Cristina De Vecchi

LA RAPPRESENTAZIONE DEL PAESAGGIO
Funzione documentaria e riproducibilità tecnica
 
     
 
 
IV


Il documento visivo

 
     
   
 
 
§
Documento, informazione, multimedialità  
 
Raymond Depardon
Campo di concentramento,
Auschwitz,
1979
   


 
 


Tra Ottocento e Novecento il concetto di documento si arricchisce e si amplia di contenuto: «documenti o incisi o scritti»; «dove alla storia mancano i documenti scritti deve scrutare le favole i miti i sogni della fantasia ... impronta della vita dell'uomo ...»[101] fino a raggiungere la nozione attuale multimediale di documento «il termine documento va preso nel senso più ampio, documento scritto, illustrato, trasmesso mediante il suono, l'immagine o qualunque altro modo».[102] Nella sua accezione moderna, infatti, il documento considera ogni oggetto solo come un possibile «supporto di informazioni».

L'attenzione puntata sull'informazione e il supporto si fa trasparente. E' così raggiunto il massimo grado di astrazione, tappa obbligata verso la cosiddetta «esplosione documentaria», verificatasi a partire dagli anni Sessanta. Ma la rivoluzione documentaria è debitrice di una rivoluzione tecnologica, quella del calcolatore elettronico.

La rivoluzione documentaria promuove una nuova unità di informazione: al posto del fatto, che conduce all'avvenimento, essa privilegia il dato che conduce alla serie. Cade l'interesse per il documento individuale, in quanto tale, e con esso muta l'idea di collezione: nel nuovo contesto l'originale non vale più della copia e, talvolta, non viene neppure conservato.

Ma tutto ciò rimane a lungo problematico per quanto attiene l'immagine. Già la classificazione, ordinamento tipico del documento che consiste nell'individuazione di elementi discreti, non si applica facilmente al continuum dell'immagine. A maggior ragione vi sono difficoltà insormontabili a ridurre un'immagine in una serie di dati. In effetti, il livello di astrazione, implicito nell'accezione attuale del termine, è stato di fatto raggiunto solo dal documento scritto. Il postulato dell'uguaglianza degli oggetti portatori di informazioni resta utopico: l'immagine sembra sfuggire al sistema della comunicazione. E' solo grazie a un'ulteriore rivoluzione tecnologica, quella delle memorie ottiche, che si prospetta concretamente lo scenario della multimedialità.

Si è sempre pensato che l'immagine analogica non potesse raggiungere, per sua natura, il livello di astrazione del testo stampato: un codice analogico sembra inconcepibile. Anche l'opinione comune ha sempre riconosciuto l'immagine come un luogo di resistenza al senso. Tuttavia, grazie al suo carattere analogico, diretto, che non necessita di una mediazione intellettuale, l'immagine ha raggiunto, prima della scrittura, lo satuto di documento sotto forma di illustrazione.[103]

L'illustrazione, come documento visivo, intrattiene rapporti diversificati con il testo scritto; in generale però, almeno per quanto riguarda la tradizione, possono essere fatti risalire tutti a una funzione di elucidazione: l'immagine illustra il testo, lo rende più chiaro. «Nei modi tradizionali dell'illustrazione, l'immagine funziona come un ritorno episodico alla denotazione, a partire da un messaggio principale (il testo) che era sentito come connotato, poiché richiedeva per l'appunto un'illustrazione».[104] L'illustrazione è monumento, fa leva su una comprensione intuitiva dell'immagine, legata ai sensi, in particolare la vista, in opposizione alla comprensione astratta e intellettuale del testo scritto. Inoltre, «fino al XIX secolo l'immagine, pur a stampa, presentava un certo carattere di rarità, cosa che l'ha fatta considerare come opera d'arte e dipendere, per la sua classificazione, dai criteri propri dell'erudizione estetica».[105]

