Paolo Gambazzi

Il pensiero della bellezza

Due saggi su Kant e la dualità dell’Estetica

 

 

Nota introduttiva

[...] vedere è quella specie di pensiero che non ha bisogno di pensare per possedere il Wesen.

Merleau-Ponty [1]

Sono qui riuniti due testi [2] su Kant concernenti il tema di un pensiero definito a partire dal fenomeno della bellezza. Il titolo, Il pensiero della bellezza è inteso tanto in senso oggettivo (‘pensare la bellezza’) che in senso soggettivo (‘la bellezza pensa’, ‘la bellezza è una forma di pensiero’). Il concetto e l’idea, dice Kant, non sono solo razionali, ma anche estetici o per un libero accordo di immaginazione e intelletto (bello naturale) o per una esibizione che dà luogo a un pensiero in movimento inesprimibile in singoli concetti determinati (idea estetica, arte).

Come ho cercato di porre in evidenza nel volume del 1981 intitolato Sensibilità, immaginazione e bellezza. Introduzione alla dimensione estetica nelle tre Critiche di Kant [3] ,l’immaginazione, come è pensata da Kant nello schematismo e nella prima deduzione trascendentale, svolge, in questo contesto di rivalutazione della dimensione estetica e di una logica del sensibile, un ruolo decisivo che la pone come "radice sconosciuta" tanto del sensibile che dell’intelligibile. Questa intuizione decisiva è stata accantonata dal neo-kantismo e ripresa invece dalla fenomenologia (Husserl, Heidegger, Merleau-Ponty, ma anche Bachelard) e, con preciso riferimento a Kant, dalla filosofia della differenza (Derrida, Lyotard, Deleuze).

Ma tale intuizione ha sempre agito anche nel cuore della poesia moderna più radicale. In Baudelaire, ad es., che, sotto il nome di rêverie, descrive così il pensiero della bellezza, cioè la bellezza e il mondo così come essi pensano nella loro presenza sensibile, attraversando il soggetto e pensandosi in lui, - soggetto che, a sua volta, pensa attraverso le cose, senza bisogno di un intelligibile separato e astratto e senza bisogno di trascendenze: toutes ces choses pensent par moi, ou je pense par elles (car dans la grandeur de la rêverie, le moi se perd vite!); elles pensent, dis-je, mais musicalement et pittoresquement, sans arguties, sans syllogismes, sans déductions. [4]

La CdG riapre il problema del mondo e il problema del soggetto nel mondo mettendo in questione il modello rappresentativo del loro rapporto e l’oggettivazione conoscitiva che riduce il mondo ad oggetto, a Gegenstand.

Il tema della bellezza e del Giudizio estetico riaprono il problema del mondo, del soggetto e della verità. Nella CdG, scrive Merleau-Ponty, Kant mostra che "nell’esperienza del bello io esperisco un accordo del sensibile e del concetto, di me e dell’altro, accordo che è esso stesso senza concetto". È questo il vero "testo" dell’esperienza concreta del mondo "così come si pronuncia instancabilmente in noi". Non si tratta più della dimensione di un soggetto che si rappresenta e che conosce un oggetto, ma della dimensione di un’intenzionalità fungente, "quella che costituisce l’unità naturale e antepredicativa del mondo e della nostra vita, che appare nei nostri desideri, nelle nostre valutazioni, nel nostro paesaggio più chiaramente che nella conoscenza oggettiva. [5]

Le cose pensano perché noi siamo nel mondo in en-être, perché la ‘frontalità’ rappresentativa e oggettivante del Gegenstand è una riduzione astratta del concreto dell’esperienza e del prospettivismo differenziale che la struttura. La rappresentazione "per principio misconosce l’Essere e gli preferisce l’oggetto, cioè un Essere col quale ha rotto". [6]. Dall’oggetto occorre tornare al paesaggio. È in quest’ultimo e nell’en-être costitutivo del soggetto che si dà quella "piega nella passività" [7] che fa sì che "non sono io a farmi pensare più di quanto sia io a far battere il mio cuore"[8].

Le idee sensibili e le idee estetiche noi non le possediamo, "ma ne siamo posseduti". Esse sono il mondo e l’opera d’arte che si vedono e si pensano in noi, secondo una "coesione senza concetto"[9].

L’immaginazione schematizza secondo il concetto e schematizza anche senza concetto. Seguire questo tracciato kantiano, e la sovversione della tradizionale concezione delle facoltà che esso indica e le cui conseguenze lascia intravvedere, - questo è il tema delle pagine che seguono.

Fumane primavera 2007

Note

1. Cfr. Merleau-Ponty 1993 p. 259.

2. La bellezza come non-oggetto e il suo soggetto, Considerazioni fenomenologiche su alcune proposizioni della Critica del Giudizio, in AAVV, Azione e contemplazione, IPL, Milano 1992, pp. 293 -326; 2); Kant e il ‘pensiero’ della bellezza, in Characteristica sensibilis. L’estetica del XVIII secolo e le sue conseguenze, a c. di Cecilia Balestra e Matilde Battistini, CUEM, Milano 1997, pp. 287 -300 (si tratta del testo di una relazione al Convegno di Gargnano, nel maggio 1996, dedicato a L’estetica del XVIII secolo e le sue conseguenze). I testi sono pressoché immodificati, salvo l’aggiunta, in particolare alla Parte Seconda, di alcuni passaggi che facevano parte di una redazione più ampia di quella presentata nella relazione al Convegno di Gargnano.

3. Cfr. Gambazzi 1981, ora disponibile in versione on line su questo stesso sito, nella collana "Il dodecaedro"., sezione Saggi.

4. Baudelaire, Le Spleen de Paris, III: Le confiteor de l’artiste: "tutte queste cose pensano attraverso me, o io penso attraverso loro (nella grandiosità della rêverie, sùbito l'io si perde!); pensano, dico, ma in modo musicale e pittoresco, senza argomentazioni, senza sillogismi, senza deduzioni".

5. Merleau-Ponty 1965, pp. 26 -27, c. m. Cfr. infra le Conclusioni della Prima Parte.

6. Ivi, p. 260.

7. Ivi, p. 248, c. m.

8. Ivi, p. 235

9. Ivi, p. 167.


 

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