INTRODUZIONE
Sebbene la teoria musicale della Critica del
Giudizio sia stata oggetto di giudizi disparati, vi è consenso generale
almeno su di una affermazione: “Kant non capiva assolutamente nulla di musica”.
Le motivazioni sono individuate ora in idiosincrasie personali, ora nell'assoluta
assenza di rilievo teoretico della sua concezione dell'arte in generale e della
musica in particolare. Kant avrebbe attribuito alla musica la posizione
inferiore nel sistema delle arti perché essa si limiterebbe a “giocare con le
sensazioni”: la musica non è arte bella, ma solo piacevole; il suo paradigma è
ben rappresentato dalla musica da tavola in uso nel Settecento. Il razionalismo
estetico sfocerebbe, così, in una condanna dell'arte musicale che la sacrificherebbe
al procedere meccanico dell'intelletto e alla struttura rigoristica della
ragione. Le sue osservazioni sugli effetti fisici della musica sarebbero mere
curiosità sull'unico aspetto che al filosofo interessasse veramente. Kant
avrebbe dunque elaborato una teoria irrilevante per la storia dell'estetica
musicale, ed entro il contesto del suo sistema filosofico le affermazioni sulla
musica sarebbero completamente prive di interesse. Analizzata in profondità, la
teoria si rivelerebbe disseminata di contraddizioni e priva di qualsiasi coerenza
interna. In breve: Kant era in questo ambito “ignorante", non era a
conoscenza delle teorie musicali contemporanee, né aveva mai assistito a
concerti di grandi maestri. Quando poi ci si chiede quale fosse il motivo di
tanto accanimento contro quest’arte sublime, si asserisce che esso risiede nei
tratti particolari della personalità del filosofo: elementi personali,
individuali e biografici sarebbero il vero motivo del suo atteggiamento
teorico. Così si esprimono, per non citare che alcuni esempi, Wieninger,
Schueller e Weathertson:
Nell'estetica musicale di Kant rimangono quindi
difficoltà essenziali, il cui […] fondamento ultimo […] è la personalità del
pensatore stesso, l'assenza in lui della facoltà di una viva intuizione
musicale (Wieninger 1929, p. 74).
Kant ha aggiunto alla sua teoria estetica osservazioni
psicologiche, sociologiche e moralistiche sulle arti […] Si dice spesso che
queste osservazioni rispecchiano l'assenza in Kant di sensibilità estetica. E,
di fatto, egli sembra trattare soggetti empirici e psicologici che noi pensiamo
non siano propriamente oggetto di studio della filosofia (Schueller 1953, pp.
232-233).
L'analisi kantiana della musica è chiaramente
inadeguata. Prende le mosse da un iniziale esame trascendentale e si indirizza
verso una concezione della musica fondamentalmente personale e poco plausibile
(Weatherston 1996 p. 63).
Questa, in poche righe, l'immagine quasi
universalmente accettata. È veramente accettabile questo ritratto?
Le ricerche che qui si presentano si prefiggono di
ricostruire fonti e genesi della teoria musicale elaborata dalla Critica del
Giudizio. Il capitolo I traccia il quadro delle discussioni nel quale la teoria
di Kant si è inserita, riportando alla luce le dottrine note al filosofo. Il
capitolo II ricostruisce le diverse fasi dell'estetica musicale kantiana nelle
loro linee fondamentali, mettendone in rilievo l'evoluzione. Il capitolo III è
incentrato sull'opera pubblicata nel 1790 in prima edizione, nel 1793 e nel
1799 in seconda e terza edizione.