 1948) afferma che una tradizione cartesiana è presente, in modo costante, anche se non evidente a prima vista, in tutta la filosofia francese, per lo meno come ethos filosofico.

[94] E. Souriau, La correspondance des arts, cit., p. 275.