Le parole della filosofia, II, 1999

Seminario di filosofia dell'immagine


Estetica psicologica e Jugendstil.

L'estetica dello spazio di Theodor Lipps e le linee dell'espressione

- Martina Mazzotta -

1. Introduzione.

In quegli anni straordinari che videro la città di Monaco emergere come capitale culturale tedesca e punto di riferimento fondamentale per intellettuali ed artisti di tutta Europa, il filosofo e psicologo Theodor Lipps (1851-1914) fu rappresentante fondamentale di quella "cultura dell'empatia" di ascendenza romantica che tanta risonanza ebbe nel pensiero estetico dell'epoca, nella letteratura, e nelle numerose sperimentazioni tentate dagli artisti delle avanguardie, alcuni dei quali furono attenti conoscitori del pensiero filosofico contemporaneo nonché autori di testi teorici di grande interesse.

Lipps fu uno "Eigendenker", uno di quei "pensatori autonomi" svincolati da qualsiasi appartenenza a scuole o direzioni di ricerca definite e definibili secondo le tendenze della filosofia tedesca dell'epoca. Non si espose mai fino in fondo prendendo posizione riguardo alle "lotte" tra neokantiani, positivisti e fenomenologi, una delle ragioni per le quali durante il corso del nostro secolo, e fino a pochi anni fa, è caduto il silenzio su questo originale pensatore, troppo psicologo per i filosofi e troppo filosofo per gli psicologi. Egli si occupò principalmente di logica, etica ed estetica; il suo nome resta inscindibilmente legato ad uno dei concetti fondamentali per il suo sistema di pensiero, complesso e non privo di contraddizioni, quello della "Einfühlung".

Le lezioni che Lipps tenne all'università di Monaco (nella quale aveva fondato nel 1895 il "Psychologischer Verein") furono per i contemporanei forse ancora più importanti dei suoi scritti. Ebbe numerosi allievi illustri, tra cui i rappresentanti della prima fenomenologia monacense. A differenza di accademici molto influenti come per esempio von Hertling, cattolico e rappresentante di spicco del conservatorismo bavarese, Lipps, protestante, svolse anche una serie di attività sociali e lottò contro il controllo della Chiesa sulle scuole. I suoi testi di etica riscossero grande successo anche a livello popolare. Egli intrattenne un rapporto di amicizia e stima con Husserl, il cui pensiero iniziò ad essere recepito ed elaborato dai filosofi monacensi proprio negli anni in cui una grave malattia impediva a Lipps di proseguire nell'elaborazione del proprio pensiero portandolo alla morte, avvenuta a Monaco nel 1914.

2. L'estetica dello spazio di Lipps e le linee dell'espressione.

Dei numerosi ambiti nei quali Lipps ha sviluppato il proprio pensiero, quello dell'estetica, ed in particolare dell'estetica dello spazio, offre non solo una delle vie d'accesso più interessanti alla complessità del suo sistema filosofico, ma si rivela anche ricco di temi e problemi legati ad una fenomenologia dell'immagine. L'unico testo dedicato interamente a questi problemi uscì nel 1896: si tratta di Raumästhetik und geometrisch-optische Täuschungen. Nello stesso anno alcuni dei principali rappresentanti dello Jugendstil esponevano per la prima volta al pubblico di Monaco le loro opere, fino ad allora apparse solamente nelle pubblicazioni d'epoca e nelle illustrazioni della rivista "Jugend", da cui il movimento traeva il suo nome.

L'altro testo di Lipps in cui compaiono ampi capitoli dedicati al problema dello spazio nell'arte, alla sua raffigurazione e percezione, è la monumentale Ästhetik. Psychologie des Schönen und der Kunst, uscita in due volumi, di cui il primo, Grundlegung der Ästhetik, nel 1903, e il secondo, Die ästhetische Betrachtung und die bildende Kunst, nel 1906.

Se nel testo del '96 l'attenzione è in prevalenza rivolta alle forme semplici dell'intuizione spaziale, alle forme dell'architettura e delle illusioni ottico-geometriche, nell'Estetica viene dedicato largo spazio al caso più semplice di forma geometrica, alla protagonista delle teorizzazioni e delle realizzazioni artistiche che hanno rivoluzionato, anche ispirate dalla cultura visuale dell'estremo oriente, l'arte all'inizio del nostro secolo: la linea.

