PREFAZIONE


La polemica fra temporalisti e atemporalisti, che contraddistingue la filosofia analitica del tempo, si sviluppa attorno alla nozione di cambiamento. E’ opportuno precisare fin dall’inizio che la letteratura filosofica distingue fra cambiamento nel tempo e cambiamento del tempo; cioè fra il cambiamento degli oggetti nel tempo (ad esempio, le automobili che si spostano da un luogo all’altro, gli uomini che invecchiano, ecc.) e il cambiamento di istanti ed eventi che diventano da futuri a presenti a passati. Questa seconda nozione di cambiamento, che da ora in poi verrà chiamata "divenire del tempo", è l’oggetto di questo lavoro.

Il concetto di divenire temporale è suscettibile di diverse interpretazioni e non sempre i filosofi specificano a quale significato stanno facendo riferimento. All’interno del famoso articolo di McTaggart ho riscontrato ben quattro definizioni del divenire temporale e la cosa curiosa è che tre di queste definizioni corrispondono all’introduzione di uno stesso termine: A-serie; McTaggart non sembra cioè accorgersi di adottare significati diversi per lo stesso termine. Nel corso del mio lavoro emergerà che passato, presente e futuro possono denotare proprietà o relazioni degli eventi (a loro volta definite in modi diversi), oppure possono essere un modo indiretto di parlare dell’iniziare ad esistere e dello smettere di esistere degli eventi, oppure possono descrivere caratteristiche fenomenologiche degli stessi eventi.

Credo che ciascuna di queste definizioni contenga una parte di verità. Quello che mi propongo di fare è delineare i diversi modi in cui è stato definito il divenire del tempo; dove mi sembra possibile, mi interrogo sulle ragioni che hanno portato a tali definizioni e, dopo aver presentato ciascuna definizione, ne metto in luce gli aspetti problematici.

L’intento ricostruttivo del mio lavoro è accompagnato da un’istanza critica: avanzo alcune proposte sulla spinosa questione del divenire del tempo che ritengo siano dissonanti rispetto alla letteratura sull’argomento e utili per comprenderne il significato. Come è noto, la riflessione analitica sul divenire del tempo è nata e si è sviluppata in seguito a un articolo di J. M. E. McTaggart intitolato "The Unreality of Time" in cui la dimostrazione dell’irrealtà del tempo viene considerata una conseguenza della contraddittorietà in cui incorre qualsiasi descrizione del divenire temporale. Io mi propongo di provare che l’argomento di McTaggart non è valido e che non è affatto paradossale o contraddittorio come egli vuole mostrare. Per correttezza vale la pena di precisare che l’argomento di McTaggart è stato variamente interpretato nel corso degli anni: c’è chi sostiene che abbia evidenziato un problema cruciale della definizione del tempo e chi invece lo ha criticato. Fra i suoi detrattori però, nessuno ha dimostrato, come invece mi propongo di fare io, che egli finisce per assimilare il divenire del tempo, che egli chiama A-serie, ad una serie statica di istanti ed eventi, che egli chiama B-serie. Anche se ritengo che McTaggart non sia riuscito a dimostrare alcun paradosso in cui incorre una descrizione del divenire del tempo, questo non significa che una tale descrizione non sia paradossale; al contrario, credo che l’argomento di D. C. Williams e J. J. C. Smart colga il nucleo problematico di ogni descrizione che renda effettivamente conto della dinamicità del tempo.

Questo lavoro è proprio dettato dall’intento di approfondire i termini che generano il paradosso di Williams e Smart. Pertanto, se nel primo capitolo fornisco un’analisi critica del presunto argomento paradossale di McTaggart e del paradosso di Williams e Smart, nei capitoli secondo e terzo desidero mostrare come diversi argomenti a sostegno del divenire del tempo finiscano per incorrere nello stesso paradosso di Williams e Smart. Cercherò man mano di fare emergere gli strumenti concettuali adottati per descrivere il divenire del tempo: farò vedere che vengono utilizzati gli stessi parametri usati per descrivere il movimento nello spazio, che è necessario assumere un duplice sistema di riferimento per definire la velocità del tempo, che si riesce a descrivere il divenire solo attraverso l’accostamento di definizioni statiche che adottano prospettive parziali sulla realtà. Inoltre, alla fine del terzo capitolo, mostrerò che l’unica descrizione del divenire del tempo che non incorre nel paradosso di Williams e Smart, ben lungi dall’essere la soluzione al problema che affronto, è in realtà inadeguata a rendere conto della dinamicità del tempo.

Vale la pena di precisare che mentre Williams e Smart avanzano il loro argomento per dimostrare l’intima contraddizione e l’irrealtà del divenire del tempo, il mio punto di vista è opposto: sebbene sia d’accordo nel sostenere che fino ad oggi non è ancora stata fornita una descrizione del divenire del tempo che non incorra in paradossi, credo che una tale definizione non sia in linea di principio impossibile e che sia opportuno continuare a cercare gli strumenti concettuali adeguati per introdurre tale descrizione.

Ci sono due sezioni di questo libro che non rientrano strettamente nel panorama concettuale precedentemente delineato. La prima è la ricostruzione degli esordi atemporalisti di C. D. Broad (paragrafo 2.1 del capitolo 2): sebbene non rientri nei miei propositi analizzare le ragioni degli atemporalisti, quello che mi sembra interessante in una tale ricostruzione è che agli esordi Broad è consapevole dei limiti di una concezione fenomenologica del divenire temporale anche se successivamente non sembra più rilevare il problema. La seconda è la sezione sulla semantica delle proposizioni temporali (paragrafo 1 del capitolo 3) che ha un intento unicamente ricostruttivo e in cui il mio intervento critico è ridotto al minimo. Ciò che mi interessa mettere in evidenza è come i temporalisti A. N. Prior e Q. Smith sono arrivati a definire l’intraducibilità delle proposizioni temporali in proposizioni atemporali. Questo risultato supporta, a mio avviso, la ricerca di una definizione adeguata del divenire del tempo.

                 Elisa Paganini




RINGRAZIAMENTI

Sono molto riconoscente ad Andrea Bonomi per aver supervisionato il mio studio durante il dottorato, per avermi concesso di trovare l’indirizzo di ricerca a me più congeniale e per aver letto e discusso con me questo mio lavoro.

Sono inoltre grata a Giovanni Piana per aver sostenuto la mia ricerca rendendo possibile la pubblicazione della mia tesi di dottorato.