CAPITOLO 3: PROPRIETÀ E RELAZIONI





L'analisi delle proposizioni temporali costituisce il punto di partenza di tutti i tentativi di fornire una descrizione del divenire del tempo. Tale analisi si propone non solo di stabilire quando le proposizioni sono vere e quando sono false, ma soprattutto di intendere ciò a cui si riferiscono. E tutto il dibattito fra temporalisti e atemporalisti è imperniato appunto sulla semantica delle espressioni "passato," "presente" e "futuro." La posizione dei temporalisti al riguardo offre un importante stimolo per la ricerca della definizione del divenire del tempo come emergerà nel corso di questo capitolo che verrà suddiviso nel modo seguente.

Nella prima parte verrà presentato un resoconto dei mutamenti interni al dibattito fra temporalisti e atemporalisti nell'analisi delle proposizioni temporali. Un'attenzione particolare verrà rivolta ai temporalisti A. N. Prior e a Q. Smith.

Nella seconda parte verranno invece analizzati i tentativi compiuti dopo il 1980 da parte di Schlesinger e Zeilicovici di fornire una descrizione adeguata del divenire del tempo. Nelle teorie presentate, anche se molto diverse fra loro, passato, presente e futuro sono definite come proprietà e non come relazioni; proprio tale caratteristica pone queste teorie in stretto collegamento con le definizioni di passato, presente e futuro di tipo semantico della teoria temporalista.

Attraverso un'analisi critica mi propongo di mettere in evidenza i limiti e i paradossi in cui incorrono le posizioni di Schlesinger e Zeilicovici. Nell'ultimo paragrafo (2.3) verrà descritta l'unica ricostruzione del divenire del tempo che non incorre nel paradosso di Williams e Smart.

1. LE PREMESSE LINGUISTICHE DEI TENTATIVI DEI TEMPORALISTI

1.1 LA VECCHIA TEORIA ATEMPORALE

Nell'analisi del linguaggio, la posizione di un atemporalista è caratterizzata dall'assunzione che le proposizioni temporali hanno lo stesso significato delle proposizioni atemporali e pertanto sono traducibili in esse. La teoria atemporalista si è trasformata nel corso degli anni e per comodità si distingue fra la "vecchia teoria atemporale del tempo" e la nuova teoria atemporale che verrà formulata negli anni '80. Il padre fondatore della vecchia teoria atemporale è B. Russell e fra i suoi sostenitori si possono citare, fra gli altri, J. J. C. Smart, H. Reichenbach e N. Goodman.

Russell espone le sue idee sul tempo nel suo libro The Principles of Mathematics quando introduce i concetti di materia e movimento. Egli presenta la nozione di materia o sostanza nel modo seguente:

The most fundamental characteristic of matter lies in the nature of its connection with space and time. (...) Material unit is a class concept, applicable to whatever has the following characteristics: (1) A simple material unit occupies a spatial point at any moment; two units cannot occupy the same point at the same moment, and one cannot occupy two points at the same moment. (2) Every material unit persists through time; its position in space at any two moments may be the same or different; but if different, the positions at times intermediate between the two chosen must form a continuous series.

Il tempo è quindi necessario per definire la sostanza e la sua posizione, ma è fondamentale anche per definire il movimento della stessa sostanza e il cambiamento:

The concept of motion is logically subsequent to that of occupying a place at a time, and also to that of change. Motion is the occupation, by one entity, of a continuous series of places at a continuous series of times. Change is the difference, in respect of truth or falsehood, between a proposition concerning an entity and a time T and a proposition concerning an entity and another time T', provided that the two propositions differ only by the fact that T occurs in the one where T' occurs in the other. Change is continuous when the propositions of the above kind form a continuous series of moments. Change thus always involve (1) a fixed entity, (2) a three-cornered relation between this entity, another entity, and some but not all, of the moments of time. This is its bare minimum.

Egli quindi crede che l'unico movimento possibile è quello delle sostanze che assumono posizioni spaziali differenti in istanti diversi. Il punto di vista semantico è invece quello che meglio esprime la sua idea di cambiamento: una stessa proposizione può assumere valori di verità diversi in istanti diversi. Pertanto per Russell il cambiamento avviene nei valori di verità e non nelle sostanze, che finiscono per assumere certe relazioni stabili con le loro proprietà in ogni istante di tempo:

We may say that a term changes, when it has a fixed relation to a collection of other terms, each of which exists at some part of time, while all do not exist at exactly the same series of moments. Can we say, with this definition, that the universe changes? The universe is a somewhat ambiguous term: it may mean all the things that exist at a single moment, or all the things that ever have existed or will exist, or the common quality of whatever exists. In the two former senses it cannot change; in the last, if it be other than existence, it can change. Existence itself would not be held to change, though different terms exist at different times. On the whole, then, we shall keep near to usage if we say that the fixed relation, mentioned at the beginning of this paragraph, must be that of a simple class-concept to simple particulars contained under it.

L'esistenza delle sostanze non muta, né muta la relazione che ciascuna parte temporale della sostanza instaura con le sue proprietà in ogni istante di tempo. Questa immagine rispecchia in pieno l'atemporalismo di Russell: nulla inizia ad esistere, né smette di esistere, tutti gli oggetti assumono delle ben precise proprietà in ogni istante di tempo.

McTaggart rileggerà Russell ponendosi il problema della differenza semantica che si crea fra le proposizioni temporali e quelle atemporali: mentre le espressioni temporali cambiano valore di verità a seconda dell'istante a cui di volta in volta si riferiscono, le proposizioni atemporali mantengono lo stesso valore di verità in tutti gli istanti. In base alla lettura di McTaggart, Russell sostiene che le proposizioni temporali sono in realtà proposizioni incomplete e quando l'istante cui si riferiscono viene esplicitato attraverso una data o un evento che caratterizza un solo istante, la proposizione temporale assume pieno significato e il suo valore di verità diventa immutabile. Perciò una frase come "L'attizzatoio è freddo" assume valori di verità diversi a seconda degli istanti in cui è espressa, ma ogni volta che viene enunciata si fa riferimento ad un istante particolare, ad esempio l'istante t, ed è per sempre vero o falso che "L'attizzatoio è freddo a t."

1.2 IL RUOLO DELLA COSCIENZA

Perché si verifichi il collegamento fra la proposizione e l'istante in cui viene emessa, l'uso degli indicali, che Russell chiama 'emphatic particulars', è decisamente rilevante:

I place most reliance on the argument about 'emphatic particulars', 'this', 'I', all that class of words, that pick out certain particulars from the universe by their relation to oneself, and I think by the fact that they, or particulars related to them, are present to you at the moment of speaking. 'This', of course, is what I call 'emphatic particular.' It is simply a proper name for the present object of attention, a proper name, meaning nothing. It is ambiguous, because, of course, the object of attention is always changing from moment to moment and from person to person. I think it is extremely difficult, if you get rid of consciousness altogether, to explain what you mean by such a word as 'this,' what it is that makes the absence of impartiality. You would say that in a purely physical world there would be a complete impartiality. All parts of time and all regions of space would seem equally emphatic. But what really happens is that we pick out certain facts, past and future and all that sort of thing; they all radiate out of 'this,' and I have not myself seen how one can deal with the notion of 'this' on the basis of neutral monism.

E' interessante notare che per Russell la coscienza ha un ruolo fondamentale nel determinare il riferimento degli indicali.

Il ruolo della coscienza, messo in evidenza per la prima volta da Russell, viene approfondito da A. N. Prior per sostenere la teoria temporalista. Egli prende le mosse dalla sensazione di sollievo per la fine del mal di testa:

One says, e.g., "Thank goodness that's over!," and not only is this, when said, quite clear without any date appended, but it says something which it is impossible that any use of a tenseless copula with a date should convey. It certainly doesn't mean the same as, e.g., "Thank goodness the date of the conclusion of that thing is Friday, June 15, 1954," even if it be said then. (Nor, for that matter, does it mean "Thank goodness the conclusion of that thing is contemporaneous with this utterance." Why should anyone thank goodness for that?)