Per le medesime ragioni l'immagine ha resistito a tal punto a sottomettersi all'accezione moderna di documento, connessa al concetto di informazione, che lo stesso rapporto Immagine / Testo ne risulta capovolto. L'immagine non illustra più, come un tempo, la parola, «è la parola che, strutturalmente, è parassita della immagine».[106] Inoltre l'immagine sembra appartenere al campo della comunicazione solo per introdurre disordine: il concetto di banca dati fa a pugni con quello di immagine e mostra come per l'immagine il problema della visualizzazione resti esiziale.[107] Incapace di trovare per loro un sistema di classificazione, la «civiltà dell'immagine» ha perso il controllo delle immagini stesse. Questa incapacità di controllo, sulla base del modello testuale, si è configurata come un problema tecnico sia di produzione sia di riproduzione dell'immagine. Il contenuto dell'immagine (quello informativo) sembra essere indissolubilmente connesso tanto alla forma espressiva (che può essere paragonata alla forma espositiva del testo scritto) quanto alle tecniche della rappresentazione (che sarebbero invece paragonabili alla calligrafia, per la scrittura manoscritta, e alla scelta del carattere e della carta per il testo stampato). La scelta del supporto rimane pertinente per il documento visivo attraverso le diverse rivoluzioni tecnologiche, dalla stampa alla fotografia: sia l'una che l'altra sono sistemi analogici di riproduzione. E' come dire che, nel documento visivo, oltre all'esistenza di un problema semantico (l'individuazione sicura e univoca delle informazioni veicolate), l'informazione non è affatto indifferente ai modi e alle tecniche della rappresentazione. Questa non indifferenza del supporto implica una riproducibilità tecnica limitata (decadimento dell'immagine) e sicuramente non reversibile (possiamo passare dall'originale alla sua riproduzione fotomeccanica, ma non viceversa) e il conseguente permanere, anche se in modo ridotto, di una traccia dell'«aura» e della differenza tra originale e copia.

Le memorie ottiche e l'irruzione della tecnica digitale, cioè la numerizzazione dell'immagine, sembrano imprimere una svolta a tutto ciò. Anche se il problema semantico resta immutato, l'analogo viene numerizzato: la forma, i pieni e i vuoti, il colore. Il capovolgimento è totale, è l'epoca della multimedialità: il testo viene digitalizzazo in quanto immagine grafica e «le immagini perdono il loro carattere analogico per diventare informazioni digitalizzate: è l'emergenza dell'imagerie numerica. ... i dati visivi sono tradotti in misure...».[108]

Tuttavia, senza voler affrontare un problema che porterebbe troppo lontano, basterà osservare che la multimedialità non costituisce solo una soluzione tecnica ma si presenta anche come una «filosofia» che intende dar risposta alla trasformazione dell'uso sociale del documento. A questo proposito Foucault parla di una rivoluzione documentaria profonda: «la storia nella sua forma tradizionale si dedicava a memorizzare i monumenti del passato trasformandoli in documenti, a far parlare quelle tracce che in se stesse non sono affatto verbali. Oggi la storia è quella che trasforma i documenti in monumenti e che, laddove si decifravano delle tracce lasciate dagli uomini o si scopriva in negativo ciò che erano stati, presenta una massa di elementi che bisogna poi isolare, raggruppare, rendere pertinenti, mettere in relazione, costruire in insiemi».[109]

Se è difficile immaginare una raffigurazione che sia solo documento, non è difficile vedere che anche l'immagine ha subito la sorte descritta da Foucault. L'immagine monumento, caratteristica di un epoca di relativa «rarità» si è trasformata nell'inquinamento («rumore») della cosiddetta civiltà dell'immagine. Non ci troviamo più di fronte alle «tracce» da decifrare ma alla «massa di elementi» e, di fronte allo «stock di immagini» da sempre già date, non resta che subire la polisemia dell'immagine «senza fine».

L'epoca della rappresentazione documentaria di paesaggio è quella del monumento, (individuale, costruito, intenzionale) e dell'inventario.[110] Inizia con la riproducibilità tecnica ma finisce sulla soglia dell'esplosione documentaria, alla quale ha contribuito in modo cospicuo l'uso contemporaneo della fotografia.. Nella immagine di massa c'è sempre meno l'immagine intenzionale (se non, forse, nell'immagine pubblicitaria) e sempre più l'immagine shock, che è, per struttura, insignificante: nessun valore, nessun sapere è coinvolto nella produzione e, inversamente, «l'effetto shock blocca nell'osservatore il meccanismo dell'associazione».[111]

[101] Cfr. Foustel De Coulange, Conferenza del 1862, cit in Jacques Le Goff, Documento / Monumento, p.41.

[102] Cfr. Samaran, cit. ibid., p.41.

[103] Si veda la priorità temporale della silografia rispetto alla stampa a caratteri mobili, cfr. Walter Benjamin, L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, pp.20-21.

[104] Roland Barthes, Il messaggio fotografico, p.15.

[105] Henri Hudrisier, L'iconothèque, p.33.

[106] Roland Barthes, Il messaggio fotografico, pp. 15-16.

[107] Per convincersene basta osservare le contraddizioni tra i servizi offerti da una mediateca e le richieste dell'utenza.

[108] Henri Hudrisier, L'iconotèhque, p. 18.

[109] Michel Foucault, L'archeologia del sapere, pp.13-14.

[110] Nella collezione multimediale la nozione di collezione, come inventario di documenti originali, è superata in nome dell'informazione, la cui parola d'ordine è «riunire, confrontare, far circolare».

[111] Walter Benjamin, Piccola storia della fotografia, p.77.

 
 
 
 
INDICE  
§ precedente
inizio pagina
§ successivo