L'estetica è per Lipps scienza del bello ed implicitamente del brutto, disciplina della psicologia applicata in quanto volta ad indagare "la facoltà di un oggetto di esercitare su di me un certo effetto" (T. Lipps, Ästhetik. Psychologie des Schönen und der Kunst (Estetica. Psicologia del bello e dell'arte), parte I: Grundlegung der Ästhetik (Fondamenti di estetica), Amburgo/Lipsia 1903, p.1). Ai concetti di bello ed estetico l'autore collega anche quello di piacere inteso come godimento di se stessi trasposto in un oggetto sensoriale.

Il vero e proprio "compimento" della sensazione, della percezione, dell'immaginazione, è dato dalla legge del sentimento di piacere o dispiacere, l'appercezione: "Questo notare, comprendere, osservare, questo intimo cogliere coniugato allo specifico realizzarsi di un processo o di un'esperienza nella vita psichica si chiama appercezione [...] Il piacere si manifesta nella misura in cui un processo psichico trova nell'animo condizioni favorevoli per la sua appercezione, o nella misura in cui concorda con le condizioni per l'appercezione dettate dall'animo"( T. Lipps, Ästhetik, op. cit., II, p.11). Il sentimento che ne scaturisce viene determinato da ciò che l'osservatore trova e legge in forme e colori dell'oggetto estetico, cui è immanente un vita. Nella contemplazione estetica emerge l'io ideale dell'osservatore che in questo immediato atto vissuto si abbandona al sentimento di se stesso trasposto nell'oggetto estetico. L'oggetto dell'immedesimazione esprime a sua volta qualcosa: attraverso il termine "liegen" (trovarsi, esserci), Lipps arriva infatti a sostenere che anche nell'oggetto "si trova" qualcosa per me, ovvero "un oggetto sensibile diverso da me "esprime" qualcosa di interiore o di emotivo. In questo senso, per esempio, un gesto può esprimere per me sofferenza" (Ästhetik, op. cit., p.1).

Negli scritti dedicati allo spazio, l'autore affronta una serie di questioni molto delimitate che permettono di vedere in che modo determinati fenomeni della teoria geometrica e della nostra esperienza estetica dello spazio possano venir ricondotti all'intuizione, all'evidenza immediata, prescindendo totalmente dal confluire in essa di istanze culturalmente determinate.

Anche le forme geometriche, afferma Lipps, nel loro distaccarsi dalle cose, restano portatrici (Träger) di vita. "Nella natura non troviamo soltanto connessioni causali tra questo o quel gruppo di cose, ma vi scopriamo anche legalità generali dell'accadere nello spazio. Queste, però, in quanto leggi generalissime, non hanno forme di cose concretamente date, loro specifiche portatrici, ma sono legate a forme "astratte". [...] Così si realizza la legge di caduta dei gravi nella linea retta pura, la legge del movimento d'onda nella linea geometrica ondulata pura, etc."(T. Lipps, Ästhetik, op. cit., p. 225). Questo fa sì che tali forme "astratte" appaiano piene di vita. Allo stesso tempo, anche questa vita è essa stessa un che di generale ed astratto, in quanto agire complessivo delle forze naturali meccaniche.

E' in questi termini che Lipps, assumendo ad oggetto di analisi fenomeni particolari, ma significativi ed essenziali, ottiene, all'interno della ampia ed analitica articolazione del primo volume, il passaggio all'estetica delle forme geometriche. Si tratta di quelle forme astratte nelle quali una legalità di natura generale si manifesta come intuizione pura, come evidenza immediata. Esse sono "libere" (freigeschaffene) forme, in quanto appaiono esteticamente significative indipendentemente dal loro trovarsi in cose di natura. "Possiedono il loro valore positivo o negativo di per sé, in quanto queste forme qui determinate" (Ibidem). Da dove allora il loro significato estetico? Perché le belle forme geometriche sono belle? Ripercorriamo in maniera schematica una serie di riflessioni compiute dall'autore intorno alle linee. 

