Numero e figura
Idee per un’epistemologia della ripetizione
I, § 8

Giovanni Piana

8

- La strana importanza delle mani nelle procedure del contare
- In che modo si usano le mani quando ci accade di contare con il loro aiuto?
- La mano come prima «macchina da calcolo»
- I metodi corporei in genere
- Esempi
- Ciò che vi è di nuovo nei metodi corporei


Tutti sanno che nelle procedure di conteggio hanno avuto una grande importanza le nostre mani. Ancora oggi vi è l’abitudine, in particolari circostanze, di contare facendo riferimento alle dita della mano. Quando vogliamo insegnare ai bambini molto piccoli i primi rudimenti dell’aritmetica è un comportamento comune e quasi istintivo ricorrere all’aiuto delle mani. |1|

Eppure una simile pratica tanto nota ed una consuetudine così diffusa non è poi molto facile da capire, se in luogo di accettarla come ovvia attirassimo su di essa l’attenzione come una circostanza che richiederebbe qualche spiegazione. In che senso ci possono aiutare le mani in una faccenda come è quella del numero? Inoltre: in che modo propriamente usiamo le mani quando ci accade di contare con il loro aiuto? Dobbiamo fare anche un certo sforzo per rammentare esattamente che tipo di gesto facciamo quando contiamo servendoci delle mani, e forse proprio quel gesto potrebbe non essere obbligatorio. In luogo di esso se ne potrebbero fare degli altri. |2|

Io, ad esempio, comincio con il pugno chiuso, leggermente inclinato verso il basso, e poi sollevo via via le dita - talvolta, mentre compio questo gesto, vado farfugliando un numero dopo l’altro. In questo modo mi aiuto con le mani... ma in che cosa e per che cosa questo gesto mi giova? Ora più che mai mi accorgo che non so affatto che cosa significhi propriamente il contare. |3|

Quando conto e come conto? Contare significa forse alzare via via le dita in questo modo, farfugliare sottovoce i nomi dei numeri che ho appreso a scuola? |4|

Forse hanno ragione coloro che sostengono che il contare sia nient’altro che un processo psicologico o meglio un comportamento di un certo tipo, socialmente indotto: non sarebbe allora affatto strano che vi siano diversi modi di contare che hanno poco o nulla a che vedere con le determinazioni concettuali del numero. Potremmo addirittura, rovesciando la direzione di discorso che abbiamo sostenuta poco fa, ritenere che potrebbe essere molto interessante, dal punto di vista logico, assumere la corrispondenza biunivoca come base per il concetto di numero proprio per il fatto che in essa finalmente non si conta. Si lascia così il contare agli psicologi, agli etnologi ed altri antropologi, oltre che naturalmente all’immaginazione speculativa dei fenomenologi. |5|

In realtà in precedenza, notando che laddove non si conta nemmeno può esservi il numero, abbiamo posto l’accento sull’esistenza di una relazione interna, concettuale, tra il contare e il numero. Fino a questo punto tuttavia si tratta di una pura istanza non dimostrata, ed anzi potremmo essere costretti ad ammettere di sapere ben poco sul significato del contare in genere, se escludiamo che ci possano interessare le minuzie di un puro gesto comportamentale. |6|

Ma che non si tratti per nulla di questo, che il contare con le mani, oltre a rientrare fra le consuetudini più arcaiche, abbia un senso che va ben oltre queste minuzie e sia tutt’altro che irrilevante sotto il profilo di un discorso teorico, lo si comincia ad imparare proprio lasciando da parte i nostri gesti più o meno abituali, che sono in effetti poco interessanti, e cercando invece di accertare meglio in che senso la mano intervenga nel processo di formazione del numero. |7|

Nella Storia di Ifrah si trova una documentazione impressionante della varietà dei metodi di conteggio con le mani. |8|

Con le mani - accenno soltanto alla questione - non si conta certo solo fino cinque o dieci ma, con metodi ingegnosissimi, si può arrivare a numeri piuttosto elevati, che comprendono anche l’uso della base. Anzi l’intero capitolo dedicato all’invenzione della base, invenzione fondamentale per arrivare ad un autentico dominio del campo dei numeri, è trattato da Ifrah interamente con riferimento alle tecniche di conteggio manuale, a cui può essere riferita non solo la base cinque e la base dieci, che con le mani hanno un riferimento piuttosto evidente, ma anche la base dodici e la base sessanta il cui impiego e la cui origine è assai più enigmatica. |9|

La mano, egli osserva, costituisce la prima «macchina da calcolo» di tutti i tempi [1]- ed è certo molto interessante che una simile espressione venga impiegata da un autore come Ifrah che è anche esperto di informaitica e di calcolatori: egli non avrebbe certo impiegato l’espressione di «macchina da calcolo» se avesse ritenuto il riferimento alle mani come un fatto provvisto, per così dire, di un valore puramente narrativo. |10|

Un poco rassicurati nei nostri intenti, cominciamo a prendere coraggio ed a precisare le nostre idee sulla faccenda del contare come processo «psicologico». |11|

Anzitutto quest’ultima espressione suona assai singolare se riferita a questo contesto. In fin dei conti la mano è tutto meno che un componente psichico, la mano è una mano, semplicemente: una parte del corpo, e non un elemento dei nostri vissuti. Di fatto la documentazione di Ifrah riguarda la mano proprio da questo punto di vista: essa interviene all’interno di una trattazione che riguarda quelli che Ifrah chiama i metodi corporei in genere. |12|

