Introduzione

(Non leggere in fretta il libro di Eraclito efesio. Stretto il sentiero e difficile il passo).

Da un epigramma citato in Diogene Laerzio, IX 1-16

Scopo di questo studio è sviluppare una discussione sull'interpretazione filosofica del concetto di armonia in Eraclito, prendendo le mosse dal riferimento semantico all'accezione musicale del termine.Seguiamo una direzione poco valorizzata: nella maggioranza delle interpretazioni dei frammenti, infatti, la possibilità di un implicito riferimento ad una valenza musicale del concetto di armonia è spesso adombrata ma raramente incastonata in un'interpretazione che si misuri con le conseguenze teoriche che la relazione comporta.

Il ragionamento su cui, generalmente, si appoggiano gli interpreti del testo eracliteo, si basa sull'assunto che il termine , nell'impiego assolutamente personale che si snoda lungo i frammenti, escluda qualunque richiamo approfondito alla musicale, e che tale valenza assuma una sfumatura esclusivamente metaforica, troppo ambigua per esser sviscerata fino in fondo. Ciò trova un solido fondamento in considerazioni di tipo filosofico.

La presenza di una polemica antipitagorica in Eraclito, ben documentabile nei testi ed elaborata all'interno di una critica radicale alla cultura di Omero ed Esiodo, pone, infatti, motivi di perplessità riguardo alla presenza di possibili valenze musicali in ciò che rimane del libro eracliteo: perché mai un filosofo in polemica con il pitagorismo dovrebbe ricorrere ad una delle tematiche più caratteristiche di quell'impostazione filosofica, che vede nell'armonia il coniugarsi di proporzione aritmetica e intervallo musicale?

Coordinare una interpretazione musicale con il richiamo al tema dell'opposizione, così importante nella religione greca, fra visibile e nascosto, risulterebbe ancor più problematico. Quel tema, del resto, percorre il pensiero eracliteo a tutto tondo: nei frammenti si accenna ad un'armonia che non appare, capace di stringere in fitta tela tutte le relazioni fra le cose e di dar loro un senso. Cosa c'entra la musica in una tematica che ha come riferimento il tema dell'evidenza e del visibile?

Non mancano solidi motivi, per sostenere tale posizione: il termine non implica un riferimento che si restringa esclusivamente all'area musicale, ed Eraclito non è certo ricordato come filosofo della musica. Frammenti esplicitamente musicali non ve ne sono, e, tra le molte interpretazioni che ricorderemo lungo il testo, nessuna prende troppo seriamente suggestioni musicali, ad esclusione di quella offerta da Charles Kahn. È facile notare che esiste una sorta di profonda musicalità nello stile letterario di Eraclito, un grande senso del ritmo, che vive spesso nella contrapposizione fulminea delle aggettivazioni, che adombrano un conflitto tra ciò di cui facciamo esperienza, ma quel tratto rimane appunto un fatto stilistico - espressivo, che non propone certo questioni musicali concrete.

Potrebbe, tuttavia, lasciare perplessi che un filosofo tanto critico nei confronti dei risultati dell'indagine pitagorica, assimilata ad un ingannevole saper molte cose, non possa aver puntato anche al tema della musica, paradigmatico nel suo legarsi alla dimensione conoscitiva offerta dal numero.

Abbiamo così cercato di sviluppare un'indagine, chiedendoci se non sarebbe stato possibile illuminare valenze epistemologiche nel pensiero eracliteo, partendo proprio da una prospettiva ristretta all'accezione musicale del termine .

Muovendosi in questa direzione, è stato possibile accentuare gli aspetti connessi alla polarità fra percezione ed esperienza che nei frammenti si sviluppa soprattutto nell'elaborazione della dottrina del .

L'ipotesi interpretativa ha preso corpo a partire dall'individuazione di una specifica struttura di articolazione dello spazio nel mondo musicale greco, quella del tetracordo congiunto. La forma congiunta si presta assai bene ad esser interpretata in termini di tensione dinamica fra opposti, la cui sintesi può essere intesa solo all'interno della relazione di convergenza che lega due strutture in relazione speculare destinate ad incontrarsi sul centro. A partire dall'analisi delle regole che informano quella struttura musicale, abbiamo delineato un'interpretazione della dimensione relazionale del movimento, cui potrebbe far capo l'unità degli opposti nel pensiero di Eraclito.

È certamente una scelta impegnativa ritenere che tale struttura possa diventare paradigma di un'interpretazione relazionale della funzione cosmologica degli opposti nel pensiero eracliteo. Il modo in cui i tetracordi si congiungono diverrebbe un'immagine paradigmatica del rapporto fra opposti, in grado di esibire sul piano sensibile quei nessi logici che, per il pensiero eracliteo, tengono assieme il mondo di cui facciamo esperienza.