L'attività spaziale che trovo nella linea implica i due momenti dell'attività e del movimento. Nel caso della verticalità, la linea è espressione della "Fallgesetz", la legge di caduta dei gravi, che determina la vita dei fenomeni naturali fornendo lo schema attraverso il quale possiamo percepire il mondo sensibile, anche se poi è opportuno osservare che ogni linea verticale è qualitativamente diversa dall'altra, poiché ci sembra cadere, innalzarsi o rimanere sospesa senza una direzione particolare a seconda del percorso percettivo che seguiamo. La linea orizzontale sarà invece espressione di una sostanziale indifferenza rispetto al peso. Ma ciò non significa che essa sia priva di un'interna dinamicità: la linea retta orizzontale, per esempio, si allunga, si espande e si dilata da A verso B, da B verso A, oppure dal centro ai due estremi. Essa fa l'una o l'altra cosa a seconda della mia osservazione: noi prescriviamo alla linea dei movimenti e le attribuiamo una attività dinamica, anche se essa si trova visibilmente in piena quiete. In ciascuno dei tre casi, cioè, la linea possiede una essenza interna differente, "come l'uguaglianza di due parole scompare completamente dietro la differenza del loro significato" (Ästhetik, op. cit., p. 227). A partire dalle forze primarie, incarnate nella verticale e nella orizzontale, Lipps propone poi una casistica delle possibili linee curve e spiraliformi.

Esempi di forme circolari in Lipps

La linea è così oggetto di un'interpretazione meccanica. La legalità meccanica unitaria è il fattore determinante che fonda la bellezza della linea, anche se viene a mancare la regolarità geometrica. Lipps riporta un semplice esperimento a conferma di quanto appena affermato. Prendiamo una linea ondulata piacevole, le cui curvature concave siano simmetriche a quelle convesse. Se aumentiamo la regolarità geometrica di questi elementi, dando ad ogni curvatura la forma di un semicerchio, il risultato sarà una linea esteticamente impossibile. Il movimento di ogni semicerchio tende infatti a completarsi in una linea-cerchio; nella linea ondulata, invece, vediamo un movimento rettilineo progressivo collegato ad un oscillare elastico in direzione a ciò obliqua.

La soddisfazione estetica legata alla legalità meccanica sorge dalla contemplazione immediata: la legge, pur non essendo oggetto della mia coscienza, "è un mio possedimento spirituale stabile. Non ho della legge alcuna conoscenza intellettuale, ma ce l'ho nel sentimento" (Ästhetik, op. cit., p. 232). Ne è prova, continua Lipps, l'esperienza quotidiana, l'impressione immediata che riceviamo, per esempio, dai movimenti dell'uomo, che riconosciamo subito come naturali o meno: "Alla fine, però, portiamo a compimento tali giudizi soprattutto di fronte alle forme geometriche. In ciò ci guida il sentimento meccanico, non sempre in maniera sicura, ma nel complesso sorprendentemente certa" (Ibidem).

Ora, che cosa tuttavia contraddistingue la linea ondulata in quanto tale? La caratteristica comunanza di tutte le linee ondulate, afferma Lipps, è data dalla legge della loro formazione, - dalla legge meccanica del movimento ondulatorio.

La natura di ogni forma viene ricondotta alle dinamiche della sua formazione, alla dimensione della sua genesi. E nel caso della linea come espressione di una legalità meccanica unitaria questo ci riconduce alla prassi corporea e percettiva della sua apprensione. La linea diviene così il simbolo immediato delle dinamiche psichiche e motorie del soggetto.

Come ciò accada è presto detto. La percezione della linea rimanda all'appercezione come facoltà di segregazione del campo percettivo. L'apprensione degli oggetti spaziali (e quindi anche delle linee) implica infatti un processo di separazione dallo sfondo. La linea non ci appare immediatamente, ma "è nascosta nel suo sfondo, si dà soltanto nel tutto. Per percepirla come linea devo isolarla dal contesto e renderla autonoma [...] attraverso una appercezione successiva" (Ästhetik, op. cit., p. 236) - una percezione che mette in gioco il rapporto tra figura e sfondo e che dà all'oggetto percepito la vita che in esso è implicita: "Nella 'appercezione successiva' la linea emerge come questo oggetto particolare. [...] Questo movimento non è rappresentato, ma vissuto immediatamente. È prima di tutto movimento mio, mia attività interiore; è mio agire. Ma appunto questo agire è allo stesso tempo cosa della linea [...]" (Ibidem). Di qui si può muovere per venire a capo della linea nella sua astrattezza: con essa non entriamo in una relazione di scambio reale, né stabiliamo connessioni causali, ma la comprendiamo in virtù di un'immediata proiezione corporea: "Osservo la linea verticale. Mi sento costretto a seguire la linea con gli occhi, poi con la testa e con il corpo. Io sento nell'osservazione della linea nel suo esserci e nella sua forma una tendenza a direzionarsi" (Ästhetik, op. cit., p. 239). Cioè: io empatizzo questo mio agire nella linea. È questa Einfühlung a determinare l'essenza specifica della direzione verticale e di quella orizzontale. L'indagine lippsiana intorno allo spazio mette in gioco la dimensione dell'agire, della corporeità e tutti i suoi organi, che vivono nelle cose e negli eventi del mondo e ne fanno esperienza.