A tutta prima sembra si tratti soltanto di possibili varianti del metodo del tanti-quanti. In luogo di prendere dei bastoncini o delle conchiglie, facciamo riferimento alle dita della nostra mano cominciando, come facevano i Papua della Nuova Guinea, dal dito mignolo della mano destra [2] . |13|

In una descrizione più precisa: con la mano sinistra tocco il dito mignolo della mano destra quando la prima pecora è entrata nell’ovile; poi tocco l’anulare, il medio, l’indice, il pollice. E non mi fermo qui. Procedo verso il polso, il gomito, la spalla destra - e poi ancora più su l’orecchio destro, l’occhio destro, il naso, la bocca, l’orecchio sinistro... e via di questo passo toccando tutte le parti importanti del corpo, genitali compresi (che corrispondono al numero ventisette) fino alle dita dei piedi. Dopo le quali, anzi precisamente dopo il mignolo del piede sinistro, cominciano semplicemente i «molti» (a meno di ulteriori artifici si perviene in questo modo al numero 41). |14|

In apparenza dunque non faccio nulla di diverso dal metodo dei bastoncini e delle conchiglie. Di fatto potremmo sostenere che non c’è qui alcun conteggio vero e proprio e nessun numero nello stesso senso in cui sostenevamo ciò nel caso del metodo tanti-quanti. |15|

Potrebbero non esserci addirittura nomi per numeri, essendo la quantità designata dal percorso ad es. dal mignolo al gomito destro o dal mignolo all’orecchio sinistro essendo naturalmente tale percorso fissato una volta per tutte. Alla domanda «quante perle?» si risponde, ad esempio: dal mignolo all’ombelico. |16|

Possiamo parlare veramente del nome di un numero di fronte ad una simile designazione e di numero per ciò che essa designa? |17|

In realtà, se c’è numero, questo non ha alcuna autonomia rispetto al gesto, ma è ancora tutto impastato dentro di esso. |18|

Il riferimento al gesto ed alle parti corporee sembra dunque essere l’unica differenza del metodo corporeo rispetto al metodo del tanti-quanti. Ad un primo sguardo questa differenza appare concettualmente irrilevante. Al più potremmo notare come un progresso il fatto che invece di dover ricorrere ad un molteplicità di insiemi-modello, in questo caso l’insieme modello è uno solo. Un progresso significativo, ma non più di tanto. |19|

Le cose invece stanno altrimenti. Avremmo infatti una ben scarsa capacità di osservazione se non notassimo che vi è una differenza assai vistosa che in realtà ci porta su un terreno interamente nuovo. Questa differenza consiste nel fatto che l’insieme modello è un insieme ordinato, le mie dita non sono contenute in un sacchetto e io non le vado casualmente estraendo ad una ad una. Si tratta invece di un percorso che io debbo compiere e che deve essere invariabilmente lo stesso, cioè deve cominciare sempre dal dito mignolo della mano destra e proseguire nel modo che abbiamo detto: non può cominciare una volta dal dito mignolo della mano destra, un’altra volta dal pollice della mano sinistra o dall’orecchio destro. Altrimenti non potrei assolutamente raccapezzarmi e la funzione di unico insieme-modello verrebbe interamente meno. |20|

Il progresso rappresentato dall’unicità dell’insieme modello è strettamente legato e dipendente dal radicale mutamento nell’applicazione del metodo del tanti-quanti che ora si riferisce ad una molteplicità ordinata. |21|

Si noti di passaggio che l’ordine, che pur in qualche modo appartiene ad un "rosario", non interviene a riorientare in modo significativo quella procedura in questa nuova direzione. Esso appartiene in certo senso più all’oggetto come tale che al modo del suo impiego. In realtà l’inizio, in un rosario, potrebbe essere deciso di volta in volta, essendo necessario soltanto che esso venga tenuto fermo per ogni particolare operazione di conteggio. |22|

Riflettiamo ancora su questo punto: questioni come quelle sul modo di contare dei Papua non rafforzano proprio la tesi di coloro che ritengono queste faccende prive di interesse sotto il profilo teorico? Vi sono infatti riferimenti a pratiche particolari, relative ad un determinato contesto culturale, e non è certamente difficile richiamare l’attenzione sulla loro accidentalità. |23|

La nostra opinione è invece che proprio sulla base di un simile esempio risulti molto chiara la differenza che deve essere posta tra aspetti accidentali ed aspetti invece che accidentali non sono ed hanno una notevole rilevanza concettuale. |24|

Accidentale ovvero concettualmente irrilevante, è il fatto che si cominci in un modo piuttosto che nell’altro, dal mignolo piuttosto che dal pollice; e persino il fatto che il riferimento dominante sia una parte del corpo o il corpo intero, per quanto questa circostanza possa essere interessante da altri punti di vista. |25|

Non sono invece irrilevanti le ragioni per cui il corpo assolve qui un ruolo tanto significativo: esso rappresenta esemplarmente un sistema ordinato in genere, il sistema ordinato che ci è al tempo stesso più noto e più vicino. |26|

Riusciamo così a identificare con chiarezza in che cosa consista propriamente la componente psicologica - un punto che in genere non viene affatto precisato proprio da coloro che intendono il contare come mero processo psicologico: essa consiste nel vissuto della corporeità come un sistema che si presenta con la massima evidenza come provvisto di un ordine interno - sistema che viene messo in opera nel coordinamento delle proprie attività finalizzate al raggiungimento di uno scopo. |27|

Ma se si tratta di questo è evidente che questa componente può essere neutralizzata, essendo subordinata al problema dell’ordine che assume invece il massimo rilievo dal punto di vista concettuale. |28|

Note

[1] ibid., p. 72.
[2] ibid., p. 30.

  § 7

§ 9  


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