Quindi quando si utilizza l'espressione "Grazie al cielo è finito!", non si fa riferimento al fatto che un evento precede un particolare istante o una particolare emissione verbale, ma ci si riferisce al fatto che l'evento doloroso o spiacevole precede l'istante che si sta vivendo.

Questo intervento di Prior non sfugge completamente all'accusa di psicologismo delle caratteristiche passato, presente e futuro; viene infatti presa come parametro rilevante un'esperienza: l'esperienza del sollievo. Tuttavia Prior, attraverso questa sua osservazione, ha molto sensibilizzato gli studiosi del tempo al punto che anche i filosofi atemporalisti arrivano ad ammettere che una proposizione temporale come quella presa in considerazione da Prior ha un contenuto diverso da qualsiasi traduzione atemporale della stessa. Essi però ritengono che dal punto di vista semantico, fattuale, non ci possa essere alcuna differenza fra la proposizione temporale e la sua traduzione atemporale. Si viene quindi a formare una distinzione fra il piano contenutistico da una parte e il piano semantico dall'altra.

1.3 LA NUOVA TEORIA ATEMPORALE

La nuova teoria atemporale del tempo può essere sinteticamente definita nel modo seguente: sebbene le proposizioni temporali non siano traducibili dal punto di vista contenutistico in espressioni atemporali, i fatti designati dalle une sono gli stessi designati dalle altre. La nuova teoria atemporale è stata enunciata per la prima volta da J. J. C. Smart nel 1980 in un articolo dal titolo "Time and Becoming" e in seguito sviluppata da D. H. Mellor e L. N. Oaklander.

L'idea di Smart è che se da una parte gli unici eventi possibili sono atemporali, dall'altra l'evidenza empirica del divenire del tempo è supportata da atteggiamenti psicologici che la giustificano:

We are aware of the flow of information through our short-term memories and we confuse this with a flow of time itself. This conjecture is perhaps supported by empirical evidence according to which the greater the number of stimuli that there are in a given temporal interval the greater is the subjective estimate of the length of that interval. (...) However it is still obscure to me how such a flux of information should be misperceived as a flux of time itself.

Il problema che si pone ai filosofi atemporalisti è quello di riuscire a definire i confini e le modalità in cui la temporalità è irriducibile alla definizione atemporale, mentre sono tutti concordi nel ritenere che sul piano semantico o fattuale le espressioni temporali non dicono nulla di più di quanto è espresso dalle proposizioni atemporali. Essi sono disaccordi quando si tratta di intendere che cosa caratterizza le proposizioni temporali e di definirlo in modo adeguato. In questo contesto non mi interessa però approfondire la posizione degli atemporalisti, ma piuttosto analizzare come i temporalisti hanno di volta in volta difeso la loro teoria, tenendo presente che il loro intento è ridare alle proposizioni temporali un valore semantico autonomo.

1.4 LE RAGIONI DEI TEMPORALISTI

Attraverso una ricostruzione del dibattito fra temporalisti e atemporalisti mi propongo di analizzare com'è stata di volta in volta definita la peculiarità delle espressioni temporali e della temporalità.

L'atemporalista D. H. Mellor sostiene che le proposizioni temporali sono perfettamente traducibili dal punto di vista semantico in espressioni atemporali:

Things, events, and judgements alike all have dates, dates that suffice to settle, without tensed fact, the truth or falsity of every tensed judgement there ever was or ever will be.

Facendosi influenzare dalle riflessioni di M. MacBeath, Mellor ammette che sebbene sul piano fattuale i valori di verità tanto delle proposizioni temporali che di quelle atemporali sono determinati da fatti atemporali, sul piano delle credenze le proposizioni temporali sono intraducibili in espressioni atemporali. MacBeath scrive:

Consider, for example, a father who, looking at his daughter on 1 June 1982 as she studies for her finals, says, "Thank goodness I'm never going to sit another examination."(...) the fact that he is thanking goodness for is an intentional fact, that is to say, it connects not with what is the case but with what is believed (by the father) to be the case. And, as we have seen, what makes the belief in question true, if it is true, is a tenseless fact. So Prior's argument does not force us to admit the existence of irreducibly tensed facts, for the only facts in the case are tenseless ones. What does Prior's argument does suggest is that there may be irreducibly tensed beliefs.

Mellor gli fa eco con le seguenti osservazioni:

Suppose that I want to hear the one o'clock news; so I push the switch at one o'clock. Why did I do that at one o'clock, and not some minutes or hours earlier or later? Well, obviously because I wanted to hear the one o'clock news. But that on its own is not enough, even given that I know that pushing the switch turns the radio on. I could have been wanting to hear the one o'clock news for hours; and I could have mastered the radio years ago. Something more than these two steady states of desire and belief is needed actually to propel my finger to the switch at a specific time. Obviously, what I also need to believe is that it is now one o'clock. (...) What action needs, in short, is the belief, not the fact. Even if there were tensed facts such as one o'clock being now, they would not make me turn the radio on, or do anything else. I turn the radio on when I believe it is now one o'clock, whether it actually is or not. My beliefs are what make me act, not the facts that make them true or false. (...) Action will be timely if it satisfies the token-reflexive truth conditions of the tensed beliefs it depends on.

B. J. Garrett precisa invece che non sono le credenze a essere irriducibilmente caratterizzate dalla temporalità, ma i fatti:

I do not thank goodness for my belief that the headache is past, I thank goodness for the fact that my headache is past. That I thank goodness because I believe my headache to be past does not serve to undermine the thesis that what I thank goodness for is the fact that my headache is past; hence the correct account of the content of utterances of "Thank goodness that's over" does require reference to tensed facts.

L'osservazione di Garrett è sicuramente interessante, ma necessita di maggiori approfondimenti, in particolare occorre specificare che cosa sono i fatti temporali e come si possono caratterizzare.

Kiernan-Lewis da parte sua mette in evidenza che le espressioni temporali fanno riferimento a fatti epistemici che sono intrinsecamente caratterizzati dalla percezione dell'iniziare ad esistere e smettere di esistere degli stessi:

The fact that Prior considers so decisive against a tenseless reality is an epistemic fact, an item of knowledge. It is the sort of knowledge we have when we are pleased that something has ceased. (...) I know what it is like to cease to be aware of a headache (or to be aware that a headache of mine has ceased). I could not know this if the tenseless account of reality were true.

Quest'ultima frase è criticata dall'atemporalista Oaklander:

On the tenseless theory, there are the tenseless facts: (a) I am conscious of having a headache at t1, (b) I am conscious of taking an aspirin (and having a headache) at t2, (c) I am conscious of feeling fine (and not having a headache) at t3. The succession of these different states of consciousness is the ontological ground of knowing that a headache of mine has ceased to exist. Why would Kiernan-Lewis (or Prior) believe that those facts were not sufficient to explain the knowledge in question?

H. S. Hestervold ripropone la teoria temporalista con la seguente argomentazione: sebbene Mellor abbia ragione nel ritenere che passato, presente e futuro non siano caratteristiche del fenomeno, esse sono tuttavia caratteristiche intrinseche dell'esperienza. Mellor fa l'esempio di un uomo che guarda attraverso un telescopio e osserva eventi che si succedono fra loro; in base alle moderne teorie scientifiche si conclude che egli non percepisce questi eventi contemporaneamente al loro avvenire, ma l'evento può precedere la percezione dello stesso. Hestervold ribatte mettendo in luce che, sebbene la percezione non possa avere alcuna certezza sull'istante di accadimento del fenomeno, l'esperienza è tuttavia intrinsecamente caratterizzata dalla presenza. Hestervold scrive:

To consider that an event is occurring is to contemplate whether it is occurring or to entertain the possibility that it is occurring. One can consider an event occurrence without the event's occurring and without believing that it occurs. By "experience," I mean any "conscious state," any "mental state."(...) if an experience is presently occurring, then there is someone who can know that it occurs, even though there may be no phenomenal property being present.