Scrive Lipps: "Lo sbocco e quindi anche la direzione del coglimento successivo [...] mi viene prescritta attraverso la mia attività di afferramento o attraverso la linea, ossia attraverso la sua relazione con altre linee. [...] L'Einfühlung conforme all'esperienza crea le molteplici forze, il loro scambio, quello del peso e della forza che ad esso si oppone e lo supera [...]" (Ästhetik, op. cit., pp. 244-46). Nelle forme si realizza uno scambio tra attività e passività, aspetti della libertà interna della forma che la fa apparire bella. Il concetto di libertà è considerato dal filosofo il più importante per l'estetica dello spazio. A questo proposito l'autore afferma: "Così come avviene per me, anche la forma spaziale è libera quando quanto vi è in essa si esprime senza impedimenti [ungehemmt]. [...] La libertà di un individuo (viene) empatizzata nella forma-individuo che io chiamo "me stesso" [...]. Io sono solo questo io ideale, questo io contemplante. Come tale mi sento nella forma libero, ed esplico la mia vitalità in essa liberamente. La bellezza delle forme consiste in questo mio "ideale" libero godere a fondo la vita [Sichausleben] in esse. Quando nella contemplazione o nella forma mi sento invece interiormente vincolato, sottoposto a costrizione, la forma è brutta. [...] Qui si completa il senso dell'Einfühlung nella forma geometrica" (Ästhetik, op. cit., pp. 247-48).

La linea rappresenta la condizione di possibilità per la costituzione di altri tipi di oggetti spaziali, per il passaggio alla seconda e poi alla terza dimensione, nelle quali si viene a complicare l'accadere meccanico. Nell'introdurre il tema della superficie, Lipps abbandona il piano delle configurazioni lineari nello spazio per dedicarsi alle forme dell'architettura e dell'arte vascolare.

"La superficie nasce, si dispiega, si sviluppa radialmente a partire da un punto, dunque in infinite direzioni [...] oppure si forma a partire da una linea mossa in una singola direzione [...]. Il corpo, infine, nasce, si dispiega e si sviluppa di nuovo a partire da un punto, ma in tutte le possibili direzioni di partenza [...]. Così la sfera può essere pensata come sviluppo in senso radiale, oppure nasce da un'asse rettilinea, o infine da una superficie [...]" (T. Lipps, Ästhetik, op. cit. (vd. nota 2), p.253). Lo spazio interno di un duomo, per fare un esempio, si costituisce nella mia percezione come la linea. Sorge cioè da un punto dal quale io lo osservo naturalmente in conformità alla sua struttura. Esso si espande a seconda delle diverse direzioni in ogni istante dal nuovo. Lo spazio consiste in ciò, nel gioco di scambio ed equilibrio delle forze, così come l'individuo umano fa nel gioco mutevole dell'agire verso di fuori e del raccogliersi in se stesso.

La parte più piccola della configurazione geometrica (anch'essa un individuo astratto), dice Lipps, racchiude tutto in sé; data una sua parte, la linea segue con necessità. Ma proprio a questo punto l'autore sposta la sua riflessione su un piano nuovo. Lipps fa infatti riferimento alla possibilità che un linea ha di "formarsi puramente da sé; ma nel medium dello spazio" (Ästhetik, op. cit., p. 253). Si tratterebbe di linee ininterrotte nelle quali non agiscano fin dall'inizio forze date una volta per tutte, bensì intervengano "forze ed attività nuove nel suo andamento, [...] successivamente, dal niente [...] a poco a poco il loro effetto fa ingresso nell'esserci [...] un tipo di movimento slitta in un altro in maniera continua, senza costrizione. [...] Anche tali linee sono per noi esteticamente comprensibili o lo possono essere; comprensibili non più da un punto di vista puramente meccanico, ma umano, e quindi portatrici di giovamento. Non ho bisogno di dire - continua Lipps - quale linea ho qui in mente. È la linea dell'arte lineare specificatamente 'moderna'" (Ästhetik, op. cit., pp. 256-57).

Quali sono queste linee nuove, moderne cui Lipps allude?