La struttura traduce relazioni essenzialmente logiche in caratterizzazioni di tipo sensibile, legate alla possibilità di cogliere l'unità che congiunge elementi che si contrappongono.

Potremmo allora parlare della chiarificazione di un rapporto, che va assumendo valenza quasi isomorfica: le stesse regole logico - percettive che permettono il riconoscimento dell'unità nella struttura, sono quelle che collegano e danno unità alla dimensione dell'esperienza, che si costituisce all'interno delle relazioni formali che legano e scandiscono il rapporto fra opposti.

Il termine opposti andrà perciò inteso nel senso più ampio possibile, dato che nella filosofia eraclitea esso si riveste di fortissime caratterizzazioni di tipo immaginativo. Le relazioni fra opposti obbediscono ad un ritmo contrappositivo, non riducibile ad un ritmo musicale, che illumina l'articolarsi delle relazioni fra struttura e predicazioni possibili nell'opposizione. Le strutture musicali che analizzeremo offrono una buona esemplificazione di questi giochi linguistici.

Certamente, può creare qualche diffidenza l'idea che la speculazione filosofica antica abbia potuto attribuire tanta importanza alle tipologie che sostengono le strutturazioni dello spazio musicale. Non va però dimenticato che la scelta di un'organizzazione scalare implica frequentemente opzioni espressive e ontologiche: l'individuazione di una strutturazione dello spazio musicale, mediante la selezione di un sistema d'organizzazione delle relazioni fra altezze, ricade sul modo in cui sono elaborati i contenuti semantici ed espressivi della musica.

Da qui, l'interesse per una speculazione filosofica che dopo aver sviluppato una discussione sulla portata culturale del pitagorismo, quale è, almeno nella nostra ricostruzione, la filosofia eraclitea, si trattenga a riflettere sul portato espressivo legato ad una specifica struttura scalare.

Tale percorso può assumere un significato esemplaristico consistente in un autore attento, nella costruzione del proprio discorso filosofico, alle componenti gestuali ed espressive in grado d'indicare la presenza di una dinamica fra opposti nel farsi avanti degli aspetti meno ovvi del mondo che ci circonda, ed implacabile nel sollecitare la riflessione del lettore di fronte agli aspetti contraddittori che reggono le relazioni nel mondo dell'esperienza.

Allo scopo di sviluppare le nostre considerazioni seguendo una linea coerente, abbiamo diviso lo studio in tre capitoli.

Nel primo, abbiamo delineato una prima interpretazione del concetto d'armonia, soffermandoci sugli aspetti più elementari del problema, cercando di ritagliare una sezione che avesse di mira soprattutto il mondo dei manufatti, un mondo cui Eraclito ha dedicato alcune osservazioni assai eloquenti del suo modo di guardare alla tematica della complementarità tra opposti. Successivamente, abbiamo cercato di analizzare lo stesso problema all'interno di due particolari strutture di tipo musicale, in grado di suggerire due diverse interpretazioni del paradigma dello spazio musicale, secondo il modo in cui venivano connessi i tetracordi, unità di riferimento per l'articolazione del mondo sonoro ellenico.

Su una di queste strutturazioni, quella della scala pitagorica, esiste una letteratura piuttosto ampia: meno interesse ha suscitato quella cui abbiamo dedicato più spazio, ossia il tetracordo congiunto. In particolare, abbiamo cercato di sottolineare le differenze che intercorrono, a livello espressivo, fra un sistema e l'altro.

Nel secondo capitolo, abbiamo cercato di offrire una panoramica sul problema del rapporto fra percezione e modi d'intendere all'interno della filosofia eraclitea, ponendo l'accento sulla gradualità attraverso cui viene chiarificata l'armonia degli opposti, in una linea che muove dal livello in cui il conflitto viene semplicemente colto a quello in cui esso viene compreso, calcando gli elementi di discontinuità che sussistono fra un conoscere privo di consistenza e un comprendere l'articolarsi delle relazioni strutturali messe in luce dalle opposizioni [1] .

La distinzione viene sottolineata dall'uso insistito della forma del paradosso, di cui Eraclito si avvale per presentare l'ambivalenza delle relazioni che stringono gli opposti. A tal scopo, abbiamo tentato di tracciare una lettura dei frammenti tesa a valorizzare le componenti conflittuali, che legano il mondo dei sensi a quello del conferimento del significato, utilizzando una griglia interpretativa incentrata sulla ritmicità della dialettica fra opposizione ed identità. La scelta interpretativa ha orientato la nostra lettura del controverso frammento 10 D. K., croce e delizia di ogni esegesi eraclitea.

