Numero e figura
Idee per un’epistemologia della ripetizione
I, § 9

Giovanni Piana

9

- Emergere del problema dell’ordine e legame tra la procedura di conteggio e l’idea della posizione
- Conte, filastrocche infantili ed altre strane usanze
- In che senso potrebbe essere giusto parlare del corpo come «origine dell’aritmetica»


La parola «contare» comincia finalmente ad assumere una fisionomia più precisa, anche se molti dubbi restano aperti. Il conteggio è infatti ancora profondamente innestato nel gesto che lo accompagna e non viene ancora districato da esso. |1|

«Nessuno di tali riferimenti corporei è visto dagli indigeni quale ’numero’, trattandosi piuttosto ai loro occhi dell’ultimo elemento di un insieme tipo al termine del quale si perviene in seguito a una precisa successione di movimenti rivolti a quelle parti del corpo» [1]. |2|

Tutto ciò ha un’importante conseguenza. Come abbiamo già messo in rilievo, nessuna parte del corpo presa in se stessa può valere come segno di un numero, ad es. per indicare il numero 7: «La mera designazione di una di esse non basta a caratterizzare una certa quantità di esseri o di oggetti se questa non è corredata dalla serie dei gesti corrispondenti» [2]. |3|

Non c’è dunque né il numero né un’effettiva effettiva designazione di esso. È emerso tuttavia il nuovo motivo dell’ordine ed è proprio in base a questo motivo che siamo vicinissimi a superare in modo netto e definitivo il metodo del tanti-quanti: ci troviamo sul punto di realizzare questo superamento e di acquisire una nozione astratta di numero e di pervenire ad una sua effettiva simbolizzazione. |4|

Una situazione di transizione verso questo obbiettivo non è difficile da immaginare: si tratterà di una situazione in cui si farà riferimento agli elementi concreti della serie, chiamandoli proprio con il loro nome consueto - mignolo, anulare, medio, indice, pollice: ma, essendo questo ordine perfettamente costante, le parole impiegate in questo contesto tenderanno a distaccarsi sempre più dal loro significato concreto che le vincola alle dita della nostra mano per assumere il significato astratto della posizione all’interno di una sequenza ordinata. |5|

Particolarmente interessanti per l’evidenza che conferiscono al problema dell’ordine gli esempi forniti da Ifrah in cui vengono impiegate pure e semplici forme verbali, talvolta senza significato o divenute tali, come procedure di conteggio che naturalmente possono sopravvivere anche dopo la «scoperta» del numero. |6|

Tra queste vanno annoverate le «conte» nei giochi infantili, quando si deve scegliere a caso uno dei protagonisti del gioco. |7|

Am, stram, gram
Pike, pike, kollegram
Bouré, bouré, ratatam,
Am, stram, gram

Così dice una vecchia filastrocca germanica, che ha un senso ma che è anche ai limiti del non senso [3]. Queste «conte» ricordano lo stile delle formule magiche ed in effetti potrebbero ricollegarsi di fatto ad esse. Numerose sono le credenze superstiziose sui malanni del contare; nella capanna è meglio non dormire con i piedi rivolti all’uscita per evitare che gli spiriti maligni ti contino le dita dei piedi [4] con conseguenze sicuramente spiacevoli. Cosicché se vogliamo o dobbiamo a tutti i costi contare qualcosa potrebbe essere una buona idea non usare i noti nomi dei numeri. E cos’altro allora? Una filastrocca, ad es., una litania, una formula verbale qualunque purché le parole abbiano un’ordine assolutamente fisso. Questa è la condizione importante, mentre il significato delle parole è irrilevante. Se ne avevano uno, tenderanno a perderlo assolvendo sempre più la funzione generale di indicatori di posizione. |8|

Forse l’esempio più notevole non è tratto né dalla storia, né dal folklore, ma da un ricordo personale riferito da Ifrah di un bambino disadattato che enumera le cose che gli stanno intorno usando nomi di altri bambini: André, Jacques, Paul, Alain... Da dove deriva questa - vorremmo quasi dire - strana usanza? Deriva dal fatto che nel dormitorio del collegio in cui vive, André occupa il primo letto, Jacques il secondo, Paul il terzo, Alain il quarto... Cosicché quest’ordine si è imposto come una sorta di ordine-modello a cui il bambino riporta le molteplicità da contare. |9|

Evidentemente il riferimento ormai non è più quel determinato bambino che dorme nel primo letto, e non è nemmeno un nome provvisorio che viene attribuito ora a questo ora a quell’altro oggetto, ma tende ad essere appunto niente altro che un nome di posizione e nello stesso tempo un mezzo per contare [5] . |10|

Importante dunque non è il corpo umano come tale, per quanto possa essere detto origine dell’aritmetica [6] , ma il modello di ordine che esso esibisce e che tende a diventare un ordine astratto: «I rispettivi riferimenti... evocano allora in misura sempre minore le parti del corpo, identificandosi invece sempre più con una determinata serie di numeri; essi tendono dunque a distaccarsi dal contesto loro proprio e a divenire applicabili a esseri, oggetti o elementi qualsiasi. È questa la ragione per cui le tecniche corporee del numero rivestono tanta importanza nella storia universale dell’aritmetica, essendo indubbiamente esse ad aver fatto assumere coscienza ai nostri lontani progenitori della nozione di ordine, destinata a svolgere un ruolo essenziale sia in matematica che in ogni altra scienza. Grazie a ciò esse hanno permesso loro di acquisire poco alla volta la facoltà del computo, inaugurando la strada di un’effettiva comprensione dei numeri astratti. Senza di esse i nostri procedimenti numerici probabilmente non avrebbero superato la fase delle tecniche elementari dell’appaiamento» [7]. |11|

Note

[1] ibid., p. 32.
[2] ibid.
[3] ibid., p. 39.
[4] ibid., p. 38.
[5] ibid., p. 39.
[6] ibid., p. 40.
[7] ibid. Si veda anche a p. 44 la citazione tratta da T. Dantzig, Il numero, linguaggio della scienza, tr. it., La Nuova Italia, Firenze 1965.

  § 8

§ 10  


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