Numero e figura
Idee per un’epistemologia della ripetizione
I, § 2

Giovanni Piana

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- Il numero come risposta alla domanda «Quanti?»
- La nozione di numero intesa come numero-di-oggetti
- Numero e molteplicità
- Il numero come oggettività a sé stante
- Riduzionismo empiristico e ontolgismo platonizzante
- Critica di questa alternativa attraverso l’idea delle differenze nella modalità dell’intendere


In presenza di una molteplicità di oggetti, si può porre la domanda: «Quanti?», ed a questa domanda si risponde con un numero. Il termine di «quantità» appartiene certo alla stessa famiglia di «molteplicità», «pluralità» e «numerosità», ma ha una sfumatura di senso che si richiama alla determinatezza. Se alla domanda «Quanti?» si risponde ancora con «molti» o «più di uno» certamente chi rivolge la domanda ha il diritto di riproporla. La molteplicità può in via di principio essere determinata, ed il numero opera appunto questa determinazione. |1|

Secondo queste prime considerazioni dunque il numero si prospetta come vincolato ad una nozione di molteplicità essenzialmente intesa come pluralità, come una sorta di «proprietà» o di «attributo» della molteplicità: un numero andrà infatti attribuito ad una molteplicità ovvero questa potrà essere caratterizzata e contraddistinta da altre mediante un numero. Potremmo dire che il numero è qui essenzialmente «numero-di...» e precisamente numero-di-oggetti. |2|

Espressioni come proprietà o di attributo sono tuttavia in questo contesto largamente equivoche: come abbiamo notato fin dall’inizio, i nostri richiami a possibili impieghi correnti non ci fanno per nulla dimenticare che essi si trovano sul percorso di una ricerca filosofica ai suoi inizi. Essi non ci interessano in se stessi, ma per le riflessioni che possono suggerire. In questo caso si deve rilevare un’importante differenza che può essere nascosta dall’uso generico del termine di proprietà e di attributo. In realtà «attribuire» un numero ad una molteplicità ha implicazioni differenti dall’« attribuire» un colore a cose come un fiore o un frutto. Anzitutto una molteplicità non è una «cosa», benché possa essere composta di cose. In rapporto alle cose infatti l’attribuzione non è senz’altro sensata, ma vi sono determinate condizioni che debbono essere soddisfatte affinché essa possa aver luogo. Ad un suono non può essere attribuito il colore giallo - anche se l’espressione di «suono giallo» può avere un senso e una portata dal punto di vista immaginativo. |3|

A sua volta la formazione di una molteplicità concreta esige che siano soddisfatte delle condizioni relative agli oggetti di cui essa è composta: le mele e le coordinate cartesiane non possono essere poste nello stesso canestro. Tuttavia la nozione di molteplicità che si va istituendo a partire dalla molteplicità concreta non è affatto vincolata a questa concretezza, e in particolare non lo è quando si pone il problema del numero. L’attribuzione di un numero ad una molteplicità non richiede che sia soddisfatta qualche condizione in rapporto alla «natura» degli oggetti di cui essa è costituita. Un suono, il colore giallo, l’ascissa e l’ordinata formano una molteplicità esattamente come le mele in un canestro, e su di essa potrà porre la domanda intorno alla quantità. |4|

Un’attenzione particolare merita poi la paroletta «di» che aggiungiamo all’espressione «numero»: Numero-di... - e in particolare numero-di-oggetti. |5|

Questa formula intende segnalare la differenza tra una nozione di numero che è vincolata in via di principio a quella di molteplicità (e degli oggetti che appartengono ad essa) e una nozione di numero come entità o oggettività essa stessa autonoma. |6|

Grande problema! Certamente. Ma esso può essere affrontato con i nostri mezzi minimi. Proviamo infatti ad attenerci il più possibile al terreno che abbiamo scelto, in cui vi sono domande e risposte quotidiane. A chi ci chiedesse che cosa sia mai il numero come entità in se stessa autonoma, il numero sic et simpliciter, risponderemmo anzitutto che si tratta del numero che non risponde intorno ad alcuna domanda intorno al quanti, e che quindi non è inteso relativamente ad una molteplicità. Ad esempio, spesso facciamo un impiego sostantivo delle espressioni numeriche come 5, 8, ecc. Possiamo far comparire queste espressioni nel soggetto di proposizioni del tipo «cinque è un numero dispari» oppure «otto è un numero intero». In espressioni come queste non si parla dell’8 o del 5 come numeri-di..., ma di numeri sic et simpliciter, di numeri considerati essi stessi come oggetti e che hanno dunque le loro proprietà e intrattengono tra loro determinate relazioni. |7|