Ora, prima di rispondere a questa domanda, è importante rammentare che due sono i rimproveri che i lettori hanno spesso rivolto al filosofo: da una parte egli non presenterebbe nei suoi scritti di estetica un rigore ed una precisione terminologica soddisfacenti; dall'altra, pur essendo egli stesso attento conoscitore dei testi cui deve la sua formazione ed alla produzione filosofica ed artistica a lui contemporanea, non farebbe quasi mai riferimento esplicito ad alcuno, rinunciando spesso all'uso di citazioni od esempi. (L'unico artista tedesco cui Lipps dedica alcune pagine riferendosi anche ai suoi testi teorici è Max Klinger). Prescindendo qui da ulteriori valutazioni stilistico-teoriche, non deve dunque stupire se Lipps compia il passaggio ad uno dei temi più rilevanti della sua estetica dello spazio senza nominare esplicitamente quel movimento artistico-culturale sviluppatosi in numerosi paesi europei che a Monaco aveva assunto il nome di Jugendstil. Leggiamo ancora ciò che egli scrive:

"Le 'linee moderne' servono a farci penetrare immediatamente la connessione tra la linea geometrica e le legalità generali dell'accadere in natura. [...] Quelle linee significano dunque un avvicinamento alla libertà d'arbitrio degli oggetti di natura, al loro gioco che non segue alcuna regola nel singolo. Tali linee portano nel loro gioco la libertà delle forme di natura: non queste forme nel tutto o nella loro formazione concreta, così come in esse ci imbattiamo nella natura, ma caratteristiche generali del movimento in queste forme, generali abitudini di formazione che in esse si verificano, un gioco di forme più o meno astratto" (Ästhetik, op. cit., pp. 259-60).

Così Lipps contrappone al modello "antico" - la forma geometrica regolata dalle leggi della meccanica - le nuove logiche ed i nuovi significati messi in moto da quest'arte "moderna" Riferimento di tale arte diventa la natura con le sue forze che non sono più controllabili attraverso la meccanica, bensì affidate al Zufall o gioco della natura, all'arbitrio della casualità.

È in questo contesto che ci si imbatte nel concetto di stilizzazione. Ora, "stilizzare" non significa, per Lipps, applicare agli oggetti di natura le leggi della regolarità geometrica e della simmetria. Stilizzare non significa aggiungere, né tralasciare, bensì "herauslösen", sciogliere, liberare. Non negazione dunque, ma riconoscimento artistico. In senso più generale, per dirla con le parole di Lipps, "è quell'allontanamento dalla semplice riproduzione di ciò che si trova in natura in vista di uno scopo artistico" (Ästhetik, op. cit., p. 261). Anche la linea retta, allora, è natura stilizzata, è "l'autonoma visualizzazione di una legge che si trova realizzata dappertutto in natura - nell'alzarsi dell'uomo, nella crescita degli alberi, nella caduta di una pietra o di una foglia - [...] come legge generalissima di base" (Ästhetik, op. cit., p. 263). "Hinauslesen" significa quindi anche "hineinlesen": questa "visualizzazione dell'essenziale" negli oggetti di natura che si oppone alla mera copia degli stessi può procedere, afferma l'autore, secondo direzioni diverse e può toccare la forma ed il colore degli oggetti. Così, anche se non esistono immagini prototipiche e se per ogni oggetto sono possibili più forme, più scelte espressive, resta fermo, però, che per trarre le leggi di formazione più generali, devo "già averle in mio possesso spirituale: devono essere già astratte da me dall'osservazione di forme differenti ed avvenimenti della natura, dalle esperienze delle cose e del mio corpo proprio" (Ästhetik, op. cit., p. 264). Lipps propone l'esempio efficace dell'omino costituito da poche linee e punti disegnato col gessetto da un bimbo sulla lavagna. In questo caso il bambino seguirebbe la regola fenomenologica della forma chiusa avvalendosi di uno schema sensibile che rappresenta la cosa nella sua modalità più tipica e semplice. Siamo in un livello che Lipps definisce "temporalmente primo" e che deve rendere conto di fatti di natura percettiva. Da qui il filosofo passa alla considerazione di uno sviluppo storico delle forme secondo due opposte direzioni: "Così deve essere pensato l'andamento dello sviluppo nel tutto. [...] Raggiunto un certo limite, nel singolo il progresso può verificarsi dalla legge astratta alle molteplici configurazioni individuali della natura, e da questa a quella. [...] Un gioco di linee è in primo luogo forse nient'altro che un gioco di linee; poi le ramificazioni diventano ramificazioni di piante; [...] la fine di una linea diventa la testa di un animale o di un uomo, o un fiore [...], da cerchi delle rose ecc. Un'altra volta la forma che raffigurava più o meno compiutamente la natura viene trasformata in maniera successiva in forme geometriche astratte" (Ästhetik, op. cit., pp. 264-65).

