Le parole della filosofia, III, 2000

Seminario di filosofia dell'immagine


Il "ruffiano" del quadro. Appunti per una storia della cornice

- Daniela Ferrari -

NOTE

  1. Cfr. F. Sabatelli, (a cura di), La cornice italiana dal Rinascimento al Neoclassico, Electa, Milano, 1992, p.10. Quando nel XIV secolo si afferma l'uso della cornice a tabernacolo, molti polittici furono smembrati e adattati al nuovo gusto compositivo. "Neri di Bicci descrive l'adattamento di un dipinto di un cliente che, volendo modificare la cornice con tre archi a punta in un'anconetta classica, si avvalse dell'intervento di Giuliano da Maiano, il quale, con i tagli e le aggiunte necessari, la ridusse a rettangolare".
  2. È il caso, ad esempio, dei Medici nel XVII secolo nella galleria a palazzo Pitti; dell'arciduca Leopold Wilhelm nella collezione ora all'Hofmuseum di Vienna; dei principi elettori del Palatinato per la collezione di Düsseldorf; dei principi sassoni nella galleria di Dresda. Ma questa consuetudine non riguarda, purtroppo solo l'incorniciatura delle opere. Jacob Burckardt, nel saggio Quadro e formato, scrive che, nel nome dell'armonia, "Ci voleva la più perfetta scelleratezza per arrivare a tagliare i quadri affinché nelle gallerie figurassero simmetrici ad altri; si ricordino i misfatti dello Stallburg di Vienna e gli scempi compiuti sul grande Tiziano al Vaticano! Il maestro sente la propria pittura come inscindibile dalla sua delimitazione e in stretta relazione con essa; la decisione sul formato spetta soltanto a lui, e per questo neppure al corniciaio dovrebbe esser concessa autorità alcuna di interferire sul quadro." (J. Burckhardt, Arte e storia. Lezioni 1844-1887, cit., p.411). Le parole di Burckhardt sulla questione della scelta della cornice da parte del pittore sono confermate dal carteggio tra Poussin con il suo collezionista Chantelou, nel quale l'artista si preoccupa di dare delle indicazioni sul colore, il formato e l'ornamentazione della cornice a proposito del quadro Israeliti intenti a raccogliere la manna nel deserto. Cfr. V. I. Stoichita, L'invenzione del quadro. Arte, artefici e artifici nella pittura europea, Il Saggiatore, Milano, 1998, p. 65-67.
  3. Mi chiedo se questa necessità dell'architetto di "re-inquadrare" i dipinti non si possa rapportare al suo particolare modo di vedere l'architettura come scenario, come spettacolo teatrale, architettura che fa da cornice e che è a sua volta fondale incorniciato da un'immaginaria serie di quinte. Cfr. G. Contessi, Architetti-pittori e pittori-architetti, da Giotto all'età contemporanea, Dedalo, Bari, 1985. Wilhelm von Bode, nel 1904, quando divenne direttore della Gemäldegalerie di Berlino, eliminò le cornici dette "Schinkel", da lui duramente criticate in quanto l'uniformazione a cui costringevano i quadri, non riteneva rendesse giustizia all'identità dell'opera. (Cfr. il suo saggio su Pan, del 1893: Le cornici nell'antichità e nell'epoca moderna).
  4. Oltre alla già citata ipotesi di commissione attestata dal Vasari, il Rumohr ritiene che l'opera fosse impiegata come stendardo processionale, ipotesi mossa dal fatto che si fosse utilizzato un supporto in tela invece della tavola di legno, più frequente nella produzione raffaellesca. Il Grimme e il Fischel, con altri studiosi, credono che fosse destinata a decorare il sepolcro di Giulio II. Infine, secondo la Putscher, la commissione originale fu la chiesa piacentina che era in costruzione contemporaneamente alla realizzazione del dipinto, il quale doveva rappresentare una finta finestra al centro dell'abside. Cfr. M. Prisco, P. De Vecchi, L'opera completa di Raffaello, Classici dell'arte Rizzoli, Milano, 1979.
