Numero e figura
Idee per un’epistemologia della ripetizione
I, § 2

Giovanni Piana

2

- Prime considerazioni sugli impieghi comuni della parola «numero», «numeroso», ecc.
- La semantica oppositiva nel discorso corrente
- I modelli percettivi che fanno da sostegno alle espressioni linguistiche
- Molti e pochi
- Molteplicità e pluralità
- Pluralità e singolarità


Per cominciare a delineare i termini di un problema e introdurre la discussione, entrando al tempo stesso speditamente nel bel mezzo delle cose, non vi è forse metodo migliore che quello di proporre una riflessione sugli impieghi di termini in qualche modo attinenti ad esso nel linguaggio corrente. |1|

Questo abbiamo appreso soprattutto da Wittgenstein e dalla filosofia analitica del linguaggio - anche se occorre evitare l’errore di elaborare una generica rassegna o un elenco di termini scelti a casaccio. Un obbiettivo di ricerca deve essere sottinteso e debbono esservi intenzioni filosofiche in grado di offrire dei criteri di selezione: perciò ci preoccuperemo subito di mettere in risalto tra ciò che ci può sembrare significativo dal punto di vista teorico, trascurando invece ciò che non sembra poterci insegnare qualcosa. Dunque, nessuna semplice presa d’atto degli impieghi ordinari: e nessuna illusione di trovare in essi un riferimento che dovrebbe avere poi un significato normativo per risolvere i nostri dubbi nella filosofia. |2|

Il riferimento agli impieghi linguistici correnti ha piuttosto il senso di un dissodamento preliminare del problema, di una sorta di elucidazione dei suoi termini iniziali. Se poi potremo di qui trarre qualche suggerimento interessante dal punto di vista teorico, cercheremo di farne un buon uso. |3|

Vi è anche un motivo di provenienza fenomenologica che ci suggerisce un simile punto di avvio: almeno talvolta, il linguaggio corrente è fortemente refrattario ad adottare moduli linguistici che si distacchino troppo nettamente dall’esperienza che noi abbiamo del reale. |4|

In particolare è una caratteristica del linguaggio nei suoi impieghi correnti quella di tenersi abbastanza fortemente abbarbicato ad una semantica oppositiva, che appare appropriata ad una condizione in cui la concettualità è ancora fortemente intrisa di componenti percettive e immaginative. Nell’esperienza percettiva le determinazioni delle cose non hanno il senso di mere determinazioni oggettive a sé stanti, ma entrano in relazione tra loro secondo rapporti di somiglianza e di contrasto. Nell’istituzione di queste connessioni hanno naturalmente particolare importanza le componenti immaginative e associative che sono sempre presenti nel campo della percezione. |5|

A sua volta il linguaggio corrente sottintende spesso una delimitazione oppositiva del senso dei termini. Conseguentemente potremmo sostenere che uno dei primi passi che caratterizzano il pensare astratto e ne annunciano la presenza è proprio quello che consiste nel superamento di un simile modo di determinare il significato dei termini opponendoli l’uno all’altro. Si comincia così a superare i legami che per questa via si mantengono con il piano empirico concreto. Le opposizioni si riducono a semplici casi particolari subordinati ad un unico titolo generale. Questo aspetto può essere illustrato con esempi che ci consentono anche di dare l’avvio alla discussione del nostro argomento. |6|

Nel linguaggio corrente vi è l’aggettivo «numeroso» che si applica quando siamo alla presenza di «molte» cose. |7|

Il «molto» va tuttavia qui inteso in opposizione al «poco», e ciò significa che l’aggettivo numeroso non allude ad una molteplicità qualunque, ma ad una molteplicità rilevante. |8|

Di un pubblico che partecipa ad una conferenza o ad una lezione universitaria non diremmo che è numeroso, se esso è rappresentato da due o tre persone. Potremmo dire che al senso delle parole «molto» e «poco» fanno da sostegno modelli percettivi nettamente diversi. |9|

È opportuno richiamare l’attenzione sul fatto che vi sono o possono esservi dei modelli percettivi che fanno da sostegno al senso delle parole - si tratta di una circostanza per noi particolarmente interessante che viene spesso ignorata o addirittura capovolta, quasi che l’esperienza stessa fosse un risultato dell’uso linguistico e non vi fosse invece, tra l’uno e l’altro piano, una complessa interazione, secondo intrecci molto vari. |10|

Il modello percettivo, a sua volta, contiene rimandi associativi-immaginativi. Ad esempio, in luogo di pubblico numeroso si potrebbe parlare di un folto pubblico, aggettivo che è particolarmente pertinente per gli alberi di una foresta. Se dico «numeroso», nelle valenze di senso della parola vi è anche il «folto»: il modello percettivo eventuale, cioè l’esempio che può essere mostrato come illustrazione adeguata del senso, esibisce così al tempo stesso anche un’inclinazione immaginativa, contiene «associazioni» che sono in realtà importanti per la sua delimitazione e per la sua comprensione. |11|

Tuttavia il «molto» non ha solo il senso che gli deriva dall’essere contrapposto al poco. Esso può talora essere considerato connesso all’idea espressa dall’impiego della paroletta «più» in esempi come: «Vi sono più persone in questa stanza». In esempi come questi il «più» indica propriamente che in questa stanza non vi è una sola persona, ma ve ne sono appunto più d’una. La «molteplicità» scivola verso la «pluralità». Vi è dunque un’equivocità che conviene fin dall’inizio mettere in rilievo: con molteplicità di oggetti potremmo anche intendere una pluralità, avendo di mira piuttosto che l’opposizione tra il molto e il poco, quella tra pluralità e singolarità. Al molto si contrappone allora la cosa singola. |12|

Vogliamo ancora sottolineare che si tratta di una opposizione autentica. Forse si potrebbe pensare di indebolirne la forza, parlando ad esempio di una molteplicità che è costituita da un solo oggetto, ed in questa formulazione ci libereremmo di una caratterizzazione oppositiva, pur mantenendo la differenza tra l’idea di molteplicità e quella di oggetto singolo. È facile tuttavia rendersi conto che quella formulazione ha come condizione di possibilità che si sia già compiuto più di un passo sul piano dell’astrazione. |13|

Il tema dei modelli percettivi ci può servire qui da vero e proprio criterio distintivo. Infatti mentre posso esibire un modello percettivo per l’oggetto singolo o per la pluralità, non potrei poi mostrare nuovamente un oggetto singolo per illustrare l’idea di «molteplicità costituita di un solo oggetto»: per questa idea non vi è propriamente nessun modello percettivo. In essa infatti la singolarità è «pensata» attraverso il pensiero della molteplicità (pluralità) e questo pensiero non è contenuto nel dato esibito. |14|

Il rimando al modello percettivo ci consente dunque di distinguere nettamente tra un impiego del termine di «molteplicità» che ha un modello percettivo attraverso il quale può essere illustrato il suo senso ed un impiego dello stesso termine per il quale questa possibilità illustrativa non sussiste. Ciò significa forse che quest’ultimo è illegittimo? Certamente no. Non si vede infatti quale passaggio ci possa condurre dalla posizione di una simile distinzione all’assunzione dell’esistenza di un modello percettivo come canone di una legittimazione. |15|


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§ 3  


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