Ed è precisamente in questo gioco tra forma naturale e forma astratta che la linea moderna svela la sua determinatezza artistica e la sua più circostanziata storicità.

3. Estetica psicologica e Jugendstil.

Lo Jugendstil di Monaco fu una manifestazione particolare di quel più ampio movimento europeo di secessione dall'arte tradizionale e delle accademie che in Francia assunse il nome di "Art Nouveau", in Inghilterra di "Modern Style", in Italia di "Liberty".

I giovani artisti dello Jugendstil erano animati dal desiderio di rompere con gli storicismi, con la rappresentazione mimetica e con il lusso maniacale che imperavano nella cultura tedesca, così da promuovere un nuovo inizio culturale per il nuovo secolo. Le arti venivano da essi concepite come un universo omogeneo; l'opera d'arte totale doveva abbracciare tutti gli ambiti ed essere in grado di coinvolgere ogni dimensione del vivere e del sentire.

Rispetto alla rivista da cui avevano tratto il loro nome, il maggior contributo di questi artisti consisteva nella decorazione applicata all'artigianato artistico ed all'architettura, che significò "una promozione dell'ornamento fitomorfico dei titoli dell'arredamento passando per le arti decorative" ( J. Hermand, Jugendstil. Ein Forschungsbericht (Resoconto di una ricerca). 1918-1964, Stoccarda 1965, p. 14).

Lo Jugendstil fu anche uno stile di vita: ogni particolare - dalla struttura degli spazi agli abiti indossati - doveva essere realizzato in stile. Protagonista assoluto di tutte le creazioni era l'ornamento, attraverso il quale le singole componenti dell'oggetto artistico potevano venire unificate e fondersi con esso in un'unica entità. Lo scopo era quello di risvegliare nell'osservatore - ovvero nel fruitore di quegli oggetti e abitatore di quegli interni- stati d'animo, sensazioni ed associazioni la cui intensità fosse direttamente proporzionale al grado di astrazione dell'ornamento.

Il movimento ebbe a Monaco vita breve: già nei primi anni del secolo quasi tutti gli artisti furono costretti ad emigrare in altre capitali europee nelle quali fosse loro possibile svolgere attività didattiche che assicurassero delle entrate, nonché ottenere maggiori riconoscimenti alla loro creatività artistica.

Alcuni storici dell'arte hanno preso in considerazione una delle possibili strade imboccate dallo Jugendstil: quella che porta alla dissoluzione dell'oggetto. Dietro a questa tendenza, dietro alla linea decorativa, confluiscono infatti le istanze dell'ampio dibattito svoltosi in quell'area culturale intorno al naturalismo ed all'estetica psicologica. Tutto ciò ci permette di considerare accanto alle creazioni artistiche dei protagonisti del movimento alcuni testi teorici e dichiarazioni programmatiche degli stessi di estremo interesse ai fini di una filosofia dell'immagine.

Hermann Obrist ed August Endell, i due maggiori teorici dello Jugendstil di Monaco, furono da questo punto di vista le figure più significative. In che misura il pensiero estetico di Lipps era confluito nelle formulazioni del nuovo linguaggio visivo di questi artisti?

Se di Obrist, maestro e promotore del movimento, possiamo soltanto ipotizzare che si fosse effettivamente confrontato con questa estetica, di Endell, che era giunto a Monaco in seguito alla decisione di allontanarsi dai filosofi legati all'insegnamento tradizionale per dedicarsi alla psicologia moderna, possiamo leggere alcune lettere in cui l'artista esprime la sua stima e ed il suo timore nei confronti del professore di filosofia con il quale stava scrivendo una tesi di dottorato, Theodor Lipps. Tesi che non portò mai a termine a causa della scoperta, proprio nel periodo dei suoi studi filosofici, della propria vocazione artistica.

I due artisti assunsero due atteggiamenti differenti riguardo all'utilizzo della linea astratta nel sistema decorativo. Si dovevano far assurgere forme astratte direttamente dall'osservazione della natura oppure da forze e leggi dinamiche ad essa sottese, attraverso libere creazioni di fantasia dell'artista?