Sta bene: ma che tipo di oggetti? Talora si risponde (ed anche noi potremmo rispondere così): oggetti ideali. O anche: oggetti intellettuali. Benché si possa dare non troppa importanza al fatto di usare l’una o l’altra espressione, fra le due vi è un’inclinazione senso abbastanza diversa. Impiegando la parola «intellettuale» sembra si attiri l’attenzione su una facoltà umana - l’intelletto, la facoltà di pensare - e l’oggettività verrebbe interpretata come un suo prodotto, una sua costruzione. Si tenderà allora a dare alla parola un’inflessione prevalentemente psicologica, come se «intellettuale» fosse qualcosa di equivalente a «mentale» e parlando di oggettività intellettuali intendessimo cose che esistono al massimo nella nostra mente. Il richiamare l’attenzione sull’idealità invece sposta l’attenzione su tutt’altro versante, richiamando piuttosto le «idee» nel senso di un’ontologia platonica. |8|

Ma non è obbligatorio scegliere tra l’una e l’altra alternativa, tra l’ente nel senso più forte e il flatus vocis. |9|

Si tratta piuttosto di dare senso a queste formulazioni riferendole a determinazioni di carattere fenomenologico. È appena ovvio notare che in questo contesto il richiamo ad un punto di vista fenomenologico implica che si metta da parte l’idea, che ha fatto tanti guasti sul terreno della filosofia della logica e del linguaggio, che vi sia sempre e necessariamente una grammatica nascosta sotto la superficie linguistica e che le questioni che il linguaggio propone alla riflessione filosofica siano sempre questioni intorno alla riducibilità di questa superficie, considerata come in via di principio fuorviante ed erronea, ad una forma che si pretende logicamente corretta. |10|

In luogo di ciò, occorre riconoscere la presenza, proprio alla superficie degli impieghi linguistici, di differenti modalità dell’intendere. Questa nozione ci offre un modo assai interessante di riproporre la questione del numero come oggettività a sé stante, ed inversamente possiamo trarre di qui un esempio che può servire ad illustrare che cosa intendiamo dire parlando di differenza nella modalità dell’intendere. |11|

L’espressione «5» viene intesa in modi diversi se essa compare nella risposta alla domanda «Quanti?» oppure nella proposizione «5 è un numero dispari». Se prescindiamo da considerazioni che stanno al di fuori di questi impieghi, attenendoci a ciò che in essi è implicato, non sembra possa sollevare obiezioni il fatto di riconoscere che nel secondo caso viene intesa un’oggettività, nel primo invece è implicata una molteplicità di cui si effettua, attraverso il numero, una determinazione. |12|

Questa differenza può essere riconosciuta senza implicare, in rapporto al numero come oggettività a sè stante, né una scelta mentalistico-psicologistica né una scelta ontologico-platonistica. Questa è anche la ragione per la quale la scelta terminologica non ci sembra decisiva e non ci accingeremmo ad una discussione più approfondita per decidere quale delle due dizioni possa essere più appropriata. Poiché è certo che l’oggettività intesa non si incontra come tale nel nostro mondo circostante così come si incontrano invece alberi e case, l’una o l’altra espressione va altrettanto bene per marcare questa differenza che deve essere in ogni caso ricondotta ad una differenza nei modi dell’intendere. |13|

In questi nostri primi passi cerchiamo dunque di attirare l’attenzione sull’importanza del nesso tra numero e molteplicità, sottolineando nello stesso tempo che, se da un lato vi è tra queste due nozioni un intreccio ricco di senso che va esplorato a fondo, dall’altro sarebbe sbagliato ritenere che il numero non possa essere «pensato» senza che sia «pensata» anche la molteplicità. Il numero come numero-di-oggetti e il numero come oggettività a sé stante vanno anzitutto indicate come modalità dell’intendere peculiarmente diverse. E il numero come oggettività a sé stante va difesa come una possibilità del tutto legittima. |14|

 


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§ 4 


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