Oaklander distingue fra l'esperienza del tempo e ciò a cui si riferisce il tempo verbale:

I am now (at this time), so those events that are at temporally distant times are less affected by me and have less effect upon me than those in the present. Thus, I may reasonably regard what is happening now as being more important or more real, and that is the only (harmless) sense in which the present is "palpably real" or Exists with a capital E; the reality of tense has nothing to do with it"

Contrario all'idea che il divenire temporale sia riducibile al solo aspetto esperienziale è Quentin Smith, il quale distingue fra fenomenologia idealista e fenomenologia realista:

It is conceivable that the defender of the B-theory may concede my point that his theory is inconsistent with the phenomenological facts but claim that this is not detrimental to his theory, since the phenomenological facts concern what merely appears to be the case and his theory is about time as it really is. (...) A phenomenologist may respond to this objection in at least two ways. I shall call the first response that of the "phenomenological idealist," whom I define as follows. The phenomenological idealist believes that the scientific realm no less than the manifest realm is projected by, or essentially dependent upon, man. (...) A second, considerably different response is also open to a phenomenologist. This second response is that of a "phenomenological realist," whom I characterise in this way. The phenomenological realist holds that time and physical bodies exist nondependently upon and without being constituted, or produced by man. This time is studied by sciences and is also manifest to us in prescientific experience. But there is no dimensional dissimilarity between time as scientifically known and time as phenomenologically manifest, or between time as it really is and time as it phenomenologically appears.

Pertanto il presente non è né un fatto che appare, né un fatto proiettato dalla mente dell'uomo, ma un fatto reale. Il presente non coincide né con le emissioni verbali, né con eventi psicologici, né con eventi storici. Il presente è per Q. Smith un fatto a cui possono far riferimento alcune espressioni verbali, in particolare le espressioni temporali, e in cui si rispecchiano certi eventi psicologici. Proprio l'evidenza che esistono fatti temporali lo porta ad affermare che la semantica di proposizioni temporali deve essere distinta dalla semantica delle proposizioni atemporali.

Egli prende le mosse dalla critica dell'argomentazione di Mellor in base alla quale, sebbene gli indicali delle espressioni temporali non siano traducibili in espressioni atemporali (infatti non c'è alcuna espressione atemporale equivalente a "ora"), le condizioni di verità delle espressioni temporali sono esprimibili solo in un metalinguaggio atemporale. Pertanto per Mellor la condizione di verità che permette all'espressione "E' ora il 1980" di essere vera è che venga enunciata nel 1980. La condizione di verità della frase "E' ora il 1980", che per brevità chiamiamo S, è il fatto atemporale espresso dalla proposizione U "S accade nel 1980." Quindi S è vera se e solo se U è vera. Mellor quindi arriva a concludere che le condizioni di verità delle proposizioni tanto temporali che atemporali sono fatti e gli unici fatti esistenti sono fatti atemporali.

Q. Smith mette invece in luce che c'è una sostanziale diversità fra le proposizioni temporali e quelle atemporali; mentre le prime cambiano valore di verità a seconda del contesto in cui sono espresse, le seconde mantengono invariato il valore di verità. Egli arriva a concludere che:

S cannot have the same truth conditions as U since in addition to S's tenseless truth conditions there are its tensed truth conditions, and U does not have its tensed truth conditions, S and U share the same tenseless truth conditions, viz., the fact that S occurs in 1980 and every fact implied by this fact, but S has tensed truth conditions not possessed by U.

Resta a questo punto da stabilire che cos'è il valore di verità temporale di una proposizione temporale. Smith scrive:

The tensed truth of the sentence-token S is expressed in such locutions as "S is (in the present tensed sense) true" or "S is now true." S possesses tensed truth only when it is present. If S was uttered in 1980, and is not now occurring, S is now neither true nor false. However, it is now true that S was true, for in 1980 when S was present it was true to say "S is (in the present tensed sense) true."

Smith quindi precisa che se S viene enunciata nel 1980, ciò non implica che sia ora il 1980, e quest'ultimo fatto viene esplicitamente richiesto per la verità della proposizione S. E' proprio questa caratteristica semantica delle espressioni temporali che i temporalisti hanno cercato di definire in modo adeguato.

2. I TENTATIVI DEI TEMPORALISTI DOPO IL 1980

Nelle sezioni successive di questo capitolo verranno analizzati i tentativi di G. Schlesinger e D. Zeilicovici di fornire descrizioni adeguate del divenire degli eventi da futuri a presenti a passati. Ciò che accomuna i loro lavori, pur molto diversi fra loro, è l'idea di caratterizzare passato, presente e futuro non come relazioni che si instaurano fra eventi ed istanti, ma come proprietà possedute dagli stessi istanti ed eventi.

Questa presa di posizione ha una chiara giustificazione nella diversa interpretazione semantica che i temporalisti e gli atemporalisti danno delle proposizioni e dei fatti temporali.

Gli atemporalisti sostengono che tutti i fatti temporali sono riducibili a relazioni fra eventi o fra istanti. Si consideri una proposizione atemporale come: "la caduta dell'impero romano precede l'incoronazione di Carlo Magno." In questo caso si instaura una relazione di precedenza fra un evento (la caduta dell'impero romano) e un altro (l'incoronazione di Carlo Magno) e tale relazione è stabile e immutabile al passare del tempo.

I temporalisti si propongono invece di dimostrare che passato, presente e futuro non sono relazioni che gli eventi instaurano con altri eventi, ma sono proprietà che gli eventi assumono in modo assoluto. Essi osservano che una proposizione temporale, come ad esempio "oggi è una giornata soleggiata", non è completamente equivalente alla sua traduzione atemporale, ovvero non definisce semplicemente una relazione fra un evento (una giornata soleggiata) e una data, ma attribuisce all'evento la proprietà "essere presente" che non può essere ridotta ad una relazione. Si impone quindi l'esigenza di una configurazione concettuale che renda conto di questa osservazione non solo riguardo al presente, ma anche riguardo a passato e futuro.

2.1. SCHLESINGER EREDE DI BROAD

Nel capitolo precedente si è mostrato che Broad evidenzia il contrasto fra l'aspetto concettuale che richiederebbe l'istantaneità del presente e l'aspetto fenomenologico che asserisce invece la durata di qualsiasi evento percepito al presente. Lo stesso contrasto fra istantaneità e durata viene reinterpretato da Schlesinger in termini completamente concettuali contrapponendo l'istantaneità dell'accadimento di un evento e la durata della sua storia (all'interno della quale l'evento diventa da futuro a presente a passato).

Il modo per conciliare questi due aspetti contrapposti, secondo Broad, è quello di postulare due coordinate temporali. Come abbiamo visto, per Broad i due aspetti contraddittori si pongono su due livelli diversi: l'uno concettuale e l'altro fenomenologico. Pertanto le due coordinate temporali che descrivono qualsiasi evento rispecchiano queste due sfere di competenza: l'istantaneità dell'evento corrisponde all'aspetto concettuale, la durata dell'evento contraddistingue i diversi gradi di intensità con cui viene percepito. Questa soluzione viene ripresa da Schlesinger che però non sembra rendersi conto della differenza di impostazione che caratterizza il suo pensiero rispetto a quello del suo predecessore: mentre per Broad la durata caratterizza la percezione di un evento presente, per Schlesinger la durata contraddistingue la storia dello stesso evento che da futuro diventa presente e passato.

