Paolo Spinicci


Il mondo della vita e il problema della certezza
Lezioni su Husserl e Wittgenstein

 

 

 

 

 

 

 

 Lezione ventunesima

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2. Nuovi giochi linguistici

 

 

 

 

 

Basta rileggere le considerazioni che abbiamo appena proposto perché si faccia avanti un'obiezione che potremmo formulare così: tu ti lasci guidare da un esempio, tra gli altri possibili, e da qui muovi per circoscrivere un ambito in cui la materia è innanzitutto una proprietà delle cose, - una proprietà cui sembra possibile dare un volto definito indicando un insieme di caratteristiche (la solidità, la pesantezza, l'opacità, la durezza, ecc.) che possono da un lato crescere, additando il centro dell'area di applicazione del gioco linguistico che ci sta a cuore, dall'altro decrescere, perdendosi infine nei loro contrari (nella leggerezza, nella trasparenza, ecc.), predelineando così lo spazio di applicazione del concetto di immaterialità. Ma un simile modo di procedere, si dirà, è fondamentalmente illegittimo perché la pesantezza non è altra cosa rispetto alla leggerezza, proprio come l'opacità non è qualcosa di altro rispetto alla trasparenza. Ciò che qui si contrabbanda come una differenza qualitativa ha invece le forme della quantità: una cosa leggera ha un peso proprio come l'ha qualcosa di pesante, e un discorso del tutto simile potrebbe essere fatto per le proprietà positive da cui ci siamo lasciati attrarre nella nostra descrizione del carattere paradigmatico della materialità di una pietra. Del resto, che la solidità sia un tratto della materia è un pregiudizio da cui ci si deve liberare: anche la più eterea delle sostanze resiste al tentativo di alterarne la disposizione e Torricelli e Pascal hanno misurato il peso di ciò che sembra non aver peso. Quanto poi all'idea che l'acqua sia per così dire sospesa tra la materialità dei corpi e l'immaterialità dell'aria è una tesi che non sembra possibile prendere in considerazione, se non altro perché l'aria non ha più motivi di una pietra per fregiarsi del titolo dell'immaterialità.

Come reagire a queste considerazioni critiche? Semplicemente riconoscendo che in esse si manifesta l'esigenza, in sé legittima, di dimenticarsi dei giochi linguistici più elementari quando ci si dispone sul terreno di concetti più generali ed astratti. In altri termini: nessuno ci costringe a ricordarci delle regole elementari della materialità e di quell'intreccio di dinamiche che si manifesta con maggiore chiarezza negli usi immaginativi delle parole piuttosto che nello stesso linguaggio quotidiano. E tuttavia Wittgenstein, in un passo delle Ricerche filosofiche, osservava che il compito del filosofo consiste nel raccogliere ricordi per uno scopo determinato (op. cit., § 127), e da questo strano modo di circoscrivere la natura del lavoro filosofico vogliamo lasciarci guidare per venire meglio a capo dell'obiezione che abbiamo dianzi formulato. Certo, dei giochi linguistici elementari e delle loro regole peculiari possiamo dimenticarci ma non se facciamo filosofia - se cerchiamo cioè di tracciare una mappa dei concetti, che sappia rendere conto non soltanto dei loro movimenti e della loro interna storicità, ma anche della rete complessa dei loro intrecci. Così, riflettere sui giochi linguistici connessi al concetto di materia non può significare soltanto interrogare che cosa la fisica oggi ci dice per far luce su questa complessa nozione, ma vuol dire anche ritornare nel cuore della città vecchia - per riprendere un'immagine wittgensteiniana cui abbiamo più volte fatto riferimento.

Non è davvero possibile aprire ora, alla fine del corso, un nuovo fronte di problemi, volto a mostrare quale sia l'intreccio tra i giochi linguistici che si dispiegano sui diversi piani dell'edificio della nostra conoscenza. E tuttavia vorrei almeno suggerire la direzione nella quale le nostre considerazioni dovrebbero orientarsi. Potremmo allora rammentare che nelle sue Meditazioni Cartesio introduce il concetto astratto di res extensa invitandoci a prendere tra le mani un pezzo di cera - questa materia solida che può diventare liquida, esibendo così sul terreno intuitivo quel processo di astrazione della materia dalla cosa che è reso necessario dalla natura del nuovo gioco linguistico che si vuole giocare. Ma ciò che in Cartesio è forse soltanto un artificio espositivo ci appare come una mossa necessaria e ricca di senso nella riflessione di chi per primo ha saputo piegare il significato intuitivo di materialità al concetto astratto di materia - all'idea di una sostanza materiale che soggiace ai cambiamenti di forma e di stato. Questo pensiero appare, credo, nella mente di Talete, di questo primo filosofo che dà forma al concetto astratto di sostanza, senza per questo rescindere il nesso che lo lega all'intuizione concreta, all'immagine della liquidità dell'acqua. Il concetto astratto di materia nasce così dal pensiero intuitivo di una materia che è di fatto caratterizzata dal suo fare astrazione dalla cosa - che è, in altri termini, libera del vincolo che fa della materialità un predicato e che insieme la lega al contorno di un oggetto qualsiasi. La materia come sostrato delle forme ha dunque una sua origine intuitiva che sorregge i nostri primi passi sul terreno dell'astrazione e che sorge da un fantasticare coerente con la natura fenomenologica dell'acqua - questa materia informe che per la sua dimensione fenomenologica può aiutarci a pensare ciò che è in linea di principio al di qua della forma.

Ma del filo di pensieri che di qui si dipana dobbiamo accontentarci di porgere ora soltanto il bandolo.

 

 

 

 

 

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