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Platone,
che ha in mano un libro il cui titolo, ben visibile, è quello di
un suo famoso dialogo, il Timeo; Aristotele, che del pari regge
un volume con il titolo di una delle sue tre celebri opere di filosofia
morale, Etica.
Ognuno guarda verso l'altro, e questo è
l'unico dialogo dell'intero dipinto in cui i due interlocutori parlano
e si guardano esclusivamente l'un l'altro. Mentre il più giovane
è fermo, il più vecchio è in procinto di fare un
passo che inizia appena dietro il punto in cui si trova il primo e che
lo porterà quasi impercettibilmente di fronte a lui; inoltre, il
più vecchio sta indicando verso l'alto con un dito la cui posizione
verticale è ripresa dal suo libro, viceversa il giovane distende
la mano in avanti, oltre il piano dell'immagine, nella nostra direzione,
con un'angolazione che ricalca quella del suo testo.
Di conseguenza il Platone di Raffaello solleva in alto un unico
dito per indicare la sede del suo Dio, mentre le cinque dita aperte di
Aristotele rappresentano il numero di elementi da lui ammessi. Ma i titoli
dei due libri che questi filosofi sorreggono, così come il contesto
pittorico nel suo insieme, traspongono su un piano più generale
questo unico disaccordo dottrinale in una molto più fondamentale
complementarità.
Glenn W. Most, Leggere Raffaello. La Scuola di Atene
e il suo pre-testo, pp. 95, Einaudi, 2001.
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