2.1.1. SCHLESINGER E LA BIDIMENSIONALITA' DEL TEMPO

Nel 1980, Schlesinger cerca di salvare la tesi del cosiddetto 'moving now', ovvero la teoria in base alla quale il presente si muove individuando man mano gli eventi disposti in un ben preciso ordine rispetto alle relazioni 'prima' o 'dopo'. Egli attribuisce a McTaggart questa descrizione del divenire del tempo e la definisce nel modo seguente:

the NOW is something that moves relative to the series of points that constitute time. Temporal points from the future, together with the events that occur at those points, keep approaching the NOW and, after momentarily coinciding with it, recede further and further into the past. The NOW, of course, is conceived not as some sort of object, but rather as the point in time at which any individual who is temporally extended is alive, real, or Exists with a capital E.

Egli mette in evidenza le ragioni che hanno spinto alcuni filosofi a considerare ingannevole la percezione del divenire del tempo. Le ragioni dipendono dai seguenti problemi: il primo è costituito dal paradosso presentato da Williams e Smart e sorge quando ci si chiede la velocità del movimento relativo dei punti temporali e del presente. Il secondo problema è strettamente legato al primo, infatti Schlesinger sottolinea che qualsiasi movimento per essere individuato richiede due coordinate e, nel caso del movimento temporale, due serie temporali; la difficoltà consiste nel definire le due serie temporali. Il terzo problema emerge dagli scritti di Broad e viene presentato da Schlesinger nel modo seguente:

When the NOW reaches a given point in this series of moments, that must also be some kind of an event, but one that surely cannot be a member of the very set which constitutes that moment

Ogni volta che il presente coincide con un nuovo punto della serie temporale ciò costituisce un evento e tale evento non può essere un membro dell'insieme di eventi che costituiva l'istante stesso prima che diventasse presente. Qui c'è una certa confusione perché finora Schlesinger non ha parlato di eventi, ma ha definito il tempo come un insieme di punti, quindi in questo contesto l'obiezione di Broad sembra fuori luogo. Forse l'idea sottintesa è che ogni punto temporale è costituito da un insieme di eventi, cioè da ciò che avviene in quell'istante, e il fatto che tali eventi diventino presenti costituisce un nuovo evento che non era precedentemente esistente e che si aggiunge agli eventi dello stesso istante ma su un altro piano. Quest'ultimo evento non è da sempre esistente, anzi il presente non è una proprietà che gli accade, ma inizia ad esistere quando è presente e smette di esistere quando diventa passato. In questo modo si intende distinguere fra eventi che diventano presenti e l'evento costituito dal divenire presente degli eventi, e di quest'ultimo evento ci si può chiedere se è passato, presente o futuro; ciò determina il sorgere di nuovi eventi e quindi un regresso all'infinito.

Per far fronte a questi problemi la soluzione che egli propone è introdurre l'idea di un tempo bidimensionale. Egli sottolinea che un movimento richiede necessariamente due parametri di riferimento, così che ad un valore assunto da un parametro è connesso un preciso valore assunto dall'altro parametro. Quando si tratta di movimento spaziale (ad esempio una macchina che procede lungo una strada) i parametri sono lo spazio e il tempo. Ma se si considera il movimento del presente lungo la serie degli istanti occorre introdurre un ipertempo. Così ad ogni istante individuato dal presente corrisponde un valore assunto dall'ipertempo. In questo modo egli riprende un'idea già proposta da C. D. Broad secondo cui, per risolvere il paradosso di Smart e Williams, occorre introdurre oltre ad un tempo del prim'ordine anche un tempo di second'ordine e ciascun parametro del prim'ordine ha un valore corrispondente nel second'ordine.E' importante notare che la seconda difficoltà presentata da Schlesinger è che il movimento necessariamente richiede due coordinate per essere individuato. E' proprio questa situazione che viene trasformata da problematica a risolutiva. All'inizio il problema è individuare la seconda serie che permette di stabilire la diverse posizioni che ORA occupa nella prima serie; quando si evidenzia che la seconda serie è temporale sembra che la difficoltà scompaia.

Questa impostazione permette, secondo Schlesinger, di risolvere l'obiezione di Williams e Smart (il primo problema presentato da Schlesinger) nel modo seguente:

The movement of the NOW in the standard series of time may be explicated by explaining that the NOW is at t1 in the ordinary series when it is at T1 in the super-series and at t2 in the ordinary series when it is at T2 in the super-series. We may even assign a value to the speed of the NOW; it moves from t1 to t2 at the average speed of

t1 - t2

.

T1 - T2

All'obiezione di Broad (il terzo problema di Schlesinger) risponde invece nel modo seguente:

the event of the NOW reaching t1 may, if we like, be looked on as taking place in super-time.

Egli intende mostrare che la sua descrizione del divenire del tempo risolve anche il paradosso in cui il tempo è destinato ad incorrere in base all'argomento di McTaggart. Egli fornisce innanzitutto una ricostruzione della difficoltà di McTaggart:

McTaggart's difficulty arose out of the fact that we assigned incompatible properties to the selfsame moment m1. We regarded this as unacceptable, because m1 is devoid of temporal extension and thus has no room to accommodate incompatible properties

Questa difficoltà è superata quando si introduce una serie temporale di second'ordine; infatti all'istantaneità di un evento in una serie temporale corrisponde la durata dello stesso evento nella seconda serie temporale:

We face no difficulty once we are permitted to entertain the possibility of a higher-order time series in which m1 endures indefinitely. All the moments of our regular time series coexist at each moment in super-time, and the position of the NOW in regular time varies from moment to moment in super-time.

L. N. Oaklander dimostra che la bidimensionalità del tempo non risolve i problemi presentati da McTaggart. Se da una parte Schlesinger si propone di fornire un resoconto del succedersi degli eventi nel momento presente, d'altra parte, ad una attenta analisi, gli istanti temporali del prim'ordine risultano essere fra loro simultanei in ogni istante del second'ordine.

La sua argomentazione si sviluppa innanzitutto mettendo in luce che le due serie temporali, in una prospettiva alla McTaggart, devono essere due A-serie, infatti per McTaggart non ci può essere una B-serie senza che ci sia anche la A-serie. Egli così descrive l'assurdità della descrizione di Schlesinger:

Since Schlesinger maintains that the events that are at the point in time at which the NOW is situated are those that are real and alive, or Exist with a capital E, and since he also maintains that when the NOW is situated at t1, it is also situated at T1, it follows that when the NOW is at t1, not only do the events at t1 Exist with a capital E, but so do the events that are at T1. Furthermore, since Schlesinger claims that "all the moments of our regular time series coexist at each moment in super-time," it follows that when the events at t1 are NOW, the events at T1, that is, the events at t1, t2, .....,tn, are also NOW, and that is absurd. For if the events in the original series are all NOW at T1 in the second series, then they exist simultaneously and not successively. In other words, this account of the moving NOW does not make sense of time and change in the first series. It eliminates it!

La bidimensionalità del tempo non riesce pertanto a rendere conto del divenire del tempo. Infatti come si è visto, sebbene un evento abbia una durata istantanea nella serie temporale di appartenenza, coesiste con tutti gli altri eventi rispetto alla seconda serie temporale. Come si è mostrato attraverso l'analisi degli argomenti di Broad, la coesistenza di eventi che hanno collocazioni temporali differenti è una delle premesse fondamentali dell'atemporalismo.