Obrist, biologo e naturalista, invitava gi artisti a confrontarsi con la natura, ad osservare "i segreti architettonici del mondo microscopico" (Recensione della conferenza di Hermann Obrist, Ist eine Bereicherung der bildenden Kunst durch die Naturwissenschaften möglich ? (È possibile un arricchimento delle arti figurative attraverso le scienze della natura ?), Die Zeit, 6, marzo 1903). Pur partendo dal motivo naturale, egli approdò a forme astratte della decorazione. Non si trattava, nel caso di Obrist, né della resa naturalistica delle cose, né della trasformazione di determinate leggi in stilizzazioni ornamentali. Struttura e dinamiche della natura dovevano essere assimilate e memorizzate attraverso un processo che permettesse all'artista di concentrarsi solo sull'essenza delle cose, sull'armonia delle forme in piena libertà e la loro capacità di espressione spontanea.

Le forme della decorazione, secondo questa impostazione, vivono quindi in primo luogo nell'anima dell'artista e ne diventano simbolo dello spirito creativo. L'esperienza dell'artista lo porta a sprofondare nell'essere, nella struttura e nel ritmo della natura, ad immedesimarsi empaticamente con essa. L'opera d'arte è l'espressione di questa intensificazione del rapporto del soggetto con la realtà esterna attraverso il coinvolgimento della dimensione più profonda della propria interiorità, del proprio io.

Già Lipps, a proposito dell'umanizzazione, aveva scritto: "Procedendo gradualmente dall'aspetto esteriore dell'uomo attraverso il mondo animale e vegetale, arriviamo fino al mondo inorganico. [...] La natura è viva dappertutto in noi. Ovunque [...] vediamo attività, passività, un aspirare, fare, subire" (T. Lipps, Ästhetik, op. cit., pp. 162-63 e 192), compiendo così un passaggio alla dimensione dell'astrazione dalla natura che ben si presta ad una applicazione alle creazioni ornamentali di Obrist. Così l'artista in una didascalia relativa ad un'opera: "Forze interiori ed esteriori / che rendono possibile il movimento / e le emozioni che lo hanno suscitato. Forze attive ma subite passivamente: vento, acqua, forza di gravità, peso, pressione, fiamme, nuvole" (Hermann Obrist).

Tanto Lipps quanto Obrist pongono sullo stesso piano le forze sprigionate dall'artista nel creare e quelle del fruitore nel godere dell'opera, venendo così a definire il godimento estetico come atto ricreativo.

Come Lipps, poi, anche Obrist prende in considerazione il piano dell'osservazione riflessiva e non solo ottica di fronte alle immagini organizzate:

"Accanto alla gioia per la bellezza si ha in compenso anche la gioia del capire la forma, sulla base di un metodo di osservazione naturalistico" (Obrist, Die Lehr- und Versuchsateliers für angewandte und freie Kunst, "Dekorative Kunst", 7, 1903/4, p. 229).

H. Obrist, Conchiglia fantastica, 1895 c.a

H. Obrist, Pianta ardente, 1895 c.

Entrambi valorizzano la linea come mezzo autonomo di espressione: Lipps dedica attenzione alla linea spiraliforme, che analizza in più passi minuziosamente; per Obrist, la forma della spirale è l'espressione più consona al principio dinamico della vita e insieme veicolo di significato. In un disegno come "Conchiglia fantastica", partendo dall'osservazione diretta di un evento, l'artista riporta nell'immagine astratta la sua condizione psichica.

L'arte, per Obrist come per il nostro filosofo, è pensata come "intensificazione della vita", (l'architettura come "piacere dello spazio").

In un altro studio visionario, dal titolo "Pianta ardente", i rami in fiamme della pianta fantastica, mossi dal vento, creano una spirale intorno allo stelo.

Con tale immagine, espressione astratta e potenziata delle forze della natura, l'artista intende influire sulla coscienza dello spettatore e sensibilizzarlo perché proceda oltre l'apparenza esteriore del mondo naturale.

Il motivo della spirale combinata con una spinta verticale che la distende viene elevato a soggetto anche nel più noto "Progetto per un monumento", in cui, attraverso un canone formale ed al di là della riflessione estetica, la compresenza di uomo e natura (il genio sulla cima della roccia frastagliata) mira al superamento del senso di straniamento dell'uomo.

.H. Obrist, Progetto per un monumento, 1898/1900

Risalire all'essenza ed all'origine delle creazioni decorative astratte di August Endell è molto più difficile, ma forse ancora più interessante ai fini del nostro discorso.