Le ambivalenze presenti in quel testo hanno permesso rafforza di elaborarne un'interpretazione ristretta, che ne potesse mettere in luce le componenti musicali, ed il peculiare concetto di , cui abbiamo dedicato l'intero terzo capitolo.

Di grande interesse è stata la lettura del saggio di K. M. W. Shipton [2] , in cui si propone un'interpretazione musicale di quel Frammento: quel contributo critico, tuttavia, sembra proporre alcuni problemi interpretativi, che abbiamo discusso ampiamente, allo scopo di trarre alcune suggestioni legate alle possibili accezioni musicali del termine , intesa come conquista e perdita di un centro che medi fra due direzioni opposte nello spazio musicale dell'eptacordo. Alla stessa stregua, abbiamo cercato di interpretare le relazioni fra suono e rumore, come raffigurazione del concetto evocato da

Nell'Appendice, infine, abbiamo cercato di chiarire alcuni aspetti ermeneutici, legati ad un problema filologico, che ci ha particolarmente incuriosito: sul tema dell'armonia nell'eraclitismo, esiste un'interpretazione autorevole, offerta da Platone nel Simposio e riproposta, con varianti significative, nel De Mundo dello Pseudo - Aristotele. Si tratta della discussione di una parafrasi del frammento 51 Diels- Kranz, di cui si fa carico il personaggio di Erissimaco. In quei passi, il concetto eracliteo d' viene discusso attraverso l'uso di due parametri musicali, ritmo e consonanza. Si tratta di una semplice esemplificazione, ma che ha molti tratti interessanti.

Nel dialogo platonico le tematiche filosofiche connesse alle relazioni fra armonia e ritmo si legano a considerazioni di tipo formale, volte ad individuare, attraverso la musicale, la conquista di una forma grazie all'opera degli opposti che isolano un intero di nuovo genere qualitativo dalla continuità del flusso spazio temporale.

Il tema, inserito nel contesto del Simposio, sembra ricondurre la concezione dell'armonia, e della sua possibile valorizzazione musicale, all'interno di un contesto legato al problema della natura del numero, che mal s'adatterebbe alla valutazione complessivamente polemica che i frammenti dell'Efesio sviluppano in merito a Pitagora.

Abbiamo così cercato di mettere in luce come l'interpretazione di Erissimaco, si avvalga, surrettiziamente, di riferimenti pitagorici, che entrano in urto con la concettualizzazione eraclitea della dottrina degli opposti. Naturalmente, ciò non esclude che molti aspetti del pitagorismo, per quanto attiene detta dottrina, abbiano significativi punti di contatto con la riflessione eraclitea. Basti pensare, ad esempio, agli strani paradossi che la matematica pitagorica metteva in luce nei sistemi di notazione numerica di cui si avvaleva nel calcolo frazionario, in cui la serie dei numeri pari tendeva a convergere con quella dei numeri dispari anche dal punto di vista della rappresentazione visiva, in cui un rettangolo, che tende a trasformarsi in un quadrato.

Tali aspetti esulavano dalle tematiche teoriche sollecitate dalla riflessione eraclitea e dalle sue potenziali applicazioni all'ambito espressivo dell'esperienza musicale, che oggi, come allora, continua ad avvolgere, in modo più o meno consapevole, qualunque ascoltatore.

Chi ascolti musica ha spesso l'impressione di essere avviluppato nelle maglie di un pensiero musicale che lo avvolge, esattamente come accade a chi si soffermi ad ascoltare i paradossi legati al concordare e al discordare della secondo quanto insegna la musa eraclitea, come ricorda Platone nel Sofista (243 e).




Grande conforto, nei momenti più difficili della stesura, mi è stato dato da Giovanni Piana. A lui debbo molte delle idee che si rincorrono nel libro, in particolare per i temi legati alla funzione della ripetizione e sulla portata concettuale delle componenti teoriche presenti nella teoria musicale greca. Ma davvero troppi sono i debiti che mi legano al mio maestro, a partire dalle riflessioni sulle componenti immaginative legate alla percezione, perché possano essere liquidate in poche righe, che non possono dar ragione del lungo dialogo intrecciato in questi anni.

Un caro ringraziamento va a Fernanda Caizzi Decleva e a Paolo Spinicci, che si è reso disponibile ad ospitare il testo nella collana Il Dodecaedro.


Note

[1] Nei frammenti eraclitei l'opposizione è sottolineata dal contrapporsi dei verbi

[2] K. M. W. Shipton, "Heraclitus fr.10: a musical interpretation", Phronesis 1985, Vol. XXX/2 pp. 111 - 130.


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