Oaklander ha quindi mostrato che se le due serie sono delle A-serie, il movimento del NOW nella prima serie non viene adeguatamente descritto dalla seconda serie temporale, anzi rispetto alla seconda serie temporale la prima serie temporale diventa equivalente ad una B-serie. Inoltre il movimento del NOW nella seconda serie temporale non può essere chiaramente descritto in base alla prima serie temporale, che in effetti si è rivelata essere atemporale. Pertanto la seconda serie temporale richiede l'introduzione di una terza serie temporale per poter descrivere adeguatamente il movimento del NOW in essa. Questo però crea un regresso all'infinito: infatti la seconda serie temporale diventa atemporale quando è descritta dal punto di vista della terza serie temporale, la quale a sua volta necessita di una quarta serie temporale per essere descritta. Di fronte a questa situazione si è quindi costretti a postulare una successione infinita di serie temporali che conducono ad un regresso infinito e vizioso:

It would appear, then, that the movement of the NOW in the second time dimension cannot be understood in terms of the movement of the NOW in the original time dimension but would require the postulation of a third time series, a fourth, and so on. (...) the infinite regress of time dimensions is vicious, because the notion that we are attempting to understand by an appeal to a higher-order time series arises in exactly the same form in that higher-order series, and consequently, regardless of how many time dimensions we introduce, we never manage to answer the problem for which they were introduced.

In risposta ad Oaklander, Schlesinger cerca di riabilitare una seconda volta la bidimensionalità del tempo nel modo seguente:

Let me postulate two physical systems, X and Y - for example two very similar solar systems - in which all the laws of nature are identical to ours with the exception that light travels at infinite speed. As a result, inhabitants of X can receive immediate replies from Y to their inquiries, and of course no problem arise in connection with determining the simultaneity of distant events. Let us now suppose that with the aid of the vast number of similar mechanical, electrical, chemical, biological clocks the inhabitants have in both systems, they determine that t0 in X coincides with t0 in Y. Subsequently they find, however, that t1 in X is simultaneous with t2 in Y and tx2 with ty4, tx3 with ty6, and so on. This presents us with a straightforward case in which the assertion that the NOW moves twice as fast in Y as in X makes good sense and can be fully explicated in terms of observations.

E' decisamente complicato comprendere che cosa significhi questa descrizione del divenire del tempo. Egli postula due sistemi fra cui è possibile stabilire la simultaneità in modo certo e incontrovertibile. Che cos'è la simultaneità? Dato un qualsiasi evento del sistema X, è possibile stabilire che cosa avviene contemporaneamente nel sistema Y. Quindi la simultaneità sembra essere una relazione che si instaura fra due eventi. Schlesinger sembra presupporre la coincidenza fra istanti ed eventi, infatti ancora nell'articolo del 1980 scrive:

the NOW is something that moves relative to the series of points that constitute time. Temporal points from the future, together with the events that occur at those points, keep approaching the NOW and, after momentarily coinciding with it, recede further and further into the past.

Quindi il tempo è costituito da una serie di istanti coincidenti con eventi su cui scorre il presente. Egli afferma che attraverso un sofisticato sistema di orologi si arriva a stabilire che se tx0 è contemporaneo a ty0, tx1 è contemporaneo a ty2, e così via. Per verificare un tale fatto occorre confrontare gli eventi di un sistema con quelli dell'altro; per semplicità si utilizzino gli orologi dei due diversi sistemi, come suggerisce lo stesso Schlesinger. Pertanto se al momento di partenza sono le ore 12 in tutte e due i sistemi, posso scoprire che quando sono le ore 13 in X, sono le ore 14 in Y, quando sono le 14 in X, sono le 16 in Y, quando sono le 15 in X, sono le 18 in Y. Da questa considerazione, Schlesinger conclude che il tempo scorre più velocemente in Y rispetto ad X.

Io, al contrario, credo che, sebbene gli orologi procedano in modo accelerato in un sistema rispetto all'altro, il tempo resta lo stesso per tutti e due i sistemi. Si consideri infatti il sistema così come è stato presentato da Schlesinger:

t0 in X è contemporaneo a t0 in Y

t1 in X è contemporaneo a t2 in Y

t2 in X è contemporaneo a t4 in Y

t3 in X è contemporaneo a t6 in Y

t4 in X è contemporaneo a t8 in Y

ecc.

Ci si chieda: quale istante è contemporaneo a t3 in Y? Per poter rispondere a questa domanda occorre poter dire se gli istanti di tempo sono ordinati in base ad una serie discreta oppure continua.

Si supponga che gli istanti siano ordinati in base ad una serie discreta, in tal caso fra t1 e t2 in X non c'è alcun istante. Se questa assunzione è corretta, allora non c'è alcun istante in X che sia contemporaneo a t3 in Y. Questo contravviene ad una delle ipotesi di partenza di Schlesinger, ovvero che "nessun problema emerge nel determinare la simultaneità di eventi distanti (ovvero appartenenti a due sistemi differenti)." Io credo pertanto che la discretezza del tempo sia esclusa perché contravviene alla stessa premessa di Schlesinger.

Si consideri il caso in cui gli istanti sono ordinati in base ad una serie densa. In tal caso t3 in Y è contemporaneo a t1,5 in X e t1,5 in Y è contemporaneo a t0,75 in X e così via all'infinito. Pertanto come per ciascun istante in X ce n'è uno corrispondente in Y, così per ogni istante in Y ce n'è uno corrispondente in X. Si viene così a creare una corrispondenza fra ciascun istante di una serie e quelli della seconda serie.

Se la mia interpretazione è corretta, il divenire temporale non è intaccato dalla diversa accelerazione dei processi dei due sistemi presi in considerazione.

E' interessante chiedersi se il succedersi degli eventi sia distinguibile da quello degli istanti e se pertanto si possa parlare di diversa accelerazione degli eventi in un tempo uniforme. Io credo che questa domanda debba ricevere una risposta negativa; pertanto si mantiene la corrispondenza biunivoca fra istanti ed eventi. Se infatti ogni istante è caratterizzato da un evento, che è la situazione cosmica di quell'istante, per ogni istante c'è un ben preciso evento di un sistema e un altro ben preciso evento dell'altro sistema.

Ci si può quindi chiedere a che livello si colloca l'accelerazione, dal momento che si è mostrato che non è né al livello degli istanti di tempo, né al livello degli eventi. L'accelerazione deve attribuirsi al cambiamento delle proprietà degli oggetti. Si consideri ad esempio il caso in cui le lancette degli orologi si muovono più velocemente in un sistema piuttosto che nell'altro, questo non significa che il tempo scorre più velocemente in un sistema piuttosto che nell'altro, né che ci sono più eventi in un dato intervallo di tempo (il fatto che la serie temporale sia continua lo esclude). In questo modo credo di aver mostrato che la diversa accelerazione che può assumere il cambiamento degli oggetti non coinvolge la successione degli istanti di tempo e degli eventi ad essi corrispondenti.

Schlesinger pertanto fallisce nel rendere conto del divenire del tempo e soprattutto del movimento del presente attraverso un tempo bidimensionale e non credo che un Russelliano accetterebbe la sua teoria, contrariamente a quanto egli sostiene:

Russellians would have to admit that they fully understand our account of what is actually taking place. Furthermore, they would even have to admit that in the contest of our story we could assign a definite value to the magnitude of the NOW's speed in different systems, without having to establish how much what is being covered in how much time in one and the same system. Adopting as our unit the speed of the NOW in X, the NOW in Y may be said to move at speed 2, while in some other system it moves at speed 3, 4, and so on.

Una volta accettato che lo scorrere del presente e lo stesso succedersi degli eventi sono distinti da qualsiasi cambiamento di oggetti e riconosciuto che il movimento del presente è tutt'altro che verificabile direttamente, si dovrà ammettere che né un temporalista né un russelliano (cioè un atemporalista) potrà mai accettare la teoria di Schlesinger. Infatti non è il NOW che scorre più velocemente in un sistema rispetto all'altro, sono gli oggetti che subiscono un'accelerazione del loro cambiamento in un sistema rispetto all'altro.