Tra la sua attività scientifica e la produzione artistica non si riscontra la coerenza di Obrist: da una parte Endell considerava i modelli della natura come guida per la propria attività ornamentale, dall'altra dichiarava di volersi concentrare su di un'arte delle forme in cui determinante fosse l'effetto suscitato sullo spettatore - "un'arte - scriveva - fatta di forme che non significano, non rappresentano né ricordano nulla, ma che colpiscono in modo così profondo ed intenso la nostra anima come solo la musica con i suoi toni sa fare" (August Endell, Formenschönheit und dekorative Kunst. 1. Die Freude an der Form. (La bellezza delle forme e l'arte decorativa. La gioia data dalla forma), "Dekorative Kunst", 1, 1898, p. 75). Theodor Lipps paragonava l'anima ad un "sistema di corde musicali" che viene stimolato quando il suono giunge all'orecchio, ed è difficile non rammentare qui le considerazioni di Kandinsky che parlava di un suono "puro" che "colpisce direttamente l'anima. [...] L'anima prova un'emozione senza oggetto [...]." (Wassily Kandinsky, Lo spirituale nell'arte, Milano 1989, p. 33).

Endell cercò di sostenere addirittura che l'oggetto acquisisce una forma solo dalle immagini percettive dell'anima, pur non arrivando alla forma astratta pura nelle sue creazioni.

Nella rivista d'avanguardia "Dekorative Kunst" di Meier Graefe, Endell pubblicò una tavola delle corrispondenze sentimentali delle linee rette, classificate secondo la velocità con la quale vengono percepite [Tempo] ed il grado di fatica percettiva da esse richiesto [Anstrengung]. Quest'ultima aumenterebbe nei movimenti dello sguardo in senso ascendente, dovendo combattere contro la lippsiana "Fallgesetz". Endell giunse alla formalizzazione matematica dei contenuti sentimentali, cosa che il maestro Lipps evitò accuratamente.

A. Endell, Facciata dell'atelier Elvira, Monaco 1896/97

Tuttavia le sue creazioni appaiono, nel panorama Jugendstil, davvero originali ed immediatamente riconoscibili. Prime fra tutte le straordinarie decorazioni dell'atelier fotografico Elvira, una specie di manifesto dello Jugendstil monacense, distrutto nel '33 per opera di Hitler. Il decoro della facciata, come quelli della cancellata e degli interni dell'atelier, disattende la sua funzione, e riduce l'edificio a superficie, a mero supporto dei rilievi. Anche in questo caso Endell non potè trascurare le strutture suggerite dalla natura (parlò di flora e fauna acquatica, grande drago con motivi giapponesi a onde, ecc.), quasi a voler ricercare riguardo alle forme dell'opera definizioni chiare per se stesso e l'eventuale fruitore.

A. Endell, Cancello di ingresso dell'atelie

Ingresso dell'atelier

Anche Lipps considerò il semplice ornamento geometrico come un'opera d'arte dello spazio astratto, "tanto quanto la costruzione architettonica più sublime" (T. Lipps, Raumästhetik und geometrisch-optische Täuschungen (Estetica dello spazio e illusioni ottico-geometriche), Lipsia 1897, p. 17), solo senza una massa coglibile. Definì invece il materiale come un "attore" che cambia sempre, utilizzando l'espressione di Max Klinger secondo la quale ogni materiale ha il suo proprio spirito e la sua propria poesia, ed applicandola anche alla tecnica. Materiale e tecnica, qualità sensibili dell'oggetto, vengono quindi ad influire sul contenuto di quest'ultimo.

Gli artsti dello Jugendstil utilizzarono e combinarono insieme i diversi materiali delle nuove tecnologie (nuove leghe, vetro, ferro, etc.) che permettevano loro di realizzare forme "nuove". Ogni oggetto riprodotto con tecniche o materiali diversi si trasformava così in una nuova opera d'arte.

Le fondamenta teoriche di Obrist ed Endell, ancora più che le loro opere figurative, furono recepite dagli artisti del Cavaliere Azzurro. L'ipotesi che lo Jugendstil sia stato il precursore dell'arte astratta riporta gli studiosi a rivalutare questo fenomeno, le arti applicate e la decorazione, su cui le pagine di Lipps ci invitano per altro verso a soffermarci.

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Martina Mazzotta

giugno 1999

Le parole della filosofia, II, 1999

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