  5. "Ma l'essenza dell'opera d'arte è quella di essere una totalità per se stessa, non bisognosa di alcuna relazione con l'esterno, e capace di tessere ciascuno dei suoi fili riportandolo al proprio centro. Dal momento che l'opera d'arte è ciò che altrimenti solo il mondo come intero o l'anima possono essere: una unità di singolarità - essa si isola, come un mondo per sé, da tutto ciò che le è esterno. Così i suoi confini significano qualcosa di completamente diverso da quelli che si designano come confini di una cosa naturale: in quest'ultimo caso essi non sono che il luogo di una costante esosmosi ed endosmosi con tutto ciò che sta al di là di essi; ma nel caso dell'opera d'arte essi costituiscono quella chiusura incondizionata che esercita in uno stesso atto l'indifferenza e la difesa verso l'esterno assieme alla concentrazione unificante verso l'interno". G. Simmel, La cornice del quadro. Un saggio estetico, in I percorsi delle forme, i testi e le teorie, a cura di Maddalena Mazzocut-Mis, Bruno Mondadori, Milano, 1997, p. 210.
  6. La cornice del Tondo Doni fu eseguita dallo scultore toscano Baccio da Montelupo e, si pensa, su disegno dello stesso Michelangelo.
  7. Nel 1355, a Venezia, una città dove l'intaglio di cornici avrà un importante sviluppo, nacque la prima corporazione di corniciai, chiamati "marangon de soaza".
  8. Dalla seconda metà del secolo si utilizzerà diffusamente anche per i dipinti oltre che per le sculture o gli affreschi.
  9. "Il predominio dell'architettura cristiana, bizantina e romanica sui formati è assoluto, con riguardi appena percettibili per le aspirazioni della scultura e della pittura; non solo prevale l'architettura, ma anche l'oggettivo sul formale, il "che cosa" sul "come"". J. Burckhardt, Arte e storia. Lezioni 1844-1887, cit., p. 409.
  10. Nella cornice "a cassetta" i quattro lati sono omogenei: gli elementi architettonici tendono ad essere meno imponenti, scompaiono le colonne, il frontone e la base diminuiscono di dimensione.
  11. Lo stile auricolare è caratterizzato dalla "trasformazione in chiave fantastica di elementi tratti dal mondo vegetale e animale fusi insieme ad altri che riachiamano alla mente le parti cartilaginee dei vertebrati". (F. Sabatelli, (a cura di), La cornice italiana dal Rinascimento al Neoclassico, cit., p. 67).
  12. Il pittore napoletano Salvator Rosa, come ricorda il Baldinucci, "era solito dire che l'ornamento era alle pitture un gran ruffiano". Ivi, p. 12.
  13. Per un'analisi approfondita sul tema delle aperture e del quadro raddoppiato cfr. V. I. Stoichita, L'invenzione del quadro. Arte artefici e artifici nella pittura europea, cit., in particolare il primo capitolo. Victor I. Stoichita analizza nel suo libro altri aspetti del rapporto "immagine - realtà - pittore - spettatore", soffermandosi in modo puntuale nell'analisi formale e compositiva delle opere. Purtroppo l'arco di tempo che prende in esame è ristretto: come spiega nella sua introduzione, va dal 1522 al 1675. Sarebbe interessante verificare se ognuna delle tematiche da lui considerate ha un riscontro anche nell'arte contemporanea.
  14. Il saggio Meditazioni sulla cornice è databile fra il 1916 e il 1934, raccolto in un opera dal titolo El Espectador (Lo spettatore) che raccogli scritti dai temi diversi.
  15. Penso alle cornici a edicola o a quelle architettoniche, che con il quadro mantengono un gioco di valorizzazione e di armonia visiva.
  16. L'opera matura di Melotti restituisce sensazioni di impalpabilità e leggerezza, trasmesse dall'uso di materiali quasi incorporei o inconsistenti: fili sottili, asticelle, reti, veli, cotonine...
  17. L. B. Alberti, Della Pittura, in Opere volgari, cit., p. 28. J. Ortega y Gasset aggiunge infatti: "Dunque, la cornice ha qualcosa della finestra, così come la finestra ha molto della cornice. Le tele dipinte sono buchi di idealità praticati nella muta realtà delle pareti: brecce di inverosimiglianza a cui ci affacciamo attraverso la finestra benefica della cornice. (J. Ortega y Gasset, Meditazioni sulla cornice, cit., p. 795).
  18. Simmel scrive di transito di energie e sostanze che scorrono.
  19. A quest'idea della non appartenenza al contesto museale dell'opera si può accodare un ulteriore atto ideologico che riguarda l'artista: l'abolizione della cornice ha assunto per un certo periodo il valore di presa di posizione contro un'idea borghese dell'arte. La produzione artistica di De Kooning valga come esempio per tutte.
  20. Vale la condizione che esso sia un luogo necessario, ma non sufficiente per provocare questo evento artistico.

 

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