La critica di Oaklander a Schlesinger prende le mosse dalla seguente definizione che quest'ultimo dà del 'moving now':

The moving now is obviously not a material object; indeed it is not a particular of any sort. Being present is a property which every event assumes and then sheds. A property or a universal can of course be exemplified by different events in different places and at different times.

Oaklander ribatte:

Schlesinger claims that being in the present, or NOWNESS, is a universal. A universal is a timeless entity that is one and the same or wholly contained in each particular that exemplifies it. Therefore, on Schlesinger's view, literally the same NOW is at every time, and this impales him on the horns of a dilemma: his position is either incoherent or circular. To see what is involved, note first that moments must exemplify NOWNESS timelessly or temporally. However, if NOWNESS is exemplified timelessly at all times, then there is only one time; or rather, since time requires succession, there is no time. The "temporal" series is a totum simul in which all moments exist NOW. The alternative according to which moments are NOW at different times, renders his position circular. For, if there is a second "time" series, then the problem for which it is introduced, namely, to account for succession in the first series, re-arises in it. The problem is that since the NOW is a universal, it is literally and wholly at each moment in the second series, thus making all moments NOW.

E' quindi l'universalità o l'unicità del presente che gli permette di mantenere l'identità dello stesso pur nel variare degli eventi che di volta in volta individua. Questa universalità è alla base del paradosso che il divenire del tempo genera. Com'è che gli eventi possiedono questa proprietà universale? Se la possiedono atemporalmente, allora tutti gli eventi hanno la stessa consistenza ontologica e il divenire del tempo non trova alcuna descrizione all'interno di una tale configurazione. Se la possiedono temporalmente si genera di nuovo il regresso all'infinito. Ma poiché il NOW è un universale, non diviene, non inizia ad esistere e non smette di esistere, non può essere attribuito ad un evento e poi smettere di appartenere all'evento stesso, pertanto se un evento possiede questa proprietà la possiede per sempre.

2.1.2. CONSIDERAZIONI SU SCHLESINGER

Attraverso l'analisi delle posizioni di Schlesinger e delle critiche mosse da Oaklander emergono i due modi in cui il 'moving now' può essere interpretato: (1) o come una proprietà accidentale che individua uno dopo l'altro gli eventi da sempre sussistenti; (2) o come una proprietà universale che caratterizza ugualmente tutti gli eventi.

Il secondo modo non riesce a rendere conto del divenire del tempo; l'ORA in effetti non si muove in quanto appartiene a tutti gli eventi allo stesso modo.

Il primo modo è definibile soltanto facendo ricorso ad una seconda serie temporale. Ma la seconda serie temporale riesce a fornire solo un resoconto statico del tempo. In questa contraddizione messa in luce da Oaklander entrano in gioco le metafore di tipo spaziale.

Come è stato mostrato nel primo capitolo, quando si parla di presente in movimento si immagina una serie di istanti ed eventi da sempre sussistenti che vengono man mano occupati dalla proprietà 'presente.' Gli istanti e gli eventi possono essere rappresentati come gli elementi costituenti di una dimensione spaziale e il presente come una luce che illumina un evento dopo l'altro.

Si supponga di essere solidale col presente, in tal caso si individua un solo evento per volta e tutti gli altri eventi restano, per così dire, 'spenti.' Per poter individuare l'evento in questione, occorre porlo in relazione con gli altri eventi, occorre cioè illuminarli tutti e stabilire innanzitutto le relazioni di precedenza e successione fra tutti gli eventi. Per far ciò occorre staccarsi dal presente e osservare dall'esterno tutti gli eventi, cioè non solo quelli presenti, ma anche quelli passati e futuri. Occorre in secondo luogo definire la caratteristica presente: l'osservatore esterno rileva che il presente individua uno solo degli eventi in ogni istante e che poi si muove su un altro evento. L'osservatore esterno percepisce in una volta sola tutti gli eventi di cui uno è illuminato in modo particolare dal presente. Egli si trova nella seconda serie temporale ed ogni volta che vede un nuovo evento essere illuminato dal presente nella prima serie temporale si genera un nuovo istante presente nella seconda serie temporale. E' interessante tenere presente che per ogni istante presente nella seconda serie temporale si ha un'immagine statica della prima serie temporale, in cui il presente è una proprietà che caratterizza un evento.

E' proprio per sfuggire alla staticità di ciascun istante presente della seconda serie temporale che si vorrebbe poter confrontare le diverse immagini che l'osservatore della seconda serie percepisce di volta in volta. Per far ciò occorre un osservatore che veda tutte le serie temporali del prim'ordine, ciascuna delle quali ha un istante-evento individuato dal presente. Sembra quindi necessario postulare un osservatore di una terza serie temporale; egli si trova ad avere fra le mani molto più materiale di quanto si aspetti. Egli infatti non solo vede tutte le infinite serie del prim'ordine, ciascuna delle quali ha un istante diverso individuato dal presente, ma di tutte queste serie ne vede una caratterizzata in modo particolare rispetto alle altre: è quella che vede in quell'istante l'osservatore del second'ordine (cioè quella presente per l'osservatore del second'ordine). E per ogni istante presente nel terz'ordine una diversa serie del prim'ordine è individuata dal presente del second'ordine.

Se si vogliono avere tutte le visioni dell'osservatore del terz'ordine, occorre postulare un quart'ordine e così via all'infinito.

E' interessante notare che ciascun osservatore si trova nella condizione di possedere una visione statica di ciò che avviene nell'istante di percezione. L'osservatore del prim'ordine vede l'evento illuminato dal presente, l'osservatore del second'ordine vede tutti gli eventi del prim'ordine di cui uno evidenziato dal presente, l'osservatore del terz'ordine vede l'insieme delle serie di tutti gli eventi di cui solo una evidenziata dal presente del second'ordine. Il motivo per cui un osservatore si sposta da un ordine a quello di grado superiore è che spera di cogliere in questo modo il divenire, ma ciò che si trova di fronte è sempre una visione istantanea e statica di un insieme di stati di cose collegati fra loro in vario modo.

Si è così mostrato che una seconda serie temporale non solo non riesce a rendere conto del divenire del tempo, ma anzi fornisce una visione statica di qualsiasi serie temporale venga presa in considerazione. La staticità e il regresso all'infinito sembrano appunto i limiti di una tale definizione del divenire del tempo.

2.2. IL CREAZIONISMO DI ZEILICOVICI

D. Zeilicovici si propone di riabilitare la concezione temporalista del divenire temporale. Egli afferma innanzitutto che il fallimento della bidimensionalità del tempo, così come è stata presentata da Schlesinger, non pregiudica affatto la possibilità di trovare una diversa descrizione del divenire del tempo. Egli si propone di fornire una descrizione del divenire temporale che prescinde dalla metafora del tempo-retta connesso al presente in movimento, in modo che passato, presente e futuro diventino 'proprietà non ordinarie'. Egli così enuncia il suo intento:

That McTaggart failed in defining nonmetaphorically, clearly, and consistently his A-determinations as "nonordinary properties" of events does not demonstrate that this cannot be accomplished. In the rest of this essay I shall attempt to develop (and also interpret and try to defend) an idea of Broad's into a non moving NOW - including transient time theory which supplies such definitions and which (...) is immune to Oaklander's criticism.

Egli si rifà quindi alla teoria del tempo crescente di Broad, chiama questa teoria "creazionistica" e afferma che, se per Broad sono solo gli eventi che iniziano ad esistere in una serie di istanti da sempre esistenti, nella sua teoria sono gli istanti che iniziano ad esistere:

What we are proposing is a "creationist" theory about moments and not, like Broad perhaps, about events. (...) future moments are not a priori existent delivery rooms in which events are to be born.

Da quanto è stato fin qui esposto è chiaro che egli si propone di avanzare una teoria creazionistica degli istanti. Se ho ben inteso il suo proposito, l'idea è che ogni volta che il presente avanza si genera un nuovo istante e l'evento ad esso corrispondente. Così descrive la sua teoria:

We start by defining a present-at-t event as any event occurring at the upper bound of until-t existing time. If some predictions are fulfilled, there will be a next moment; t will lose the frontier characteristic, and our event will lose presentness while retaining intact all its ordinary properties and all its temporal-order B-relations to its previous partners. But, because it is now related to new members, this event (and all others) will belong to a different time series, the series which includes the previous one but whose "membership is increased." We call the different time series emerging in this manner A-series. The single B-series differs from any of the many A series precisely in failing to distinguish between existing moments and predicted moments and being, as a consequence, unbounded.

Quello che ci si chiede di fronte a questa descrizione del divenire del tempo è: che relazione si instaura fra le diverse A-serie e la B-serie qui menzionata?

Un'ipotesi è che la B-serie permanga al variare della A-serie, in tal caso si verifica una condizione analoga a quella del 'moving now': infatti la B-serie costituisce lo sfondo sul quale le A-serie si succedono e ci si può chiedere: a che velocità le diverse A-serie si succedono le une alle altre? In questo modo si cade di nuovo nel paradosso presentato da Smart e Williams: il divenire del tempo richiede un ipertempo per poter procedere e l'ipertempo necessita a sua volta di un iper-ipertempo per poter essere individuato e si procede così ad un regresso infinito. Per di più quest'ipotesi sembra scartata dallo stesso Zeilicovici quando afferma che in base alla teoria creazionistica "gli istanti futuri non sono sale parto esistenti a priori in cui gli eventi devono nascere". Pertanto se la B-serie preesistesse alle diverse A-serie che si succedono fra loro, la B-serie in quanto serie temporale sarebbe composta di istanti preesistenti alle diverse A-serie che sarebbero semplicemente composte di eventi che iniziano ad esistere uno dopo l'altro. Quest'ipotesi interpretativa, proprio perché contravviene alle stesse premesse di Zeilicovici, deve essere scartata.

Si potrebbe invece supporre che la B-serie sia da intendere come un insieme di relazioni che si instaurano fra gli elementi della A-serie. Si immagini di trovarsi di fronte ad una serie di eventi collegati fra loro dalle relazioni della B-serie. Questi eventi sono ordinati in una serie di relazioni assimilabili alle relazioni che si instaurano fra i punti di una semiretta, ovvero in una certa direzione si dispongono all'infinito, nell'altra c'è un punto, o per meglio dire, un evento-istante limite oltre il quale non c'è alcunché; si potrebbe anche dire che la relazione "dopo di" non mette in relazione l'evento-istante limite con alcunché. Tale serie di eventi-istanti è anche caratterizzata dalle proprietà della A-serie: in particolare l'evento-istante limite è definito presente, tutti gli altri sono passati e non vi è alcun evento-istante futuro.

Le difficoltà iniziano ad emergere quando si considera che la configurazione di Zeilicovici non è statica, bensì creazionistica. La serie di istanti-eventi non è statica e immobile, ma vi si aggiunge di volta in volta un evento e poi un altro e poi un terzo e così via all'infinito. Per poter fornire una descrizione di questo divenire occorre una seconda serie temporale. Infatti la creazione continua di nuovi istanti-eventi fa sorgere spontanea la domanda: a che velocità si succedono gli istanti-eventi presenti? Per poter rispondere alla domanda occorre postulare un ipertempo e si genera il paradosso di Williams e Smart.

In effetti la situazione è la stessa che è stata presentata nel caso della bidimensionalità di Schlesinger. Quando si vuole descrivere il divenire del tempo ci si può porre o all'interno del presente oppure all'esterno in una zona al di fuori della stessa serie temporale. Se ci si pone all'interno del presente, non si riescono a visualizzare le relazioni che si instaurano fra i diversi eventi o istanti, nel caso specifico non si possono evidenziare le relazioni che l'evento presente instaura con quelli passati, pertanto la situazione descritta da Zeilicovici diventa incomprensibile e non verificabile. Per poter affermare che tutti gli eventi passati sono esistenti come l'evento presente con cui sono in relazione occorre porsi su un'altra serie temporale che scandisca istante dopo istante come si vengono a formare le nuove serie temporali.

Il problema della descrizione di Zeilicovici del divenire temporale è dunque da ritrovarsi nella tensione intrinseca che viene a crearsi fra movimento del tempo da una parte e la necessità di una serie temporale supplementare che funga da sistema di riferimento e che lo descrivi dall'altra.

Credo invece che la lettura che dà L. N. Oaklander dell'argomento di Zeilicovici sia viziata da una falsa immagine del ruolo della B-serie all'interno della descrizione di Zeilicovici del divenire del tempo. Egli scrive:

His position seems to be this: that all the terms that are ever in the B-series are always in the B-series. There is a single B-series composed of the same terms at every (present) moment, and that is so even though at every present moment some terms of the B-series exist and some terms of the B-series (those that are predicted) do not exist; that is they are terms beyond the upper bound. But what does it mean to say that an existing moment in the "new" B-series "figures in the old series as a mere predicted shadow of a moment"?

Either the predicted shadow is a member of the B-series or it is not. If it is not a member of the B-series, then the new B-series is not the same as the old B-series. On the other hand, if the predicted shadow is a member of the B-series, then it would appear that it is nothing other than a "placeholder" on the (absolute) time axis "waiting" to be filled by newly created events. In the first case, he must abandon his claim to be treating the B-series (by itself) as a temporal series independently of the phenomenon of temporal becoming as represented by the A-series. In the second case, he must abandon his claim to be analysing temporal becoming minus the moving NOW.

(...) if he maintains that the future does not exist but is only predicted or conjectured, Zeilicovici cannot speak of a single B-series; that is he cannot say that the old B-series is the same as the "new" one.

Non ci sono termini della B-serie che non esistono o che esistono e aspettano di essere caratterizzati dalle A-serie. Esistono infatti nell'immagine di Zeilicovici certi istanti-eventi che sono definiti da certe B relazioni e da certe A caratteristiche; alcune B relazioni e certe A caratteristiche sono vuote: infatti non c'è alcun istante-evento caratterizzato dall'essere futuro, né alcuno nella relazione "dopo di" con l'istante-evento presente. Possiamo dunque concludere che la B-serie non è qui intesa come un insieme di istanti, ma come un insieme di relazioni.

2.3. LA NUOVA TEORIA DI SCHLESINGER

2.3.1. SCHLESINGER E L'INTERPRETAZIONE MODALE

In seguito alle critiche di Oaklander, nel 1995 G. Schlesinger modifica la sua posizione; egli trasforma per la seconda volta la sua concezione bidimensionale del tempo e immagina una sequenza di B-serie: tutte le B-serie sono costituite dagli stessi eventi nello stesso ordine. In ciascuna B-serie è evidenziato un intervallo che è il presente in quella serie, ma in nessun'altra serie è evidenziato lo stesso intervallo o parti dello stesso intervallo. L'insieme di tutti gli istanti presenti nelle B-serie costituisce la A-serie. Se si assume, come fa Schlesinger, che ciascuna serie temporale sia un mondo possibile, allora si verifica che le proposizioni atemporali sono vere o false in tutti i mondi possibili, al contrario le espressioni temporali sono vere o false solo in alcuni mondi possibili e certe proposizioni temporali sono vere in un solo mondo possibile.

Così Schlesinger presenta la sua posizione:

Let us represent the transientist's view of reality (without introducing a meta-time) by adopting a two-dimensional picture of time (see Fig.). The sequence of elements constituting each orizontal line represents the successive moments in the B-series. The sequence of lines may be said to constitute the A-series. Thus the various lines follow one another in an A-series. Each segment along the B-series axis contains precisely the same set of events, the only difference between the parallel lines being the different position of the thick line, representing the shifting location of the moment unique in any given world, the moment which is alive during the world's tenure in actuality.

S -serie

Vale la pena di sottolineare che cosa è la B-serie e che cosa la A-serie per Schlesinger: la B-serie è costituita dagli eventi che contraddistinguono ciascun mondo, la A-serie è invece costituita dall'insieme di tutti i mondi. All'interno di ciascun mondo vi è una certa porzione di eventi fra loro contigui che è contraddistinta da un A-evento, ovvero dal fatto di essere presente. Attraverso questa descrizione del divenire del tempo, pur distanziandosi da McTaggart, Schlesinger si propone di risolvere tutti i problemi che coinvolgono le descrizioni dinamiche del tempo:

Our A-series differs considerably from what McTaggart called A-series. The ordering relations of pastness and futurity generating his A-series consisted of the same elements as those constituting the B-series, that is, moments and events. In our account, the two series consist of different elements; the A series is a sequence of worlds belonging to S , worlds of very brief duration, and it is ordered by the particular position that the NOW occupies in any given W. We, unlike McTaggart, obtain a dynamic picture of time not through a representation wherein points on adjacent lines slide relative to one another, but by a diagram in which corresponding points on perpendicular lines are plotted against each other.

Attraverso questa descrizione del divenire del tempo, Schlesinger si tutela contro la contraddittorietà delle caratteristiche temporali messa in evidenza da McTaggart: passato, presente e futuro sono caratteristiche contraddittorie eppure tutti gli eventi le possiedono tutte e tre. In una tale configurazione si rileva che in ogni mondo gli eventi possiedono una sola fra le determinazioni passato, presente e futuro e tale proprietà è immutabile. Però se si considerano tutti i mondi si evidenzia che ciascun evento assume tutte le determinazioni passato, presente e futuro in diversi mondi. Inoltre questo è un modello adeguato per caratterizzare tanto le proposizioni temporali che quelle atemporali: le proposizioni atemporali, ovvero quelle che stabiliscono relazioni fra eventi od istanti, sono vere in tutti i mondi; le proposizioni temporali, ovvero quelle che attribuiscono le caratteristiche passato, presente e futuro agli eventi, non sono vere in tutti i mondi.

Inoltre per tutelarsi contro il paradosso di Williams e Smart, Schlesinger afferma che tutti i mondi così diversamente caratterizzati dal presente sono dati 'ab aeterno'. Egli scrive:

Only by granting an actual role to an infinite number of worlds, instead of the single world familiar to us, am I able to fend off all the alleged contradictions afflicting the dynamic theory of time. The objectors question whether it is reasonable to pay such a high price for salvaging the dynamic theory of time. In reply, I should first remind the reader of the minimal view we have adopted concerning the status of possible worlds. Only the actual world has any substance. The present version of transience does not, however, increase the magnitude of what is actual, that is, of what has real existence.

In questo modo egli distingue fra l'avere esistenza e l'avere sostanza. Solo l'evento presente ha sostanza, ma tutti gli istanti-eventi sono ugualmente esistenti. Si potrebbe obiettare che il paradosso di Williams e Smart riemerge anche in questa descrizione del divenire del tempo; ci si può infatti chiedere: a che velocità la sostanza si sposta da un evento all'altro, da un mondo all'altro?

Egli non sembra preoccuparsi di questa obiezione, poiché ha a disposizione due serie temporali e il movimento in una sembra definibile nell'altra; Schlesinger scrive:
 

As long as we have series of two different kinds, (...) we can talk about movement, and even about the acceleration of movement. (...) the various moments referred to so far are not of equal length; they vary at random within the range of 10-1 and 10-2 seconds. Consequently, the successive hours in the B-series do not contain the same number of moments either. This makes it possible that in the last hour actuality may have travelled through such and such number of S -worlds, while in the hour before it travelled through a smaller or larger number of such worlds. If we remind ourselves that each S -world's hold on actuality lasts as long as the duration of its own "privileged moment," we see at once that a change in the rate of time's flow is in principle possible.

Se si accetta che l'intervallo individuato dal presente in ciascun mondo può avere una durata differente da quello degli altri mondi, allora si può così concludere: il divenire del presente da un mondo all'altro è tanto più veloce, quanto più corti sono gli intervalli presenti, tanto più lento, quanto più lunghi sono gli intervalli presenti.

Schlesinger è riuscito così a fornire una descrizione statica del divenire. Dato un qualsiasi istante, egli è in grado di stabilire per quali valori della S -serie è passato, per quale valore della S -serie è presente e per quali valori della S -serie è futuro. L'immagine è tale da non essere essa stessa sottoposta a divenire e per ogni istante si sa "quando" è presente, passato e futuro. Viene escluso in questo modo qualsiasi osservatore temporale, anzi l'osservatore di questa configurazione temporale si pone in un certo modo al di fuori del tempo. E' proprio questa ipotesi che permette di evitare il paradosso di Williams e Smart.

2.3.2. BILANCIO SUI RISULTATI RAGGIUNTI DA SCHLESINGER

Innanzitutto occorre sottolineare i pregi dei risultati raggiunti:

1) passato, presente e futuro sono proprietà e non relazioni. In questo modo viene dato valore all'osservazione di A. N. Prior e Q. Smith in base alla quale passato, presente e futuro caratterizzano intrinsecamente gli eventi e non le relazioni che si instaurano fra un evento ed un altro;

2) passato, presente e futuro non sono fra loro contraddittori come assume McTaggart; infatti in ciascun mondo ogni istante od evento è caratterizzato solo da uno di essi;

3) la dinamicità del presente viene descritta attraverso un'immagine di tipo spaziale;

4) il paradosso di Williams e Smart è sventato.

Restano alcuni punti che deludono le aspettative dei temporalisti:

1) la struttura concettuale che descrive la dinamicità del tempo è statica, poiché la descrizione che Schlesinger fornisce del divenire del tempo è caratterizzata da una intrinseca immobilità. Una tale descrizione ha sicuramente il pregio di definire passato, presente e futuro diversamente rispetto alle relazioni precedente, contemporaneo e successivo. Ma proprio perché è statica, sembra rimandare altrove l'essenza del divenire.

2) il divenire così com'è descritto, è considerato da un osservatore che si trova al di fuori del tempo. Infatti, come è stato evidenziato nel paragrafo 2.1.2, un osservatore che si ponga in una qualsiasi serie temporale è condizionato dagli istanti via via presenti nella serie temporale in cui si colloca e ha quindi una visione parziale della realtà. L'immagine che invece fornisce Schlesinger non sembra sottoposta a questo limite: ogni istante presente ha da sempre una sua ben precisa collocazione nella seconda serie temporale (nella S -serie). E' proprio a questa staticità che sembra sfuggire quella caratteristica fattuale di cui vanno in cerca i semanticisti di impronta temporalista quando affermano che poiché una proposizione temporale sia vera non si chiede semplicemente una relazione fra un evento ed un istante, ma si pretende che tale relazione abbia luogo nel momento presente.

La conclusione che si può trarre a questo punto delle ricerche sull'argomento è che le descrizioni meno problematiche sono quelle che forniscono una configurazione statica e impersonale del succedersi degli eventi. Tutte le volte che si introduce il dinamismo del presente e il soggetto percepente, la descrizione del divenire del tempo è destinata a incorrere nel paradosso di Williams e Smart.
 

   Capitolo secondo
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